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Creato da FridaA il 15/07/2006
Yemen. Fra pizzi, mirra e incenso, nel Regno della regina di Saba.
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Racconta di uomini e Terre, musica e sorprese, cambiamento e crescita.
Traccia indelebile, intenso sapore di libertà …
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Sto organizzando un nuovo viaggio, cercando luoghi, osservando percorsi fattibili, guardando immagini, valutando prezzi, cosa che, di questi tempi, non è affatto marginale.
Nel frattempo vi lascio qualche foto del luogo dove la scorsa estate ho ritemprato (un po') corpo e spirito.
Taba. Golfo di Aqaba (Egitto a pochi km dal confine israeliano)
Di fronte (montagne rosa) la Giordania
Deserto del Sinai
Avevo bisogno di pace e, sebbene da sempre abituata a viaggi movimentati ed avventurosi, ho deciso di trascorrere una vacanza tranquilla.
Ho cercato un last-last-minute e sono partita.
Volo Bologna Sharm El Sheik dove ci attendeva una jeep che ci ha accompagnato per 250 km fino a Taba Heights.
Hotel splendido affacciato sul mare, sevizio ineccepibile, cucina estrememente varia, staff gentilissimo.
Riposo assicurato.
Budget davvero per tutte le tasche.
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Inutile dire quanto mi dispiaccia.
La zona di Marib resta il luogo più pericoloso, fra quelli aperti ai turisti, lo era anche l’anno scorso, ma solo per possibili rapimenti, mai avrei pensato alla possibilità di una strage.
I rapimenti nello Yemen avvengono generalmente per uno scopo sociale, è un modo, seppure subdolo, utilizzato dale tribù per acquisire visibilità, sia rispetto al governo centrale, sia rispetto alla comunità internazionale, per chiedere, in cambio della liberazione, strade, scuole, servizi.
Ma attentati ai turisti non se ne erano mai visti prima.
La zona di Marib, dicevo, è pericolosa. E si sa.
Ci siamo arrivati al ritorno dal deserto, scortati da un beduino.
La nostra guida, devo dire espertissima, sapeva esattamente come muoversi … diceva che in alcuni spazi, fra cui questo, un beduino della tribù locale, ti "garantisce" più della scorta armata. Non so quanto ci sia di vero in questo, sarei più propensa nel dire che a noi è andata bene.
Con lui abbiamo fatto la traversata dell deserto Ramlat As Sabatay e visitato, oltre al Mahram Bilquis - il Tempio del Sole e l’ Arsh Bilqis - Tempio dedicato alla Luna, la vecchia Mar'rib, l’antica capitale del Regno di Saba, situata, al tempo dei grandi regni dell'Arabia Felix, lungo le rotte carovaniere del sud… ora immersa fra il nulla, nel più totale abbandono … comunque bellissima.
“La “guida” ci ha lasciati alle porte della nuova Mar’rib dove, seppur affamati, decidiamo di non fermarci … troppo pericoloso.
Al posto di blocco della città, c’è un gran movimento … i poliziotti ci fanno spostare da un lato all’altro della strada, ci fanno quindi scendere e rimaniamo per un po’ fuori dalle macchine … preoccupati perchè non capiamo che stia succedendo.
Semplicemente stanno preparando la scorta … un poliziotto prende posto in ogni jeep e sarà una macchina della polizia a scortarci lungo il percorso che ci porterà a Sana’a.” (dai miei appunti di viaggio)
Mi chiedo se e da chi fossero scortati i turisti spagnoli e comunque, so bene che di fronte ad un atto kamikaze, nulla può fare chiunque.
E’ un’altra storia. Purtroppo.
Una terribile storia che, oltre alle morti e al dolore, isolerà ancor più lo Yemen, uno dei luoghi più belli al mondo.
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In un articolo su Leon Trotskij, apparso su Frigidaire nei primi anni ‘80, venni per la prima volta a contatto con la figura di Frida Kahlo.
Comunista e rivoluzionaria, aveva ospitato Trotskij, durante l’esilio in Messico, nella sua casa di Coyoacan.
Mi parve da subito una donna di grande coraggio e intelligenza e decisi di approfondire attraverso alcune letture.
