CULTURA E SAPERE

La Terra Idruntina, Abbazia di San Nicola di Casole


   L’Abate più illuminato del Casole fu Nettario, che nel battesimo si chiamava Nicola,rivestendo il ruolo di Igumeno dal 1205 al 1224. Sotto il pontificato di Papa Innocenzo III assunse l’incarico di interprete per i cardinali nei tantissimi rapporti tra Greci e Latini a Costantinopoli: nel 1223/1224 per conto di Federico II in Oriente e nel 1232 a Roma in udienza dal papa per la discussione sulla validità del battezzo con il rito greco in Italia. L’epilogo più importante riportò che il cardinale Bessarione, metropolita di Nicea patriarca di Costantinopoli amante della letteratura classica, compì molti viaggi nelle abbazie greco-bizantine compreso quella nella città Idruntina. Nel corso delle sue visite prelevò moltissimi testi dallo scriptorium del Casole, salvati dalla distruzione nel periodo dell’invasione turco-ottomana del 1480, in seguito donati alla biblioteca Marciana per un totale di 533 volumi greci e 301 volumi latini.Nel 1098-99 il codice in uso presso il Casole era il Tipikon in cui vennero trascritte le norme di vita all’interno dell’abbazia dei monaci. Nel suo interno vi era un manoscritto che comprendeva il Codice Torinese C111 composto di due versioni: il codice detto Barberiniano greco 350 e il codice Barberiniano 383 che non riporta l’autenticità della copia originale. Il contenuto del Tipikon è una minuziosa e scrupolosa descrizione delle “Sacre Officiature” suddivise in due sezioni: di cui una indica il periodo che va dal 1 settembre (per la cultura bizantina indicava l’indizione dell’anno) fino al 31 agosto (che r
appresenta la fine), ove vengono riportate in sequenza il susseguirsi delle festività, delle processioni, delle solennità in uso nel monastero; nella seconda sezione vengono stilate le stesse prescrizioni trasferite nelle dieci settimane avanti la Pasqua a otto settimane dopo la stessa. Il codice oggi è conservato presso la Biblioteca Regia di Torino con l’effige “C.111.17 documento della vita religiosa ed intellettuale del monastero otrantino”, fortunatamente scampato alla distruzione vandalica degli ottomani nel 1480 scoperto alla fine dello scorso secolo e acquistato da Zaccaria Mega nel 1508. Il manoscritto 201, conservato presso la Biblioteca Provinciale di Lecce, contiene una copia del Typikon di Casole in greco e la corrispondente traduzione latina, curata dall'Abate Giuseppe Cozza-Luzi intorno al 1888. Non è facile seguire le tappe del cammino fatte dalTypikon originale, da Casole (sec. XI-XII) fino ad oggi, perché non abbiamo sufficienti prove o documenti della sua storia. Ogni parte di questo manoscritto è stata trascritta in tempi diversi, come dimostrano i diversi tipi di carta usata, l'inchiostro più o meno sbiadito, la grafia che, pur della stessa persona, cambia col tempo. L’interessante figurazione del manoscritto risulta così articolato:- due fogli in traduzione latina,tra cui il Vangelo e l’elenco dei testi della biblioteca dell’abbazia;- cinque fogli (carte) che riportano dettagliate notizie amministrative con relativo necrologio degli Igumeni fino al decimo Basilio;- terza parte riporta una copia in lingua greca del Tipikon del Casole di S.Nicola;- quarta parte contiene la disciplina nell’uso dei viveri e una lettera autografa del patriarca di Costantinopoli Michele III al vescovo di Gallipoli Paolo.La conquista Normanna della terra otrantina diede origine al proseguimento dell’eredità spirituale bizantina, come già asserito la stessa Chiesa di Roma pur avendo manifestato la propria superiorità, mirava all’espansione della sua giurisdizione anche sulla Chiesa Greca, resasi indipendente nel periodo del VII-IX secolo. Fu la volontà di Boemondo, crociato e figlio di Roberto Guiscardo grande condottiero normanno, che finanziò il restauro dell’abbazia di San Nicola di Casole, rifortificando le mura dopo l’anno 1000, contrariamente allo stile delle costruzioni italo-greche, ricavate nella roccia unitamente al corpus (codice) delle regole canoniche in dotazione ai monasteri eretti nei loro domini, osservate già dai monaci di San Basilio Magno, illuminante espressione della sacra spiritualità e riformatrice della Chiesa Bizantina.Dagli studi emersi sull’abbazia tramandati dall’umanista salentino Antonio De Ferrariis
