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I vantaggi dell'unità d'Italia

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FU UNITA’ AL SERVIZIO DELL’IDEOLOGIA

Post n°1472 pubblicato il 23 Febbraio 2011 da luger2
 

Il prof. Miguel Ayuso Torres, docente di Scienza politica all’Università Comillasdi Madrid, animatore della prestigiosa rivista Verbo, ed autore di numerosi saggi ed articoli sull’origine dello Stato moderno , aprirà il 25 febbraio prossimo a Napoli il Seminario di Formazione 2011 di Fraternità Cattolica e dell’Editoriale Il Giglio con una lezione su “Il legittimismo di fronte alla rivoluzione italiana. LETTERA NAPOLETANA gli ha rivolto alcune domande sull’unità d’Italia.                                                                                                  D - Il raggiungimento di un’unità politica dell’Italia deve essere considerata un bene?

R- Anzitutto, con l’occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia, bisogna rilevare che l’unità politica è servita per mascherare, conservare e consolidare una unità ideologica, che esiste anche, nella gran parte dei casi, tra coloro che si oppongono all’unità ma in nome del federalismo.

La stessa Chiesa, almeno in apparenza, sembra schierarsi su queste posizioni quando vediamo, per la prima volta dal 1870, il Cardinale Segretario di Stato presenziare alle manifestazioni per il 20 settembre a Porta Pia. Certamente nel corso del “Risorgimento” la Chiesa non ha sempre mantenuto una posizione netta, però, come ha osservato Daniele Mattiussi in un suo recente articolo, “Riflessioni, non celebrazioni” (cfr. “Instaurare”, Udine, settembre-dicembre 2010) bisogna distinguere tra il piano politico-diplomatico e quello politico-morale. Sul primo ci furono delle oscillazioni, dovute alla complessità della situazione e ad altri fattori come il giuseppinismo in Austria o le illusioni su una rinascita dell’Italia come nazione cattolica. Ma sul piano politico-morale le posizioni sono rimaste salde: il “Risorgimento” era inaccettabile per le finalità che perseguiva, sopratutto l’obiettivo di realizzare un ordinamento immanentista e secolarizzato, ispirato dalle tesi politiche protestanti.

D - Il “Risorgimento”, quindi, si è svolto a danno dei fattori di unità reali della penisola italiana come la fede cattolica?

R. La cancellazione dello Stato Pontificio aveva come scopo la subordinazione della Chiesa allo Stato, trasformando quest’ultimo nel sovrano. Ecco perché la Chiesa non sbagliò difendendo l’esistenza dello Stato pontificio come condizione per la propria libertà e come elemento di resistenza alla secolarizzazione della società cristiana. Il prof. Danilo Castellano ha scritto che il Risorgimento “è un episodio della grande Rivoluzione, intesa in senso teoretico, cioè come negazione dell’ordine naturale; è il momento dell’affermazione del liberalismo (“Il Risorgimento: interpretazioni e problemi”, in La razionalità della politica, Esi, Napoli 1993, p. 94) e il prof. Giovanni Turco ha dimostrato proprio questo nella sua eccellente raccolta degli articoli della Civiltà Cattolicasul “Brigantaggio” (1861-1870) nei quali i padri gesuiti Carlo Curci e Matteo Liberatore, per citarne solo due, demolirono la tesi di un “Brigantaggio” endemico nel Sud e finanziato dall’estero, sottolineandone il carattere autentico di una legittima difesa delle popolazioni del Regno delle Due Sicilie nei confronti di una conquista che non era solo territoriale, ma soprattutto ideologica. (cfr.Brigantaggio, legittima difesa del Sud. Editoriale Il Giglio, Napoli 2000)

 D - L’Italia non è riuscita a darsi un’identità nazionale. Il motivo è il modo in cui è stata costruita la Nazione italiana, cioè sulla base dell’idea giacobina di appartenenza ideologica rispetto all’idea di Nazione come eredità culturale e come Tradizione?

R. La dimensione nazionale non è la più importante. Nell’essenza di una nazione c’è un contenuto culturale, che solo la Rivoluzione ha trasformato in contenuto politico, assolutizzandolo ed al tempo stesso teorizzandolo. A far nascere le moderne nazioni politiche rivoluzionarie, distruggendo le nazioni storiche tradizionali, è lo Stato moderno. Napoli, un’antica nazione che per oltre due secoli appartenne alla monarchia tradizionale ispanica e poi fu Regno indipendente per un secolo e mezzo, nel 1861 fu assorbita da un Regno d’Italia nato al servizio della Rivoluzione. È da qui che si origina la famosa “questione meridionale”. (tratto da Lettera Napoletana).

 
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