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poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

Per chi volesse leggere la storia"Un passo indietro per farne uno avanti" sin dalle prime pagine;basta cliccare sui link.

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In fondo al tunnel 9

Post n°1354 pubblicato il 22 Febbraio 2017 da contastorie1961

Per la terza volta consecutiva il telefono di Giada risultò irraggiungibile. A quel punto, Daniel rinunciò e decise di mandarle un messaggio informale. Col senno di poi, l’idea di rivelarle ciò che era successo non lo allettava più così tanto. Rientrato a casa sprofondò subito sul divano, accese la play station e scelse uno dei videogiochi più violenti. Sgozzare le vittime, oppure torturarle a morte, riusciva sempre a stemperargli la tensione, una sorta di terapia d’urto. Ed era proprio mentre stava seviziando una giovane fanciulla che, improvviso e petulante, lo squillo del cellulare lo fece sobbalzare. Stizzito, mise il gioco in pausa e guardò il display: Giada.

-Ho visto solo ora il tuo messaggio, mi si era scaricato il telefonoCi siamo visti stamattina, e mi avevi assicurato che avresti agito subito, cosa c’è ancora da dire?disse la donna col solito tono arrogante e sbrigativo.

-Ci sono dei problemi- si limitò a rispondere Daniel.

-Che tipo di problemi?-

-È meglio se ne parliamo a voce, io sono a casa-

Giada faticò a mantenere un tono di voce controllato.

-Sono quasi le undici di sera, e domattina devo partire prestissimo per Londra-

-Vuoi goderti lo spettacolo da lontano?- la schernì Daniel.

-Un viaggio d’affari fissato già da tempo, e comunque sarò di ritorno dopodomani. Allora, di che problemi si tratta?-

-Problemi logistici più che altro, ma nulla che non possa essere risolto-

-Ok, attendo tue notizie, ti saluto-

Lasciandosi andare contro lo schienale, Daniel fissò la scena del videogioco nel momento in cui l’aveva messo in pausa. A quel punto, il serial killer aveva legato la giovane a una sedia e si apprestava ad accendere la motosega. Riprendendo in mano il joystick, premette il tasto play e proseguì nel gioco. In breve tempo, della povera ragazza non rimasero altro che brandelli di carne sanguinolenta.

Livello superato, ottimo.

Soddisfatto, si accese un sigaro e andò alla finestra. Peccato per quella partenza inaspettata e di cui era all’oscuro. Se Giada avesse accettato il suo invito, avrebbe fatto di tutto per farsi perdonare la mezza violenza di cui l’aveva fatta oggetto quella stessa mattina. Pur non essendo affatto geloso, sapeva benissimo che non si sarebbe trattato di un viaggio d’affari. Molto più probabilmente, uno dei suoi danarosi amici inglesi aveva fatto un fischio, tutto li. Poco male, aveva tutto il tempo per organizzare l’agguato nei minimi particolari, e avrebbe iniziato proprio in quel momento.



Al risveglio, Rosalia trovò un biglietto sul comodino.

Scusami, amore, ma stamattina ho un altro intervento, ci sentiamo per pranzo, ti amo. G.


Stirandosi le membra, afferrò il cuscino e inspirò a fondo il suo profumo. Chiudendo gli occhi, le parve ancora di rivivere quella notte fantastica. Se a casa di Giorgio tutto era avvenuto in un turbinio di emozioni troppo a lungo trattenute, quella appena vissuta era stata un’esperienza totalmente diversa. Si erano esplorati a vicenda, sussurrandosi parole dolci e scoprendo parti dei loro corpi che ancora non conoscevano. Questa volta non erano caduti esausti, ma si erano addormentati con la consapevolezza di essere un tutt’uno, un’unica anima. Felice come non lo era ormai da molto tempo, scese dal letto e si fiondò sotto la doccia. Mentre l’acqua le scorreva addosso, ripensò al biglietto di Giorgio e le scappò da ridere. Di sicuro si era scordato che, di li a poco, anche lei si sarebbe recata alla clinica a trovare il padre. Forse l’intervento sarebbe durato meno del previsto, avrebbe così avuto modo di rivederlo prima. Fu con quella speranza che, dopo essersi infilata un accappatoio, andò in camera per vestirsi.


