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UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

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Nati in una famiglia sbagliata: La nascita.

Post n°999 pubblicato il 12 Maggio 2015 da lascrivana

 

La mia permanenza a villa Campisi, grazie a mia suocera, si rivelò una vera e propria vacanza. Lontana dal caos cittadino e dagli affari loschi del clan, mi crogiolavo in un vero e proprio paradiso. Vivere nel lusso e nell’agiatezza era un’esperienza nuova per me, e anche molto gratificante.

Tutto questo però, non riusciva a togliermi quel senso di apatia e tristezza che, ogni qual volta pensavo alla mia famiglia, mi assaliva.

Nonostante la gravidanza, e gli sforzi di Lucio per riappacificarci, mio padre non aveva mollato di un centimetro nella propria e personale lotta contro le vessazioni mafiose.

Sovente, mi capitava di captare qualche conversazione privata tra Lucio e Carmine. E i loro ragionamenti, piuttosto che rassicurarmi, non facevano altro che aumentare la mia ansia.

-Non ti preoccupare figghio mio. Una volta nato il picciriddo, faremo in modo di sistemare le cose, in un modo o nell'altro-

Ed era l'altro modo che m'incuteva terrore.

Saltuariamente, e per non destare sospetti, l'autista di Lucio veniva in villa a prendermi.

-Un uomo, ha sempre bisogno della propria donna accanto...- era solito ripetere don Carmine.

Con quella scusa, avevo l'opportunità di vedermi con John nella vecchia villa fuori città.

 

 

L’arrivo dell’erede Campisi, era atteso dal nonno paterno con gioia e trepidazione. Nonostante non si conoscesse ancora il sesso, Carmine aveva già predetto che sarebbe stato un maschio.

Personalmente, l’unica cosa che m’importava era che Lucio stesse il più lontano possibile da me e dalla mia famiglia.

L'idea che covasse ancora delle mire su mio fratello, non si erano del tutto placate, tutt'altro.

Quando potevo, scortata dai soliti gorilla e con la complicità di mia suocera Maria, andavo a spiare Carlo all’uscita di scuola. Sino a quel momento però, non avevo notato nulla di strano. Qualche volta ero riuscita persino ad avvicinarlo e a domandargli di mamma e papà. Inizialmente, Carlo sembrava parecchio risentito e restio a rivolgermi la parola. Poi, guardando il mio pancione, si raddolciva e sorrideva.

-Diventerò zio Agnese? Non vedo l’ora che nasca sai? Anche se non potremo stare insieme spesso, purtroppo-

Le sue parole, avevano il potere di ributtarmi di nuovo nell’angoscia. No, non avrei mai permesso che mio fratello varcasse la soglia della villa dei Campisi. Sarebbe stato come spingerlo direttamente nelle fauci del lupo.

 

Il tempo della gravidanza stava ormai volgendo al termine, tutto era pronto per la sua accoglienza. Don Carmine, completamente pazzo di gioia, aveva fatto arredare la cameretta vicino alla mia stanza e l’aveva riempita di balocchi. Mia suocera, con il suo buon gusto, aveva pensato al corredo. Mio figlio sarebbe stato un bambino fortunato. Era atteso come un messia, per un sacco di buone ragioni da parte di tutti.

Dal mio canto, nei momenti di sconforto, avrei voluto tenerlo nel pancione il più a lungo possibile. L’idea di farlo nascere in un simile ambiente mi terrorizzava. Lo avrebbero fatto diventare un gangster come loro, ne più ne meno. L'unica cosa che potevo fare, e che mi ripromisi con tutta me stessa, era solo di fare il possibile per tenerlo lontano da quella vita.

Più volte avevo sognato di scappare, ma l’idea che la mia famiglia sarebbe rimasta sola e in balia delle grinfie dei Campisi, mi smontava subito.

 

E così arrivò anche il giorno della nascita di Carmine Campisi junior. Sarebbe inutile sottolineare l’orgoglio di mio suocero. Era così contento da riempire di fiori la mia camera privata, nella miglior clinica di New Orleans. Per non parlare dei preziosi doni con cui ci riempì. Anche Jhonn venne a trovarmi. Era emozionato ed eccitato come un bambino. Quando prese suo figlio in braccio per la prima volta, non poté fare a meno di trattenere due lacrime di commozione, di gioia e tristezza. La consapevolezza di non poterlo crescere l'avrebbe angustiato per sempre eppure, io non riuscivo a odiarlo per questo.

-Ti prometto che veglierò su di te piccolo mio, a costo della mia stessa vita-.

Dopo avergli sussurrato queste dolci parole, lo depose nuovamente tra le mie braccia e ci avvolse in un abbraccio.

-Voi siete la mia ragione di vita Agnese. Non permetterò ad anima viva di farvi del male, te lo giuro sul mio onore-.

Una promessa che suggellò deponendomi un lungo bacio sulla bocca.

Laura e Danio

 
 
 
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Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

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