San Francesco di Assisi

fratello Sole e Sorella Luna

Altissimu, onnipotente bon Signore, Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nullu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messor lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumeni noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significatione. Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si', mi' Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento. Laudato si', mi' Signore, per sor Aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato si', mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore et sostengono infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke 'l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si' mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po' skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male. Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate. (Cantico delle creature di San Francesco d'Assisi)

 

SINDONE

 

La figura di Goffredo de Charny, signore di Lirey, in Champagne, sembra uscire direttamente da un racconto cavalleresco. È tra le mani di questo eroico cavaliere che la Sacra Sindone fa ufficialmente la sua apparizione in Francia. Dopo una vita di avventure improntate ai più alti ideali della cavalleria medievale (ed intorno alle quali il nostro scriverà un libro di buon successo, sorta di manuale del perfetto Chevalier), nel 1355 viene incaricato dal re di portare il suo stendardo di battaglia.
È un grande riconoscimento, e il cavaliere non lo disonora: l'anno successivo muore eroicamente nella battaglia di Poitiers, nella strenua difesa dell'Orifiamma, la lingua di tessuto rosso fiammante simbolo del potere supremo e dell'onore di Francia. Come sia giunta, la Sacra Sindone, all'eroico vessillifero di Francia, rimane un mistero. Vediamo le ipotesi che sono state fatte in proposito. La Sacra Sindone potrebbe essere stato un bene di famiglia pervenuto a Goffredo tramite matrimonio o amicizia. Stretti legami collegano Goffredo ai discendenti di Otto de la Roche, feudatario francese e primo duca di Atene, ai tempi in cui proprio ad Atene della Sacra Sindone abbiamo avuto l’ultima segnalazione. La Sacra Sindone avrebbe potuto fare parte dei tesori di famiglia; Goffredo di Charny sposò una diretta discendente di Otto, che avrebbe potuto portargli la reliquia in dote,e fu grande amico di Gautier IV de Brienne, conestabile di Francia e fedele compagno d’armi, anche lui caduto a Poitiers. Se anche non fosse stata materialmente in loro possesso, Gautier IV de Brienne o la stessa consorte potrebbero aver rivelato all'indomito cavaliere il nascondiglio della Sacra Sindone in Oriente: questo spiegherebbe il rapido viaggio di Goffredo oltremare, fino a Smirne nel 1345, ufficialmente compiuto al seguito del Delfino. Ecco il possibile anello mancante della catena che, da Atene, porta il sudario direttamente nelle mani di un cavaliere francese del Trecento. La "pista templare" sostiene che la Sacra Sindone fosse stata affidata a Goffredo durante un periodo di prigionia in Inghilterra, nel castello di Goodrich. Qui essa sarebbe stata portata da quei Cavalieri Templari che scamparono ai roghi e alle carceri di Francia. In contrasto con i fitti misteri dei secoli precedenti, la storia "europea" del Sacro Tessuto, dopo la riapparizione in mano ai de Charny, è sufficientemente documentata: nel 1453 la reliquia viene ceduta da Margherita, ultima erede degli Charny, al duca Ludovico di Savoia. Le travagliate vicende del ducato dei Savoia porteranno in seguito la Sacra Sindone, a più riprese, da Chambéry, in Piemonte, in altre città della Francia e dell'Alta Italia, fino alla traslazione definitiva nella città di Torino nel 1578. La Sacra Sindone, di proprietà di Casa Savoia per oltre mezzo secolo, è stata assegnata, in un lascito testamentario del capo della Casata ed ultimo Re d'Italia S.A.R. Umberto II di Savoia, al Sommo Pontefice. Il re in esilio è morto a Ginevra nel 1983, anno dal quale la Sacra Sindone è divenuta, dunque, di proprietà pontificia.

 

IN FEDE

 

ANTICA SEDE

 

Nel  1102, il Re di Gerusalemme Baldovino II, concesse hai cavalieri di Cristo la custodia del Tempio di Salomone e la residenza nel  monastero fortificato di Nostra Signora di Sion situato a finaco al Tempio, con il passare degli anni il numero dei cavalieri aumentò, cosicchè dovettero trasferirsi a pochi metri, andando ad occupare tutta l'area di quella che era la spianata del Tempio di Salomone, ossia l'area fra la Moschea della Roccia e la Moschea di Al-Aqsaa. A questo punto il loro nome fu cambiato in "Ordine dei Cavalieri di Cristo a Cavalieri del Tempio di Gerusalemme". 

 

 

GOFFREDO DI BUGLIONE

BALDOVINO I

 

templari in Terrasanta

 

 

  


 

 

 

Il Krak dei cavalieri , così chiamato, imponente ancor oggi nonostante i millenni, sorge su un colle di 750 metri , conquistato nel 1109 da Tancredi di Antiochia; fu ceduto in seguito all’ordini cavallereschi. È un castello quasi senza fine, robusto; solo lo spessore della prima cerchia di mura è di 24 metri, la seconda cerchia domina la prima ed infine vi è un robusto mastio che controlla tutte e due; in pratica compongono il krak tre castelli costruiti uno sull’altro ed indipendenti tra loro. Il Krak era considerato il castello più grande tra le tante fortezze -forse il più bello del mondo-, nella valle della Becaa. Il suo nome in arabo significa dunque fortezza, “Karak”, cardine della difesa del porto di Tripoli e della valle d Becaa, inserito come un anello in una collana tra le cui maglie splendevano i castelli della Santa Milizia Templare.
 La fortezza KARAK come la chiamavano gli arabi-. KARAK è un palindromo, cioè una parola che si legge uguale sia da Occidente, sinistra a destra, che da Oriente, destra a sinistra. In sumero significa ‘anima (KA) Sole (sia RA che AR)’. KAR è la ‘forza dell’anima’ [Il nome Carlo ß KAR LU ‘soggetto forza’ comprova].