Arrivato in clinica, Giorgio fu accolto da Simona, la procace caposala del reparto.

-Buongiorno, dottore. L’ho cercata al telefono almeno cinque volte, ma squillava a vuoto, volevo avvisarla-

Giorgio la guardò stupito, tuttavia prese il cellulare dalla tasca e lo guardò. Una volta a casa di Rosalia l’aveva messo in modalità silenziosa, un’azione esecrabile per un medico, ma non aveva voluto guastare quella serata.

-Avvisarmi di cosa?-

-Il signor Leonardi ha avuto un piccolo malore, stanotte. Credo si sia preso un virus intestinale o qualcosa di simile, e volevo sapere da lei se dovevamo prepararlo per l’intervento o meno-

-L’avete fatto?-

-No. Oltre a forti dolori, accusa anche qualche linea di febbre, ho ritenuto di non farlo-

-Ha agito nel modo giusto, Simona. Rimandiamo l’operazione di una settimana, non è assolutamente un problema. Altre visite?-

-Le avevo annullate tutte appunto per questo-

Giorgio guardò l’orologio.

-D’accordo, vorrà dire che mi prenderò una giornata di vacanza. Mi chiami in caso di bisogno, ho rimesso la suoneria- disse con un sorriso, quindi lasciò la clinica.

Salì in macchina fischiettando, la prospettiva di passare una giornata intera con Rosalia lo elettrizzava. Prima di partire, prese nuovamente il cellulare con l’intenzione di chiamarla, ma poi vi rinunciò. A quell’ora senz’altro stava ancora dormendo, le avrebbe fatto una sorpresa.



Giunto davanti alla villetta di Rosalia, Daniel non si stupì più di tanto dell’assenza della macchina di Giorgio. Era primario nonché proprietario della clinica, logico che si recasse presto sul posto di lavoro. Così com’era improbabile che lei l’avesse seguito, o almeno, lo sperava.

Dopo aver atteso il momento giusto, scavalcò agilmente il basso cancelletto e, in pochi passi, oltrepassò il giardino. Accostò l’orecchio alla porta, tuttavia non riuscì a sentire alcun rumore, forse si trovava ancora a letto. Con questa convinzione, impugnò un sottile ferro a forma di uncino e armeggiò con la serratura, che sembrava più complicata del dovuto. Innervosito, rimise in tasca il ferro con l’intenzione di prenderne un altro ma, all’improvviso, il rumore di un motore lo bloccò sul posto.

Giorgio parcheggiò esattamente nello stesso posto della sera prima, quindi scese e si avviò verso il cancello. Immobile, Daniel non osò neppure respirare. A parte la bassa tettoia che copriva l’ingresso e che dava un po d’ombra, non c’era alcun posto in cui nascondersi. Pensò di uscire allo scoperto e affrontarlo, probabilmente avrebbe avuto la meglio, ma non conosceva bene Giorgio, e almeno fisicamente lo sovrastava.

Non ce ne fu bisogno.

Fermo sulla soglia del cancello, Giorgio si era accorto della sua presenza e gli stava puntando il dito contro.

-Ehi, chi è lei, cosa sta facendo!- urlò mentre, freneticamente, suonava il campanello. Scattando come una molla, Daniel si lanciò su un lato del giardino e si aggrappò al cancello con l’intenzione di scavalcarlo. Giorgio non fu da meno. Correndo radente il basso muretto, lo raggiunse nel momento stesso che l’altro posò i piedi sull’asfalto.

-Bastardo, dove credi di andare!- disse afferrandolo per la giacca.

Il volto trasformato in una maschera d’odio, Daniel mise una mano nel taschino e vuotò l’intero contenuto della boccetta sul viso di Giorgio.

Mollando la presa, quest’ultimo si portò le mani sulle parti ustionate e cadde in ginocchio. Mentre Daniel si dileguava, le urla strazianti del medico riecheggiarono per tutta la via.

 
 
 
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Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

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