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Di Bolina

Post n°538 pubblicato il 29 Agosto 2017 da Zero.elevato.a.Zero
 

Foto Franco Pace

Franco Pace - Nioulargue St. Tropez

Durante l'ultima vacanza, complice una intesa velica di lunga durata, ci siamo concessi rotte meno dirette per il gusto di non accendere il motore ed accettare di conseguenza la sfida col vento in una rotta di Bolina.
Bolina è un termine velico aduso a coloro che sanno come l’augurio "Vento in poppa" andasse bene parecchi secoli fa, quando le vele erano auriche o quadre e le barche non risalivano il vento, oggi viceversa veleggiare in poppa è tra le andature più pigre per cui è meglio sostituire il vecchio auspicio con il sempre valido: Buon Vento. 
Nel tempo hanno inventato le vele latine ed anche se proprio diritto contro vento la barca ancora non riesce ad andare, può tuttavia risalirlo a Zig Zag secondo un’andatura che, con etimo inglese, si chiama appunto: Bolina.
La Bolina impone una serie di atteggiamenti diversi da tutte le altre andature: la prima evidenza è che, dovendo serrare le vele al massimo, la barca sbanda sotto la spinta delle raffiche e rimane inclinata nel suo incedere, che quasi sempre è contro le onde generate dal vento in faccia, quindi sopra e sotto coperta tutto assume una inclinazione diversa rispetto alla linea dell'orizzonte e con saliscendi del tutto ballerini. In questa andatura il timoniere non ha vita facile, non possiede un punto fisso sul quale appoggiare comodamente lo sguardo ma, con occhio che non si stacca dalle vele, procede adeguandosi al provenire del vento e sfruttando gli sbalzi di intensità e direzione per portare la prua verso il vento più possibile purché le vele spingano.
Per capire come sia possibile risalire il vento basta immaginare le vele come ali di gabbiano, con un profilo capace di ottenere una spinta con il solo passaggio dell’aria, allo stesso modo con il quale soffiando sopra un foglio di carta questo si solleva invece di essere schiacciato dal passaggio dell’aria. 
In barca questa magia si paga con una certa scomodità, la bolina è per velisti duri e puri, i crocieristi magari chiudono le vele e attaccano motore quando hanno il vento in faccia, ma per chi ama il vento con sincerità, dover sedere coi piedi fuori bordo per compensare lo sbandamento, dover rinunciare ad un universo piatto in cambio di uno pieno di onde e di “buche”, sbandate e spruzzi da prora, è un prezzo onesto da pagare, soprattutto è onesto il dovere di non perdere mai concentrazione per non sciupare strada faticosamente strappata alle raffiche nel naso, trovando continuamente equilibri, nella postura, nella rotta e soprattutto quello tra guadagno di strada e di velocità che si contrappongono.
Anche la vita è precisamente così quando si decide di andare contro vento: non ci sono percorsi semplici e diretti, ma difficili e tortuosi, pieni di sacrificio e di scomodità, pagati con la fatica, remunerati con la gioia di avere raggiunto posizioni per altri impossibili da ottenere in quella lotta d’amore contro il destino che desideriamo vedere piegato con la nostra caparbietà.
Amo moltissimo bolinare, interpretando ad intuito quel movimento rettile tra un’onda e la successiva, tra una raffica e quella dopo, calcolando invece con attenzione geometrica il momento giusto per virare, passando dallo Zig allo Zag in ragione della direzione del vento sempre incostante, degli scogli o delle pareti alte delle isole che modificano il percorso dell’aria.
Bolinare è faticoso, probabilmente per questo regala maggiore soddisfazione, perché i traguardi ottenuti senza impegno non sono conquiste, ma semplici passaggi.
Buon Vento!

 

 
 
 
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