 

templari lungo la via Francigena

 
La presenza dei Templari in Italia riguardava tanto le regioni settentrionali (ad esempio lungo la via Francigena, una delle arterie principali lungo le quali i pellegrini dalla Francia giungevano a Roma), quanto nelle regioni meridionali e, tra queste, un sicuro ruolo di preminenza fu svolto dalla Puglia per la posizione strategica occupata da questa regione da sempre crocevia tra Occidente ed Oriente. La causa dell'espansione dei Templari in Italia è da ricondurre a due motivazioni principali: la viabilità terrestre e la possibilità di adoperare i porti, in modo speciale quelli della costa pugliese (Manfredonia, Barletta, Trani, Molfetta, Bari, Brindisi), per l'imbarco verso la Terra Santa dei pellegrini e dei Crociati ed il loro rientro, nonché per la spedizione di vettovagliamento e derrate alimentari alle guarnigioni templari in Outremer. L'espansione dell'Ordine (tra la seconda metà del XII secolo sino alla fine del XIII secolo) avveniva secondo una logica ben precisa tendente a privilegiare in primo luogo le località costiere per poi procedere verso l'entroterra. Secondo una stima approssimata per difetto, in Italia erano presenti almeno 150 insediamenti appartenenti all'Ordine del Tempio, di questi meno di un terzo si trovavano nella parte meridionale della penisola.
La maggiore concentrazione di domus templari, molto probabilmente, era nella terra di Puglia ove, tra l'altro, avevano diverse sedi. Gli insediamenti dei Templari erano chiamati in Italia "precettorie" o "mansioni" a seconda della loro importanza, mentre in Francia prendevano il nome di "Commanderies". Anche in Puglia l'espansione sul territorio delle case templari seguì la dinamica sopra esposta: dagli avamposti sul mar Adriatico i Templari cominciarono a penetrare all'interno del territorio pugliese e, in particolare, nelle fertili pianure della Capitanata nell'entroterra garganico e della Murgia in Terra di Bari.I Cavalieri Templari sovente alloggiavano in chiese minori, oratori, cappelle dipendenti da episcopi o cattedrali o in monasteri cui spesso erano annessi ospizi per l'accoglienza dei pellegrini. Grazie all'intervento dei pontefici il Tempio riusciva ad ottenere in concessione perpetua o temporanea immobili appartenenti ad Enti ecclesiastici dietro pagamento di un censo annuo. A volte erano gli stessi Templari a costruire delle chiese, anche se in Italia tale attività sembra essere alquanto ridotta. Ma è soprattutto alle donazioni e ai lasciti dei benefattori che il patrimonio templare vide una rapida crescita sia nelle città che nelle campagne. Le domus templari italiane raramente erano isolate e sovente facevano parte di ecclesiae, con le quali finivano per confondersi. Le domus erano anche costituite nell'ambito delle mansiones, composte nella forma più elementare da un ricovero per i viaggiatori ed una stalla per i cavalli. Le domus-mansiones erano collocate nei centri di transito o confluenza delle principali correnti di traffici e pellegrinaggi che percorrevano l'Italia. La funzione assistenziale era altresì svolta con le domus con annessi degli hospitales.

 

Templari in Puglia

Castel del Monte

All'interno del cortile c'era una vasca ottagonale monolitica che serviva per contenere l'acqua; sotto il cortile vi era una cisterna grandissima. Su cinque delle otto torri c'erano cinque cisterne pensili collocate proprio su quelle torri dove c’erano i servizi igienici. Le cisterne raccoglievano l’acqua e quando erano troppo piene c’era un troppo pieno che scaricava fuori. Il terrazzo del castello è fatto a dorso d’asino: l’acqua che scorreva verso l’esterno riempiva queste cisterne, l’acqua che scorreva verso l’interno riempiva la cisterna situata sotto. Ciò dimostrerebbe che Castel del Monte non è un castello di difesa ma un edificio costruito come un Tempio.Fedeico II, Ordina la costruzione del castello nel gennaio del 1240 e muore nel 1250: c'erano dieci anni di tempo per terminare la costruzione del castello. Alla costruzione del castello hanno lavorato maestranze altamente qualificate come dimostrato dalla costruzione architettonica che è un gioiello di matematica. Le pareti del piano superiore erano tutte rivestite di marmi preziosi che sono stati rubati assieme a sculture e bassorilievi. In quel momento storico particolare in Puglia vi era una presenza molto massiccia dei Cavalieri Templari, i monaci guerrieri i quali erano padroni di tutta la Puglia come dimostrano le numerose testimonianze dal Foggiano al Leccese. La Puglia era una delle dieci province dei Cavalieri Templari disseminate dal centro Europa fino al medio Oriente e in più la Puglia a quel tempo era la cerniera tra oriente e occidente.

