Ieri sera nebbia di mare e sopra, in cielo, le stelle, condizione perfetta per stringere i pensieri sulla strada della palestra di Kendo. Da qualche giorno rintocca nei meandri della mente questo Koan che ho letto, spero non troppo a modo mio, su un blog amico. Apparentemente possiede la necessaria assurdità di tutti i Koan: se un evento è imprevedibile allora risulta inutile aspettarlo, perché attenderlo vuol dire prefigurarlo e quindi farsi cogliere impreparati dalla sua ineffabilità. Succede così che a causa del periodo difficile di lavoro il mio Sensei: Paolo Sama, venga trasferito per andare ad incontrare le Alpi, un anno lì, prima di tornare nella sua isola magica. Succede ancora che questo paventato pericolo, purtroppo solo temporaneamente rinviato, fosse già stato raccontato, così non credo utile aggiungere altre parole su parole che già sento vere. Invece, accarezzando le antitesi che sono il titolo di queste righe, comprendo meglio che tutta l’arte del Kendo che mi ha trasmessa, altro non è che questo aspettare l’imprevisto e dominarlo con uno spirito superiore, il colpo di spada, così come il resto della vita. Ho ritenuto allora importante salutare e ringraziare il suo cuore puro per essersi aperto e, come sempre succede in questi casi, avere fatto fiorire anche il deserto più polveroso. Detesto gli addii struggenti e la malinconia, se il momento del saluto vede un tesoro di attimi speciali accumulati, non può essere altro che un momento di gioia e di reciproco ringraziamento.
Il Dojo: la palestra dove si pratica con rigore e severità, è un luogo sacro, ma proprio per questo è possibile, in occasioni speciali, onorarlo con la convivialità, che rende ciò che è supremo qualcosa di profondamente umano e quindi vivibile verso la perfezione. Ecco perché al termine della lezione di ieri sera, piena di spada e di raccomandazioni, piena di fatica meravigliosamente condivisa ancora una volta, il Dojo si è apparecchiato con una cena giapponese ammanita dalle mani pazienti di mia moglie. Ed ecco perché, nonostante i sentieri divergeranno di un poco, i visi sono felici e sereni ed il bicchiere alto ad invocare la buona sorte, perché quello che si costruisce col cuore niente può mai demolire, certo non il rigido vento d’Inverno. Aggiungo come al solito un commento musicale, una canzone che ho già utilizzato in passato su questo blog, la voglio mia ancora una volta, perché è una canzone di tradizione come l’arte che Paolo sa insegnare ed è una canzone che sa cogliere il Kokoro dell’amicizia della quale mi onora. Data la sua matrice scozzese, azzardo una traduzione traditrice.
Arrivederci a presto Paolo Sama: nel momento in cui partirai il vento si fermerà un attimo, per non turbare il canto che porti con te: un canto d’acciaio e di anima.
頑張ってください
I giorni trascorsi
Credi davvero che i vecchi amici si possano dimenticare e non ricordare più? Credi davvero che i vecchi amici e i giorni trascorsi insieme si possano dimenticare?
Rit. Perché i giorni sono ormai trascorsi, mio caro, Perché i giorni sono ormai trascorsi Faremo un brindisi per ricordare con affetto i giorni ormai trascorsi Tu prendi il tuo boccale di birra e io prenderò il mio Faremo un brindisi per ricordare con affetto i giorni ormai trascorsi
Noi due abbiamo scorrazzato per le colline e strappato margherite selvatiche ma ora ci allontaniamo l’uno dall’altro Perché i giorni sono ormai trascorsi Noi due abbiamo navigato nel fiume da mattina a sera Ma ora vasti oceani si frappongono tra noi Perché i giorni sono ormai trascorsi Perciò prendi la mia mano, amico mio fidato e dammi la tua Faremo un brindisi pieno d’affetto insieme in ricordo di quei giorni trascorsi
Inviato da: lightdew
il 24/04/2024 alle 15:19
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il 25/02/2024 alle 16:44