Galateo (1444-1517) nel suo dettame “De situ Iapygiae” si riporta quanto segue: "Dopo questo (porticciolo) vi è un cenobio dedicato a San Nicola,il quale dista da Otranto millecinquecento passi. Qui viveva in comunità una moltitudine di monaci del grande Basilio. Costoro,degni di ogni venerazione, tutti istruiti nelle lettere greche e,la maggior parte,anche in lettere latine, offrivano di sé un immagine estremamente esemplare. Chiunque desiderava dedicarsi alle lettere greche riceveva il dono del vitto quasi per intero, il maestro, l’alloggio, senza alcune mercede. Così lo stato della grecità, che ogni giorno va a ritrovo, veniva sostenuto". La diligenza dei basiliani aveva origine dall’assillo politico-religioso del contrasto tra la chiesa greca e latina,che riduceva in ogni parte l’area del rito greco. Uguale sorte fu riservata al monastero idruntino e alla sua opera culturale e spirituale, generando nel pensiero del Galateo un forte risentimento: "...mentre in Italia fiorisce l’umanesimo, che esalta il mondo antico e le lettere classiche, questo fulcro periferico di diffusione di studi greci è sempre più impedito nella sua opera di proselitismo, perché scomodo alle mire egemoniche del Papato e della Chiesa di Roma".Nel 300 a Firenze, Coluccio Salutati istituiva la prima cattedra di greco affidandola a Manuele Crisolora, nel sud d’Italia lo studio delle lettere greche aveva raggiunto traguardi memorabili con i dialetti neogreci parlati in molte terre del Salento. Gli interessi formativi dell’abbazia basiliana miravano alla conservazione d’una civiltà bizantina con la difesa della liturgia greca non sempre apprezzata a causa dello scisma della Chiesa Ortodossa, anche il potere papale ne opprimeva il suo diffondersi. L’umanista salentino De Ferraris, che ricorda ancora l’Abate Niceta (Cezzi nel corso dei suoi studi ha dimostrato che in esso di identifica Nicola d’Otranto e Nettario di Casole, vedere precedente articolo nel paragrafo sul Mandylion) che non si limitò a spese nell’accogliere nel cenobio i testi provenienti dalla Grecia assorbendo e travolgendo le iniziative culturali del Casole. La cronologia dell’ingente libreria casolana di San Nicola si trova oggi in luoghi lontani, infatti le più interessanti informazioni sono reperite presso la Biblioteca Nazionale di Parigi che custodisce molti manoscritti provenienti dalla terra idruntina fra i quali citiamo: un manoscritto di Callistene ”De Vita Alexandri Magni” di mano di Nettario; un manoscritto di Apollonio di Alessandria stilato dal monaco S.Conon; e parecchi manoscritti autografati da Giovanni d’Otranto. A Madrid si conserva un Gregorio di Nazianze scritto da GioacchinoBuona parte di questi tomi contengono canoni dei primi concili, trattati di diritto canonico, evangeliari, manuali liturgici, salteri, preghiere, inni (note musicali per il canto) e vite dei santi. I sacri autori, che maggiormente compaiono, sono: San Basilio; San Giovanni Crisostomo; San Gregorio Nazianzeno; Teofilatto di Burgaria. Tra i codici greco-salentini e casolari del XIV e XV secolo vi sono le opere di Aristotele (Le Categorie, L’Interpretazione, La Fisica e la Retorica) con i relativi commenti sulle stesse ad opera di Ammonio di Filopono. La fonte preziosa del Galateo riporta che in Nardò nacque il primo “ginnasio” di studi filosofici e letterari che divenne il centro di riferimento quando i greci persero nel Salento la loro notorietà. Carlo Diehl nel 1886 stilava questo commento sull’Abbazia: "All’estremità meridionale della penisola italica,vicino alla cittadella di Otranto,si ergono,sopra una piccola altura che domina il mare,i resti del convento brasiliano di San Nicola di Casole. Dal 1480 in cui i Turchi deprederanno il monastero e lo devastarono,la celebre abbazia non si è più completamente rifatta dalla sua rovina; nel vasto recinto, occupato oggigiorno dagli edifici della masseria, solo una piccola cappella ricorda l’antico splendore del convento. Pochi resti di pitture con iscrizioni greche ne coprono i muri: qui San Nicola, patrono dell’Abbazia, là i SS. Cosimo e Damiano, i santi medici così cari alla Chiesa Greca, e infine San