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“FIERI DI ESSERE ITALIANI” IL CORRIERE NEGA IL GENOCIDIO PER TIFARE AZZURRI

Post n°2204 pubblicato il 02 Luglio 2012 da luger2
 


Provate a negare l’olocausto.
 Scrivete un corsivo sul giornaletto di quartiere, sul foglio diocesano, su un blog sfigato in cui sostenete che gli ebrei di mezza Europa, sotto il nazismo, se la passavano bene. Che non sono esisti campi di concentramento, docce e forni crematori. Sarete querelati, come minimo presi per imbecilli. Oppure provate ad elogiare il Risorgimento, a sostenere, come Isabella Bossi Fedrigotti sul Corriere di oggi, per l’occasione rivestito d’orgoglio statale, che il Risorgimento è stato un “momento di rinascita”, di cui essere fieri!

Non vi succederà nulla: al massimo dovrete scontare l’articoletto piccato di qualche indipendentista, memore di quello che il Risorgimento è stato davvero. Cioè un’avventura condotta da mille assassini, “generalmente di origine pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio e nel delitto”, come ha ricordato Giuseppe Garibaldi, non un pericoloso indipendentista, in uno dei primi discorsi al neonato parlamento italiano (cfr. Contro Garibaldi, di Luca Marcolivio, Vallecchi, Firenze, 2010).

Provate a negare l’impresa gloriosa dei liberatori, le scorribande nei territori dello Stato Pontificio e del Regno delle Due Sicilie, le stragi di bambini, donne e sacerdoti inermi, da Talamone, a Pontelandolfo  a Bronte – di cui Nino Bixio disse “questo è un paese che bisognerebbe distruggere o almeno spopolare e mandarli in Africa a farli civili”. Scordatevi della caccia al brigante, dell’offesa al corpo di Michelina di Cesare (vedi foto d’epoca) e delle grida di Fenestrelle, il primo lager della storia, che accolse i nemici del regime sabaudo. Ebbene, il direttore del più diffuso quotidiano italiano, il Corriere della Sera, vi concederà l’apertura dello speciale di oggi, stampato per eccitare l’orgoglio di una nazione che si desta solo quando i suoi calciatori rischiano di vincere un qualche trofeo. Che, appunto, è quello che è successo ad Isabella Bossi Fedrigotti.

Alla titolatissima intellettuale, il direttore Ferruccio de Bortoli ha concesso l’onore del pezzo principe, intitolato “Via il timore di essere un po’ fieri di noi”. Un pezzo non solo negazionista, ma confuso, banale, ridicolo, “patetico”, secondo l’amico libertario Fabrizio Rondolino. Soprattutto un pezzo che non fa i conti con la verità, che la stravolge, che si appella a un sentimento che non esiste. Che confonde le virtù di chi popola i territori soggiogati allo Stato italiano, con le virtù dello Stato stesso. Che dalla lista della gloriosa cronologia italiana, espunge l’unico momento in cui davvero, in Italia, s’è respirato un sentimento di coesione: il fascismo (altro che Risorgimento). Che confonde il giudizio negativo nei confronti dello Stato – cito “sembra che nessun altro popolo sia feroce come noi nel denigrarsi” – con un giudizio sulle persone. Persone che invece sono fantastiche, che hanno doti eccezionali, di creatività e di intrapresa, da nord a sud, dal Veneto alla Napolitania, ma che lo Stato italiano mortifica  per auto-alimentarsi (e pascere, fra gli altri, anche la Federazione Italiana Gioco Calcio).

Che non fa i conti con la realtà:  il sentimento nazionale risorge solo nei cuori traboccanti di ideologia o nelle menti mai sazie di ignoranza storica. Infatti non c’è un veneto, un napoletano, un siciliano o un sardo che non sia fiero di essere quello che è. Mentre lo Stato italiano deve fare i conti con migliaia di veneti, napoletani, siciliani e sardi che si vergognano di quello che c’è scritto sul loro passaporto alla voce nazionalità, a cui non basterà una coppa europea e un editoriale negazionista a far cambiare idea. Perché l’appartenenza e l’identità sono scritti nella cultura, non nelle leggi di uno stato invasore né fra le righe di un quotidiano di proprietà delle banche.

di C. M. da http://www.lindipendenza.com

 
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