 

RE RUGGERO II

Jolly Roger". La tradizione vuole che questo vessillo venisse utilizzato anche a bordo delle navi dei "Poveri Soldati di Cristo e del Tempio di Salomone", come i Templari erano conosciuti originariamente. I Templari combattevano le loro battaglie anche in mare, abbordando ed affondando le navi nemiche: di qui l'analogia coi Pirati e l'adozione della bandiera col teschio e le ossa, la bandiera usata da  re Ruggero II di Sicilia (1095-1154). Ruggero era un famoso Templare e di una flotta di seguaci dell'Ordine si separò in quattro unità indipendenti, quindi era una eredità, e le sue ossa incrociate rappresentavano un chiaro riferimento al logo templare della croce rossa con le estremità ingrossate.sempre legata ai Cavalieri Templari. La notte del 13 Ottobre 1307, prima dell'arresto di massa, in gran segreto, 18 galee templari navigarono lungo la Senna e presero il mare, dirette a La Rochelle, dov'era pronta una flotta templare. I Templari, segretamente avvertiti del tranello teso nei loro confronti dal Re Filippo il bello di Francia, avevano portato in salvo il loro Tesoro e le reliquie più preziose. Le loro vele erano state annerite con del catrame per non essere visti nella notte. Durante il viaggio in mare, i Templari superstiti si riunirono in consiglio per decidere sotto quale segno avrebbero navigato, non potendo più utilizzare la classica croce rossa in quanto ormai bandita. Al termine, fu decisa l'adozione dell'antico simbolo di pericolo, il teschio con le tibie incrociate, con il fondo mutato in nero in riferimento al colore delle vele.

 

 

Portogallo tomar

ORDINE SUPREMO del CRISTO

 E’ il più prestigioso fra gli Ordini Equestri Pontifici, riservato solo ai Sovrani ed ai Capi di Stato, di fede cattolica, che si siano resi particolarmente benemeriti verso la Santa Sede. L’ Ordine venne creato da Dionigi I re del Portogallo ( 1279 - 1325) e dedicato a Cristo, riunendo in tale Ordine tutti i cavalieri del Tempio ( templari ) . Alla nuova istituzione rimase la stessa regola dei Templari, quella Cistercense, come parimenti identici restarono il mantello e la croce patente di rosso, con la sola aggiunta di una piccola croce latina di bianco, caricata sulla prima, in cuore. L’Ordine ebbe l’approvazione del Sommo Pontefice Giovanni XXII il 14 marzo 1319, riservando lo stesso Papa anche alla Santa Sede, oltre che ai Sovrani portoghesi, la facoltà di conferire tale ambitissima distinzione cavalleresca. L’Ordine, con la destinazione di tutti i beni dei cavalieri del Tempio presenti in Portogallo e con lo scopo di difendere il Regno d’Algarve contro gl’infedeli scrisse, nella penisola iberica stupende pagine di eroismo e di gloria, nella dura e sanguinosa lotta contro i Mori. La sede originaria dell’istituzione cavalleresca era situata a Castro Marino, nell’Algarvia ed in seguito venne invece spostata a Tomar, nel vecchio convento dei templari, ribattezzato Monastero del Cristo, per meglio respingere gli assalti dei Mori. Il Sommo Pontefice Eugenio IV ( 1431 - 1455 )

 
Creato da: knighttemplar il 18/05/2008
RICERCHE STORICHE

 