Basilio, protettore dei monaci, ricordano l’origine e le tradizioni del monastero. Eppure questi miseri resti non tarderanno molto a scomparire:di già l’incuria dei paesani ha trasformato la cappella in fienile, e ben presto del vecchio convento, così celebre nel medioevo,non rimarrà che il ricordo e il nome".Il Cenobio della terra idruntina, terra dei martiri fonte della sapienzalità filosofica-umanistica, si diffuse in tutta l’Italia e l’Europa divenendo il “faro” illuminante l’Occidente e ricevendo il fascino della più virtuosa conoscenza.Oggi, gli occhi di quanti spinti dalla voglia di conoscere il grande medioevo salentino, si può solo fantasticare su questa straordinaria storicità del tempo,vista l’incuria e la dimenticanza dello stesso uomo. In questa giornata afosa di luglio mia moglie Giovanna ed io ci accingiamo,tra il cinguettio degli uccelli e il latrare dei cani vicini, a visitare quel che rimane della magnificenza dell’Abbazia di San Nicola di Casole.Nel corso della ricerca di materiale storico reperito in rete alcune fonti riportano nei loro articoli la diffidenza degli attuali proprietari nel permettere la visita dei ruderi dell’Abbazia di San Nicola di Casole. Personalmente, senza conoscerli e senza intercessioni, ci hanno permesso di visitare l’Abbazia dimostrandosi ospitali, cordiali e molto discreti. A loro vada il nostro personale ringraziamento per la gradita attenzione riservataci.IL MOSAICO della CATTEDRALE e l’Abbazia di S.Nicola di CasoleL’architettura della cattedrale idruntina dell’Annunziata si trova sulla linea in cui il sole unisce l’est con l’ovest ove si espande il maestoso mosaico pavimentale più grande d’Europa. Fu progettata sul punto più elevato perché la sua autorevole struttura dominasse l’intera Puglia. Le mura della Cattedrale furono costruite sulle rovine di un tempio paleocristiano di un villaggio messapico dal 1080 sotto il pontificato di Gregorio VII, e conclusasi il 1088, sotto papa Urbano II.In essa ritroviamo l’egemonia di tre differenti caratteri artistici: paleocristiano,bizantino e romanico tutti ben armonizzati. Sostando sulla piazza antistante la Cattedrale capeggia il grande rosone rinascimentale che sormonta il portale d’ingresso su cui è inserito lo stemma dell’arcivescovo Adorzo di Santander. Oltrepassando il portone d’ingresso si nota la pianta a croce latina a tre navate con un abside semicircolare e due cappelle laterali. Lungo il percorso si notano due file di colonne (14 in totale) di granito sormontate da minuziosi capitelli che aprono la loro estensione per una lunghezza di 54 metri e una larghezza di 25 metri. IL soffitto presenta uno sfondo nero e bianco con cassettoni in legno di colore oro. Altresì emerge che il soffitto centrale presenta una differente altezza rispetto ai due laterali il tutto arricchiti da eccezionali affreschi. Lungo le navate predominano gli altari: a destra troviamo quello della Resurrezione,San Domenico di Guzman e dell’Assunta, e a sinistra invece quello della Pentecoste. La Visitazione e San Antonio di Padova. Il battistero commissionato dall’arcivescovo Orsi (1722-1752), richiama lo stile barocco e presenta la forma basilicale sormontata dall’altare del tabernacolo. All’attenzione del visitatore non può sfuggire nella navata di destra la raffigurazione della splendida Madonna del Bambino in stile bizantino racchiusa nell’eccezionale cornice di fede e fulgore.Sul pavimento (nell'effetto d'insieme della chiesa romanica il pavimento aveva
un'importanza molto maggiore rispetto ad oggi perchè spesso non era occupato da sedie o da panche ed era di una semplicità puritana) della cattedrale si estende l’opera musiva del maestoso mosaico incastonato da Guglielmo il Malo sotto la guida del monaco Pantaleone dell’Abbazia di San Nicola di Casole, che presiedeva la facoltà pittorica della stessa. L’intera opera fu realizzata dal 1163 al 1165, come fedelmente incasellato all’inizio dello stesso    presbiterio, ripetendosi in maniera ridotta nelle navate del transetto. Nella sua raffigurazione viene riportato il dominio di Dio suddiviso in tre cantiche:- Dio, nella navata centrale;- Dio riscatta il mondo, nella navata di destra;- Dio sentenzia il mondo, nella navata di Sinistra.   CONTINUA