Moglie del più grande muralista messicano, Diego Rivera, ebbe, oltre la poliomelite, due gravi incidenti: il primo a 18 anni quando, in uno scontro fra un tram e l’autobus su cui viaggiava, rimase trafitta e ciò le comporterà nel corso degli anni la non possibilità di vivere la maternità e il dover subire un gran numero di interventi, fino all’amputazione di un piede prima, della gamba poi … il secondo … l’incontro con Diego, che lei soleva dire, a volte per scherzo, a volte per rabbia, essere stato un incidente decisamente più grave del primo!
Frida dipinse nelle opere, in modo crudo e aspro, ma al contempo dolce e delicato, la parte dolorosa della sua realtà.
Amo i suoi dipinti, ma non sono un’artista, nè un critico d’arte, per potermici addentrare in modo serio, ed è solo della sua vita che posso dire, di quel suo “Viva la vida!” che tanto la rende vicina alle altre donne.
Nonostante l’handicap e le grandi sofferenze è riuscita a vivere coraggiosamente, anche in modo estremo, giorni pieni di ideali, di passioni, di amori, di incontri.
E’ stata adorata da Diego e lo ha adorato nonostante i ripetuti tradimenti: non era, di questi, il rapporto fisico che la distruggeva, ma il tradimento mentale, la mancanza di lealtà e, in quelle sue ferite, penso ci si possano riconoscere e ritrovare molte donne.
Divorzieranno, si cercheranno di nuovo e si sposeranno ancora … fa venire alla mente i tanti rapporti indefiniti, a volte conflittuali, così difficili da recidere, coppie addomesticate, in cui nessuno riesce a fare a meno dell’altro, forse, per amore.
E’ stata amata da tanti per quella vivacità, trasparenza, duttilità e finezza mentale, che le hanno permesso di vivere e coltivare, nei momenti in cui tutto luccicava, i fiori del giardino della sua vita e di sostenere, con grande forza, la solitudine nei tanti momenti bui.
Fosse lo stesso per tutte quelle donne che, da regine, si ritrovano un giorno, non più accolte!
In una sua opera “Qualche piccola punzecchiatura”, dipinge l’omicidio di una donna per mano di un tale che, davanti al giudice, tradurrà le 22 coltellate inferte, con le assurde parole che andranno a comporre il titolo dell’opera! Frida, a voler rendere ancor più visibile la sua rabbia, coprirà pure la cornice del colore del sangue ed anche in questo è vicina a quelle donne, tante, troppe, che ogni giorno, subiscono violenze fisiche e psicologiche.
Nella sua casa, Casa Azul, ora museo, fra le sue cose, i suoi colori, le sue opere, si respira un’aria tersa, linda, che ti entra dentro e ti riempie l’anima e te la senti addosso quell’energia, quella vitalità che, ancora oggi, riesce a comunicare a coloro che la amano.
Ci ha insegnato l’importanza della docezza nel confronto e nell’amore incondizionato, il coraggio e la forza, nella lotta e nella rinascita.
A saper ritrovare il sorriso.
(scritto nel giorno del 50° della sua morte 13 luglio 1954 - 2004)
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Elegante paese affacciato sull’Atlantico, la “perla del regno”.
Architettura araba, fortezza portoghese e un elegante tocco francese: il bianco delle case, l’azzurro di finestre e porte.
Un mix di culture che la rendono unica.
Intricata e vociante medina con botteghe di artisti.
Sole, alisei, magiche notti.

Jimmy Hendrix vi scrisse “Castles made of sand”
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E’ stato un amore a prima vista ... 1996.
In un albergo di Flores, un biglietto lasciatoci di amici già ripartiti, ci consiglia di non fermarci nella capitale … brutta e pericolosa.
Aereo Flores, Ciudad de Guatemala.
Arrivo alle 21.00 e un minibus, precedentemente contattato, ci aspetta per introdurci in quel luogo incantato che è Antigua.
Solenne città coloniale, splendida nella sua decadenza, atmosfera rarefatta, trasognata, aerea … il luogo dell’anima.
Camminare fra le stradine di ciottoli, ammirare la magnifica architettura delle case giallo-ocra, le splendide chiese, l’affascinante visione dei tre imponenti vulcani, Agua, Fuego e Acatenango, ha rappresentato per me la realizzazione di un sogno, neppur sognato.
Avrei mille cose da raccontare, ma oggi qualcosa mi impedisce di raccogliere le idee, non la voglia di parlarne.
E così questa immagine, tratta dal libro “Antigua, vita mia” di Marcela Serrano.
" … Dovevo partire.