 
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MISTERI NELLA BASILICA DI SAN NICOLA DI BARI

Post n°156 pubblicato il 26 Novembre 2012 da knighttemplar

NELLA BASILICA DI SAN NICOLA DI BARI, monumentale reliquiario del corpo di San Nicola, è stata costruita nell’XI secolo subito dopo la spedizione di Myra. L’avvenimento storico, sul quale abbiamo deciso di far finalmente luce, è stato oggetto di alcuni retroscena fino ad oggi non del tutto chiariti. Abbiamo esaminato attentamente la documentazione disponibile dalla quale sono infatti emersi nuovi punti chiave che hanno contribuito non poco alla formulazione di una diversa verità. Abbiamo frugato tra enormi fascicoli ed antichi documenti alla ricerca non solo delle prove ma anche delle motivazioni che hanno spinto i "62 marinai" ad un’impresa che, preparata nell’ombra, è da considerarsi uno tra gli eventi più decisivi per la Storia dell’Occidente. I primi risultati della nostra ricerca, accolti con "cinico" scetticismo, hanno dimostrato invece che della vicenda mancavano alcuni pezzi importanti, appositamente ignorati dai cronisti e dagli storici. Dai dossier analizzati è emerso un fatto nuovo: non si conoscevano tutti i nomi dei carismatici ispiratori della spedizione in terra turca. E’ stato facile dedurre che "qualcuno" avesse voluto opportunamente coprire l’identità di alcuni personaggi influenti che facevano parte del gruppo prescelto per tentare il blitz a Myra. Le nostre conclusioni finali non sono state sgretolate da quanto pubblicato da altri studiosi perché non riguardavano la parte storica, bensì le sensazionali scoperte fatte nel Borgo Antico di Bari. Grazie a ciò è stato possibile ricostruire il complesso intreccio di legami che, per mezzo di una strategia politica pianificata, hanno comprovato l’esistenza di un autorevole Ordine, responsabile di aver tenuto le fila di un piano ben congegnato che ha dato vita, cronologicamente, alla spedizione di Myra ed alla Prima Crociata. In questo misterioso contesto si inserisce l’affascinante figura di San Nicola, vescovo di Myra, per lungo tempo confuso con un monaco che portava lo stesso nome. Ma cerchiamo di districare la ingarbugliata matassa. Secondo le cronache del tempo il manipolo da inviare in terra turca era formato da 62 uomini, 35 marinai e 27 cavalieri italiani e stranieri. E qui inizia il mistero sulla vera identità di questi nobili. Infatti risulterebbe che a bordo di una delle navi scelte per la spedizione fossero presenti due "pellegrini", un francese ed un greco, giunti da poco da Gerusalemme e fatti salire ad Antiochia con l’incarico di ispezionare tutto il territorio, prima di effettuare lo sbarco a Myra. Hanno preso parte alla ricognizione anche due "benedettini". Lupo e Grimoaldo e due cavalieri, Giovannoccaro e Petrarca Rossimano, tutti e quattro al corrente di scottanti segreti. Il colpo di mano si è svolto senza apparente spargimento di sangue anche se i monaci che presidiavano la tomba del Santo sono stati minacciati di morte da parte di alcuni uomini del drappello. Le reliquie, racchiuse in una cassa di legno, sono state imbarcate con alcune kontos (pergamene) sulla nave di un certo Matteo. Senza dubbio le pergamene rappresentavano le inconfutabili "prove" per gli "ideatori" della spedizione in quanto avrebbero consentito, una volta giunti a Bari, la "interpretazione" di alcuni testi particolari redatti anche da San Nicola che con le "tre sfere" (saggezza, bellezza e forza) simboleggiava l’unione tra la religione celtica e quella cristiana. Finalmente dopo circa 20 giorni le navi sono giunte nel porto di San Giorgio, poco distante da Bari. Era il 9 maggio del 1087. Elia, ottenuta dal Duca Ruggero l’assegnazione dell’area della corte del Catapano dove far sorgere il Tempio, ha iniziato subito i lavori facendo abbattere alcune chiese circostanti, fatta eccezione per quella di San Gregorio. L’8 luglio del 1087 era ormai pronta la superficie dove far sorgere la nuova Basilica. Elia, per la costruzione, si è avvalso della collaborazione di 21 non meglio identificati "muratori", sulla cui identità non "esistono documenti". Tutto ciò non vi sembra strano ? Nel frattempo Oddo di Lagery, salito al soglio pontificio con il nome di Urbano II, ha eletto come Arcivescovo di Bari lo stesso Abate Elia, presenziando nel 1089 alla consacrazione della cripta della Basilica. Ma la città di Bari doveva essere ancora una volta al centro di un importante avvenimento storico: la Prima Crociata. Con la Prima Crociata è incominciata una specie di caccia al tesoro condotta da personaggi che facevano già parte di Ordini occulti e che, in seguito, sarebbero diventati i custodi del Sapere Universale. All’appello di Pietro l’Eremita hanno risposto alcuni nobili cavalieri che con circa 60.000 uomini ben addestrati hanno conquistato, dopo numerosi e cruenti scontri, la città di Gerusalemme. L’esercito "regolare" è stato guidato da Goffredo di Buglione e da suo fratello Baldovino, dai conti di Blois e di Vermandois, dal duca Roberto di Normandia, da Raimondo di Saint-Gilles, da Tancredi e Boemondo d’Altavilla. Costoro hanno letteralmente sbaragliato le truppe musulmane non dimenticandosi del motivo per il qualeerano partiti per la Terra Santa. Una volta raggiunto lo scopo sono passati alla faseorganizzativa. Goffredo di Buglione, diretto discendente dei Merovingi da parte dei bisnonni Hugues deLong Nez (pronipote di Sigebert VI duca del Rezes) ed Agnés laBelle, subito dopo la conquista di Gerusalemme avvenuta nel 1099, ha fondato l’Ordine dei"Cavalieri di Nostra Signora di Sion" in stretto collegamento con un primo nucleo di Templari. Infatti in una lettera del 2 maggio 1125, oltre al nome del Priore Arnaldus compare anche quello di Hugues de Payns, Primo Gran Maestro dell’Ordine del Tempio, il quale, in incognito, avrebbe partecipato alla Prima Crociata. Ma ancora oggi è incerta la suavera identità infatti due storici, F. Campanile e M. Camera, hanno ipotizzato che il suo vero nome fosse Ugo dei Pagani, nativo di Forenza in Basilicata. Questa potrebbe essere una delle prove che attesterebbe l’esistenza dell’Ordine del Tempio prima del 1118 e quindi già operativo in Puglia intorno al 1080. La tradizione vuole che Pietro l’Eremita, istitutore di Goffredo, molto probabilmente non sia giunto da Amiens così come si è sempre creduto ma che abbia fatto parte del gruppo di Orval quale longa manu della stirpe merovingia e che la spedizione in Terra Santa sia stata "abilmente pianificata" senza dare nell’occhio secondo una "strategia politica" ratificata inavvertitamente, come abbiamo già avuto modo di constatare, anche dall’ignara Chiesa. Quindi anche la costruzione della Basilica di San Nicola è rientrata nella logica segreta di questo Ordine occulto che non poteva ancora uscire allo scoperto. Un ulteriore conferma alle nostre tesi viene fornita da René Grousset, uno dei più grandi esperti delle Crociate. Egli ha avuto la possibilità di consultare alcuni "scottanti" documenti che hanno fatto parte degli archivi segreti del Priorato di Sion.  Dalla loro analisi è emerso che esisteva unas tretta collaborazione fra l’Abate Elia ed il misterioso gruppo dei monaci calabresi di Orval, il che spiegherebbe la distruzione di tutta la documentazione riguardante la costruzione della Basilica di San Nicola. Elia, morto il 23 maggio del 1105, è stato sepolto all’interno della Chiesa e sul sarcofago che custodisce le sue spoglie è scolpito un bassorilievo che lo raffigura come un"Maestro" (cattedra dell'Abate) che sta insegnando ai suoi "discepoli". La cosa più strana è che compaia, sulla sommità del lastrone, una "croce templare". Inoltre la traduzione dell’epigrafe latina incisa sul sarcofago ci riserva qualche sorpresa:

 “Molto onore del mondo è qui sepolto in pace. I re sono stati privati di un padre, le leggi di un giudice. O Bari, è venuta a mancare la tua cosa più preziosa. Sei stata vigorosa quando il vescovo Elia era in vita. Ora, quell’inclito padre, che ti ha ben governato e portata alle stelle, è chiuso in questo bel sepolcro. Fu buon patrono nei confronti di tutti, verso le persone note e le ignote, i vicini e i lontani. Lodevole per la bontà, fu pari a Salomone come architetto, Pio nei costumi, era paragonabile al profeta Elia. Costruì questo tempio, facendolo risplendere d’oro. Qui si è addormentato, mentre lo spirito saliva al cielo”.

Abbiamo appositamente sottolineato in nero tutte quelle parti che possono contribuire a spiegarci quali siano state le reali motivazioni che hanno spinto Elia a costruire la Basilica secondo un ben congegnato piano. Il riferimento a Salomone non è casuale perché questo Re è stato l’artefice dell’applicazione della geometria sacra alla costruzione del Tempio nonché l’unificatore delle nuove comunità dei "Maestri costruttori". L’architettura sacra, considerata "l’Eterna Sapienza", non poteva infatti prescindere dalla dimensione invisibile ed infinita che unisce Dio all’uomo. Elia ha, quindi, portato a termine "l’opera" con l’aiuto l’appoggio di numerosi ed occulti personaggi giunti anche da lontano. Il "cubito barese" è stata l’unità di misura adottata per sviluppare l’intero progetto. Se rapportiamo la pianta della Basilica al cubito e, dopo aver misurato la larghezza e la lunghezza del coro, la lunghezza della navata, la lunghezza dei transetti e l’altezza della volta, tracciamo dei segmenti di congiunzione all’interno delle navate stesse, otteniamo la rappresentazione grafica del "Sigillo di Salomone" e "dell’uomo che tende a Dio". Inoltre tracciando al suolo i punti coincidenti con la metà di ogni triangolo equilatero del sigillo salomonico, ricaviamo il cosiddetto "triangolo divino di Platone" dal quale sono state tratte le medie armoniche ed il "tono", con intervallo di seconda, basata sulla nota Re. E’ pertanto facile dedurre che la pianta della Basilica, una volta individuato il "Genius Loci", è stata disegnata in base ad una scala armonica ed alla proiezione a terra dell’esagono stellato secondo lo stesso metodo diffusosi in seguito in Francia ed in altre nazioni per la costruzione delle cattedraligotiche. Ma forse il vero segreto è celato nell’enigmatico"criptogramma"dell’altare d’argento. Nel 1684 il Priore Alessandro Pallavicini ha dato ordine a Domenico Marinelli, uno dei maggiori argentieri del tempo, di realizzare un nuovo altare con l’argento ricavato dalla fusione di quello donato nel 1319alla Basilica da Uros II, re di Serbia. Ma "misteriosamente" è sparito proprio il fascicolo deidocumenti (agosto 1682 – dicembre 1691) che indicavano il committente dell’opera, la sua esecuzione ed le diverse fasi di fusione dell’altare d’argento. Sospettiamo che la documentazione, in questione, sia stata "sottratta" per non compromettere qualche personaggio o qualche ecclesiastico in contatto con un Ordine del quale forse faceva parte lo stesso Marinelli. Non è un caso, infatti, che l’artista abbia inserito nell’altare delle rappresentazioni iconografiche che si prestano ad una doppia interpretazione. Un esempio chiarificatore ci è fornito dalla portella centrale sulla quale è raffigurato un pellicano mentre nutre i suoi cuccioli. Il pellicano è infatti un noto simbolo esoterico adottato sia dai Templari che dall’Ordine dei Rosa-Croce e può rappresentare sia il compimento della trasformazione alchemica che l’amore universale. Ma quando è stata aggiunta la lastra con la misteriosa scritta ? E perché su di essa non vi è alcuna traccia del"punzone" del Marinelli ? Era infatti consuetudine che il maestro argentiere, una volta terminata l’Opera, lasciasse impressa nell’argento una specie di firma per attestarne l’autenticità. Inoltre risulta che le lettere del criptogramma, insieme al postergale dell’altare, siano state realizzate da una mano diversa da quella del Marinelli. Per risolvere il "giallo" dell’enigmatica scritta nel 1987 i padri domenicani, con la collaborazione della Banca Nazionale del Lavoro, hanno indetto unconcorso nazionale mettendo in palio un premio di 5.000.000 di vecchie lire, da assegnarsi a chi ne avrebbe fornito la soluzione, ma sembrerebbe che nessuno prima di noi sia riuscito nell’impresa. L’enigmatico messaggio, formato da 624 lettere, è inciso su di una lamina rettangolare, cesellata con volute di foglie e fiori. Delle lettere, 561 sono disposte nei lati lunghi di tre righi ciascuno ed intervallati dalla "puntatura ermetica" mentre sui lati minori sono disposte su due colonne di 72 lettere ciascuna in righi di quattro lettere. La nostra ricerca sul criptogramma è iniziata qualche anno prima del summenzionato "concorso". In una prima fase di studio abbiamo applicato un sistema di decifrazione alfanumerico, basato su "stringhe elettroniche" predefinite secondo uno schema di "ottali". Si è così ottenuto una parziale ed incompleta soluzione perché il sistema da noi inizialmente applicato era rapportato a metodologie "moderne" che non seguivano certamente la stessa "logica " che aveva invece spinto il misterioso incisore a realizzare la singolare scritta. La nostra intuizione ha avuto successo perché applicando il "codice aureo" e la Geometria ebraica è stato possibile risalire ai corrispondenti valori numerici che hanno dato luogo ai "significanti guida" ed alla parola "Chalice". Sappiamo bene che qualcuno non condividerà la "soluzione" da noi ottenuta definendola "fervida fantasia" ma ben sappiamo che tutto ciò fa parte del gioco. E ‘risaputo, infatti, che certe prese di posizione originano esclusivamente dalla "inconsapevole ignoranza" di non conoscere purtroppo altre scienze oltre la propria. Quanto segue è, comunque, il risultato della decodifica del criptogramma dell’altare d’argento (non più visibile perché opportunamente "coperto" da un drappo rosso):

