Angolo Cattivo

Cieloterrafuocomare


In un cielo troppo azzurro ho scagliato bianche colombe, con un candido distacco dalle mie mani.Approfittarono della libertà nascosta nel gioco di prestigio di polpastrelli che si tramutano in ali, senza sprecarla in velleità deflagranti.Non generarono prevedibili moti circolari nella volta celeste delicatamente disturbata, non tornarono carta da poker nella manica per stupori collettivi da monetizzare.Non volai con loro: scelsi la terra, la prevedibilità dei passi sul suolo, l'incapacità delle dita a trattenere granuli di materia.Ascoltavo la voce degli insetti nella loro operosa incuranza verso corpi opachi goffi sul percorso disassato, accelerati da fecondo appetito e dalla psichedelia dei pollini, come abitanti di metropoli orientali nell'ora di punta.Il fuoco ardeva irritante nei campi di terra rossa e glabra, bruciando garrulo antiche sterpaglie, deformando sghembe porzioni di visuale, attorcigliando il fumo in fuga agli effluvi di erba pressata e di fiori anarchici, nascondendo le sagome squadrate delle dimore contadine.Nelle corolle delicate e marzialmente a testa alta sotto il sole, trovai il codice dell'infinita confusione, cerchi slabbrati e disorientamento ottico.Sfumando e sfocando ogni scenario, avvilii e poi esaltai i fotogrammi di infinite nature morte.Esploravo pianeti profumati, inzuppati in una costellazione verde, tra nebulose umiche disidratate.Desideravo solo il tramonto ad ogni giro della lancetta lunga: l'eccesso di luce mi nascondeva l'orizzonte, tramortiva il senso d'orientamento trastullandolo maliziosamente nella culla del sole.Ero un capitano senza nave, fingevo di schivare i flutti ai lati di una chiglia statica di pietra, tra miraggio ed autosuggestione, ed intanto scorgevo sempre più vicina la linea tra aria ed acqua, la varcavo, la toccavo, la tenevo tra le dita e la pizzicavo con virtuosismo emozionale.Come una corda del cuore, vibrava l'orizzonte, silenzioso, sollevandosi verso un tintinnio frammentato ed infine un drone persistente, a coprire i sospiri e le paure di un crescendo onirico, compresi i sentori di rinascita impregnati di ricordi salmastri adolescenziali, di epica nautica di sintesi tramite odissee altrui.Ma quegli orizzonti invece saranno sempre più lontani ed affilati, sempre più angolati da soli inverecondi, poi divaricati, intimiditi ed assorbiti facilmente dal cielo.L'ora dell'approdo sarà magicamente banale, sempre e rigorosamente di notte.