Antigua.
… Mi misi lentamente ad osservare il paesaggio che mi circondava. Era possibile che tanta bellezza fosse reale o qualcuno sarebbe venuto a svegliarmi per dirmi che era solo un sogno? Venendo da Ciudad de Guatemala,…la visione dei monti verdi lungo la strada per Antigua mi aveva rasserenato. Quando giungemmo alla meseta, mi colmai di tranquillità. E’ stupefacente trovare, a mezz’ora dalla capitale, un angolo di mondo dove sembra che la storia si sia fermata, grandi casolari antichi, strade lastricate, chiese in rovina e chiese intatte, l’architettura tipica del quindicesimo secolo, l’impronta uniforme di un’epoca, l’assenza di segni della modernità, mi diedero il benvenuto in questo eden in cui sono arrivata quasi in ginocchio, confidando nella sua misericordia …”
Antigua il luogo dove vorrei vivere, non so se questo mai accadrà, mi sono però fatta la promessa di trascorrervi almeno un anno dei miei giorni.
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Ciudad de México. Il fascino della capitale.
Troviamo un albergo vicino allo Zocalo, Plaza de la Costituciòn, l’imponente piazza principale, e usciamo subito, per non perdere un solo istante, dei tre giorni che abbiamo destinato a questa città.
Un lungo giro senza meta, nelle vie del centro, per uno sguardo d’insieme: traffico caotico, rumore assordante, meravigliosi palazzi in stile coloniale, art nouveau , neoclassico... tracotanate barocco nelle splendide cattedrali ricolme di ori.
E la gente tanta, sorridente e indaffarata.
Molti riempiono i piccoli locali che vendono tortillas, tacos, quesadillas, piadina fatte di farina di mais. Scoprirò presto di non riuscire a mangiarle e dovrò, prima di entrare in un ristorante, fornirmi di tortllas di harina (grano) acquistabili solo nei supermercati.
Entriamo in un locale, in cui una cameriera ci serve continuamente caffè, passando con una caraffa fra i tavoli, qui conosciamo una ragazza che scrive lettere, seduta a un tavolino: viaggia da sola, è della nostra città e, casualmente, ospite del nostro albergo! Simpaticissima, da quindici giorni a Città del Messico, ha modificato l’itinerario del suo viaggio perchè innamorata del luogo. “Pazza!”…pensiamo.
Capiremo invece che è davvero difficile allontanarsi dal fascino di questa città: i nostri giorni diventeranno sette, quando decideremo, con grande tristezza, di proseguire ...
Città del Messico rappresenta per me il luogo di vita di Frida Kahlo.
Frida è diventata un’icona per molti, specie dopo la visione del film e la mostra di Milano (Museo della Permanente: 9 ottobre 2003 – 8 febbraio 2004 ... leggo dal biglietto d’ingresso, proprio di fronte a me, attaccato su un quadro che la ritrae).
La mia conoscenza risale invece a molti, anni prima (ho scritto qualcosa su di lei…magari lo inserirò anche qui sul blog).
Bene, la mattina del secondo giorno, dopo una buona colazione in un localino dove ti lasciano sul tavolo un vassoio gigante di paste, che fatichi a trattenerti dal mangiarle tutte, autobus per Coyoacàn, sobborgo periferico di Città del Messico, diretti a Casa Azul.
La casa dove Frida è nata, vissuta assieme alla sua famiglia di origine, e dove trascorrerà gli anni del suo matrimonio con Diego Rivera, fino al giorno della morte.

Ora è un museo.
Museo Casa de Frida Kahlo, Calle Londres 247.
Un’emozione fortissima.
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Da quel luogo d’incanto che è Antigua, di cui è noto il mio amore, un autobus fiabescamente colorato, sfreccia sulla Panamericana.
Sosta in un delizioso albergo a Panajachel, sul lago Atitlan.
Con il battello raggiungiamo Santiago e altri paesi intorno, immergendoci fra i visi indios che li abitano.
Lì, al calar del sole, il luogo della pace, in quel silenzio profondo.
Lo sguardo spazia fra l’imponenza dei vulcani, che tutto avvolge, e i riflessi sull’acqua.
Per un istante, abbiamo fermato il respiro, interrotto i battiti e accolto le sensazioni più forti.
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Inviato da: jorke88
il 02/04/2013 alle 20:24
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il 26/04/2012 alle 09:25
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