ARCA TESTA TECTA ACRIPTA INMIRA ETGRADALEA SACEL(LO) IN (IHS)GALVA(NI) SEPULCR(O) cioè la cassa ed il vaso provenienti dalla cripta di Mira ed il Gradale proveniente dal sacello dell’eremo di Galvano (Galgano) sono qui nascosti

 Alla luce di questo straordinario risultato la nostra indagine si è spostata su altri obiettivi e non ultimo la cosiddetta “Porta dei Leoni". Essa è posizionata sul lato sinistro dell’ingresso principale della Basilica, per chi guarda e sull’archivolto è rappresentata una scena di battaglia fra Crociati e Saraceni. Nella parte superiore è scolpito un drago al quale seguono specularmene alcuni bassorilievi che si riferiscono ai culti assiro, egiziano e celtico . Il drago simboleggia il "guardiano" posto alla custodia dello scrigno mentre nella lunetta centrale, intenzionalmente distrutta, vi era probabilmente la riproduzione della "pietra fiammeggiante" e vedremo perché. Una lastra di reimpiego è stata appositamente posta sul lato sinistro della "Porta dei Leoni". Tale manufatto è stato smontato da una precedente struttura, forse un recinto presbiteriale, e collocato deliberatamente in quella posizione per indicare un luogo segreto all’interno della Basilica. Infatti in corrispondenza alla "Porta dei Leoni" esiste disegnata sul pavimento una porta speculare a quella esterna. La cosa strana è che lungo il suo perimetro ritroviamo la stessa "breccia corallina" rinvenuta in Castel del Monte. Anche in questo caso si tratta della chiara "indicazione" dell’esistenza di una "cripta secondaria" non scoperta fino ad oggi e la "breccia" sottolineerebbe che per l’appunto nel sottosuolo, ancora inesplorato, potrebbe esserci custodito una "reliquia", ritenuta sacra dalle tre grandi religioni. Infatti se sulla pianta della cripta tracciamo delle proiezioni che uniscono i punti compresi fra la tomba del Santo e le colonne prospicienti ad essa, otteniamo, in sequenza, la stella giudaica, la mezzaluna musulmana e la croce cristiana. Il glifo inciso all’interno di un arco cieco posto a sinistra della "Porta dei Leoni" sembra confermare l’esistenza di cavità nascoste. La sua decodifica "IN Tectae Cryptae" (nelle segretecripte) ci porta a supporre che effettivamente nel sottosuolo della Basilica potrebbero esserci almeno "due cripte", una nota e l’altra ancora sconosciuta. E la decifrazione del critogramma dell’altare d’argento sembra voler sottolineare questa "strana e misteriosa coincidenza" suffragata dalla presenza, nell’abside minore all’interno della Basilica, di una lastra tombale di un "ignoto personaggio" al quale è stato deturpato il volto a martellate per cancellarne l’identità ed eliminati i piedi forse perché alcuni fregi scolpiti all’altezza dei calzari avrebbero potuto far risalire al suo "nobile casato". Ancor più sorprendente è la presenza di un paio di "guanti bianchi", posti quasi all’estremità della tunica come a voler ricordare la sua appartenenza all’Ordine del Tempio. Ma basta alzare lo sguardo in direzione delle arcate trasversali per accorgersi che alcuni "enigmatici volti" sono stati inseriti tra altre sculture. Non sono altro che i "nobili cavalieri" che hanno partecipato alla spedizione di Myra ed alla Prima Crociata. Stando alle fonti documentali le arcate sono state aggiunte nel secolo XIV per porre rimedio a cedimenti strutturali. Ebbene che bisogno c’era di abbellirli con tante facce? Qualcuno ha voluto affidare nuovamente alla pietra i messaggi criptici per tramandare scomode verità? E proprio in un rettangolo sottostante la prima arcata troviamo ancora una volta la raffigurazione di uno strano oggetto indicato come la "pupilla di Ra" su alcuni antichi papiri egiziani, sui graffiti di Chinon e su una parete interna della Domus Templare di Sovereto……la pietra "Fiammeggiante”. Che sia questa la miracolosa reliquia, dai sorprendenti poteri, trafugata dai Templari dalla TerraSanta nel corso della Prima Crociata e poi passata nelle mani di Federico II di Svevia.

