Giuseppe Catanzaro

DOVE VOLANO I GABBIANI?

Tre anni fa scrivevo il post, "Autobiografia - La nascita". Narravo di essere nato in una casetta in riva al mare, esso era il compagno di tutte le mie giornate; dall'alba al tramonto mi teneva compagnia ora il fruscio della risacca, dopo l'assordante fragore delle onde, che s'infrangevano prima sugli scogli e poi arrivavano fin sotto la mia finestra, ma una costante era sempre presente, il grido dei gabbiani che pescavano, ora fra i flutti ora nelle acque chete.
Sono passati trentasei anni da quando sono andato via e come il ragazzo della Via Gluck, tornando alla vecchia casa sento i gabbiani che gridano. Guardo, verso il mare ma non li vedo felici tuffarsi nel mare, loro roteano come tanti avvoltoi al cimitero. Stanno nella parte alta, la più vicina al monte che lo sovrasta, li cercano ratti e piccole lucertole. Altri non disdegnano di avventurarsi in città e i loro comportamenti sono più da felini che da uccelli, infatti, cacciano le colombe sui tetti e attaccano di solito in due per essere sicuri di prendere la preda, e una volta catturata il più grande, la squarcia, ne prende le interiora e se le porta via, mentre gli altri restano lì a litigarsi per i resti.
La prima volta che ho visto i gabbiani fuori dal loro ambiente è stato, alla discarica di Torino, viaggiavo in macchina e ho chiesto: come mai ci sono questi gabbiani c'è forse il Po vicino?
La risposta perentoria: no! C'è la discarica di Torino.
Tutto ciò mi fa riflettere, come lo sfruttamento indiscriminato delle risorse stia portando a una lenta mutazione, e le abitudini degli animali cambino e con essi anche gli uomini dovranno cominciare un adeguamento verso il basso, ovvero un ritorno al passato. Spero che ciò avvenga in un tempo molto lontano e che non porti nuovamente a una glaciazione del pianeta.