 
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BRAY

 

 

Sceau (SIGILLO) de la baronnie de Bray

La baronnie de Bray s'étend le long d'axes stratégiques comme la Seine, la voie romaine de Sens à Meaux qui permet de passer le pont en marquant le c'ur de la châtellenie de la vallée de l'Oreuse, la limite du comté de Champagne et l'Yonne. Ses barons Henri le Libéral, comte de Champagne, puis Jacques, duc de Savoie, gèrent les territoires autour de dix places principales : Passy, Montigny, Bazoches, Les Ormes, Dontilly, la Villeneuve-du-Comte, Égligny, Vin-neuf, Courlon et Bray-sur-Seine.

 

 

CENNI STORICI SUL MIO CASATO BRAY

 Il casato BRAY-BRAI, cognome sembra essere derivante dal francese (e prima da quello, Celtico). Il nome proviene da diversi periodi storici nei paesi d'Europa. Contea Wicklow, l'Irlanda, vicino a Brayhead. Nelle annotazioni antiche il nome era Bree, preso dal vecchio bri o brigh irlandese, una collina. Questa parola è simile nelle vecchie lingue gaeliche e celtiche; In Inghilterra il nome è trovato applicato alle parrocchie in contee Devon e Berks. Molti città e distretti in Francia impiegano il Bray o certa forma del nome, come: Bray-sur-Somme, Bray-sur-Seine, Bre-Cotes-du-Nord, Bray-La-Campagne, Bray-Calvados e paga de Bray. Ci sono parecchi posti chiamati BRAY in Europa, la città Bray in Inghilterra è in Berkshire sul fiume di Tamigi vicino a Windsor, Bray in Irlanda è sul sud del litorale appena di Dublino in contea Wicklow e ci è un distretto chiamato paga de Bray vicino a Rouen e ad un villaggio Bray vicino a Parigi in Francia in Lilla."La gente normanna„ dal Re", condizioni il nome deriva da un posto denominato Bray vicino ad Evreux, Normandia; Milo de Brai 1064 era signore di Montlhéry a partire dal 1095 sua moglie era Lithuise figlia di Stephes conte di Blois e di Adela della Normandia, figlia di William il conquistatore ed il suo figlio dello stesso nome Milo II de Brai 1118 signore di Montlhéry e di Braye, visconte di Troyes 1096,  il figlio maggiore Trousseau de Brai, signore di Monthléry  sua figlia Elizabeth di Montlhéry nel 1103 sposò Philip, Conte di Mantes, figlio di Philip I della Francia e di Bertrada de Momtfort, parteciparono alla 1^ crociata nel 1096. Nel  1066, sir Guillaume de Brai, successivamente in inglese William de Bray e sir Thomas de Bray, parteciparono alla conquista dell'Inghilterra a fianco del Duca di Normandia William. Sul rotolo nell'abbazia i nomi di coloro che hanno partecipato alla battaglia di  hastings. Al Servizio dei Re d'Inghlilterra dal (1066 - 1485): In un villaggio vicino Berkshire Bray vi è una chiesa del XII secolo costruita da Bray, in cornovaglia. sir Richard Bray cavaliere della giarrettiera e Consigliere al servio di Henry VI e della sua moglie Joan Troughton. Nel Concistoro del 22 maggio 1262 fù nominato Cardinale Guillaume de Bray da Papa Urbano IV . Il casato si stabilì in Puglia in Gravina e nel salento. Nominis reliquiae supersunt planissime, Bibracte Galliae etiam nunc in Bray contrahitur, et non procul hinc Caesar Tamisim cum suis transmisit ...",

 

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Papa Benedictus XVI

Joseph Ratzinger


Il Santo Padre con il Vescovo di Ugento (LE) Mons. VITO DE GRISANTIS in occasione della visita a Santa Maria di Leuca (LE) "de finibus terrae"14 Giugno 2008


 

SIGILLUM MILITUM

 

A Troyes Francia nel 1127, i Cavalieri Templari adottarono il motto: "Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam", ossia "Non a noi, Signore, non a noi, ma al Tuo nome da gloria". E’ facile immaginare come un simile motto potesse accendere gli animi.
San Bernardo da Chiaravalle inoltre trasmise ai cavalieri la devozione a Maria e il grande rispetto per la donna, la Regola infatti cita: "Maria presiedette al principio del nostro Ordine

 

INVESTITURE

 

Nel medioevo il cavaliere veniva istruito nell’uso delle armi; egli era sottoposto a studi che ingentilivano gli animi e di ordine morale. Altre caratteristiche della cavalleria erano: cortesia, difesa della giustizia, appoggio alla debolezza, omaggio alla bellezza, idealizzazione dell’amore come mezzo di elevazione morale. L’incontro con il soprannaturale, secondo le credenze d’epoca, avrebbe completato l’iniziazione del cavaliere.

Iniziazione cavalleresca
La vestizione - com’era chiamata l’iniziazione cavalleresca - era considerata già alla fine del XI -XII secolo con la fondazione degli Ordini un "ottavo sacramento". Il candidato vi si preparava con una notte di veglia in armi nella cappella di famiglia, inginocchiato davanti all’altare. Veniva poi purificato con un bagno rituale, confessato e comunicato. Seguiva una messa solenne, al termine della quale avveniva la vestizione vera e propria, che consisteva nella consegna da parte del sacerdote della spada consacrata, degli speroni, dello scudo, della lancia e delle varie parti dell’armatura, che appunto il giovane indossava.
La cerimonia si concludeva infine con l’accollata o palmata, cioè con un colpo inferto col palmo della mano dal padrino sulla nuca del neofita, o anche di piatto con la spada sulla spalla. Era consuetudine che il colpo fosse di una certa forza, tanto da far vacillare il ricevente.
 
Bisognava alimentare tra i cavalieri rapporti di solidarietà, lealtà, fratellanza, oltre che naturalmente di fedeltà incondizionata. Non importava che la compagnia fosse numerosa; importava che fossero saldi i legami al suo interno e che ne facessero parte, soprattutto, quei pochi vassalli davvero in grado - per valore, potere, prestigio personale - di controllare tutti gli altri.

 

 

RE CRISTIANI

 

 

CATTEDRALI GOTICHE

 

I Cavalieri Templari, si ritiene avessero rinvenuto documenti relativi alle "LEGGI DIVINE DEI NUMERI,DEI PESI E DELLE MISURE" sotto le rovine del Tempio di Salomone a Gerusalemme e li avrebbero forniti ai costruttori di cattedrali.

Le cattedrali gotiche sono dei veri e propri libri di pietra, per tramandare straordinarie conoscenze che solo poche persone iniziate a simboli ed a codici particolari, avrebbero potuto comprendere. Infatti la grandiosità, l'imponenza e tutta una serie di misteri non risolti hanno fatto diffondere attorno alle cattedrali gotiche numerose leggende legate a figure ed oggetti leggendari della storia del Cristianesimo, dai Cavalieri Templari al Santo Graal.

Furono costruite improvvisamente in Europa, intorno al 1128 (cattedrale di Sens), proprio dopo il ritorno dei Cavalieri Templari dalla Terrasanta, con una maestria costruttiva tecnica e architettonica completamente diversa dalle precedenti chiese romaniche. Una dopo l'altra, sorsero le cattedrali di Evreux, di Rouen, di Reims, di Amiens, di Bayeux, di Parigi, fino ad arrivare al trionfo della cattedrale di Chartres. I piani di costruzione e tutti progetti originali di esecuzione di queste cattedrali non sono mai stati trovati. Le opere murarie erano fatte con una maestria eccezionale. Per i tecnici, come gli architetti, ad esempio, possiamo vedere come i contrafforti esterni esercitano una spinta sulle pareti laterali della navata, e così facendo il peso, anziché gravare verso il basso, viene come spinto verso l'alto, e tutta la struttura appare proiettata verso il cielo. Le Cattedrali inoltre sono tutte poste allo stesso modo: con l’abside rivolto verso est (cioè verso la luce), sono tutte dedicate a Notre Dame, cioè alla Vergine Maria e se unite insieme formano esattamente la costellazione della Vergine.

Inoltre vennero costruite su luoghi già considerati sacri al culto della "Grande Madre", ritenuto il culto unitario più diffuso prima del Cristianesimo; molti di questi luoghi inoltre sono dei veri e propri nodi di correnti terrestri, ovvero punti in cui l'energia terrestre è molto forte (grandi allineamenti di megaliti). Hanno pianta a croce latina: la croce "é il geroglifico alchemico del crogiuolo" (Fulcanelli), ed è nel crogiuolo che la materia prima necessaria per la Grande Opera alchemica muore, per poi rinascere trasformata in un qualcosa di più elevato.

Sono adornate da un gran numero di statue o bassorilievi raffiguranti figure altamente simboliche e simboli magici ed esoterici, che poco hanno a che vedere con la loro funzione di chiese cristiane ed hanno un particolare orientamento in modo che il fedele, entrando nell'edificio sacro, cammini verso l'Oriente, ovvero verso la Palestina, luogo di nascita del Cristianesimo.

Ciascuna cattedrale è dotata di una cripta in cui secondo alcune tradizioni sarebbero nascosti degli oggetti sacri molto importanti (ad esempio si dice che in una delle cripte della Cattedrale di Chartres sia custodita l'Arca dell'Alleanza, e che quando questa cripta sarà scoperta la cattedrale crollerà al suolo). Ma le cripte sono legate ad un altro elemento molto misterioso: le "Vergini Nere", statue o bassorilievi, che raffigurano appunto la vergine Maria, con la particolarità della carnagione scura.

 

Francia Parigi

 

 

Notre Dame

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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