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Nati nella famiglia sbagliata: il lusso che conquista
Post n°998 pubblicato il 09 Maggio 2015 da lascrivana
Lucio mi strattonò sino al taxi in malo modo. Una volta in macchina mi puntò il dito contro con fare minaccioso. -Ringrazia il cielo che ora dobbiamo presentarci dai miei genitori, altrimenti ti avrei gonfiato quel bel faccino di schiaffi!- Ricambiai il suo sguardo, non preoccupandomi affatto di nascondere il disprezzo che provavo per lui. Dalla mia bocca, non uscì una sola parola. L’averlo fronteggiato così coraggiosamente, sembrava averlo disorientato. Forse, si era aspettato che tremassi dalla paura, che chiedessi umilmente scusa. Povero stupido, non aveva ancora capito nulla di me! Da parte mia, dovevo solo pazientare. Prima o poi, il momento di ripagarlo sarebbe arrivato, e l'avrei fatto senza pietà. Arrivammo nei quartieri ricchi di New Orleans molto in fretta. La proprietà dei Campisi, situata nella prima periferia, sembrava infinita. Per arrivare alla villa attraversammo un parco immenso, completamente ricoperto di alberi e fiori di ogni forgia e colore. Poco distante dalla tenuta, il Mississipi scorreva placido e silenzioso. Sembrava proprio un piccolo paradiso. La villa poi, fu un'autentica sorpresa. Un gioiello incastonato nel bel mezzo della natura. In altre circostanze, avrei sicuramente pensato che la vita fosse stata oltremodo magnanima con me. Invece ero angosciata, tutto quel lusso avrebbe rappresentato l'antitesi dell'inferno. Una volta scesi dall’automobile, due eleganti camerieri in livrea bianca ci vennero incontro solleciti. Salutandoci con deferenza, ci scortarono sino all'ingresso principale, un grande portone in legno massiccio. Nonostante le apparenze, non mi ero di certo lasciata ingannare. Pur mascherati sotto candide divise, non mi era sfuggita la corporatura massiccia e il rigonfiamento sotto le ascelle. Due guardie del corpo col sorriso stampato sul volto. Ci accolse un maggiordomo in completo gessato scuro, come la sua espressione d'altronde. -Bentornato signore, vi accompagno subito nel salone- disse solenne. -Non preoccuparti Eugenio, conosco benissimo la strada- rispose Lucio ancora incupito. Afferrandomi per il braccio, mi trascinò quasi attraverso l'atrio, una sequela di marmi e carta da parati a righine color oro da stordire il visitatore. Arrivati dinanzi a una porta elegantemente intarsiata, Lucio si fermò fissandomi intensamente. -Ora conoscerai i miei genitori. Stai molto attenta a ciò che dirai e tutto andrà per il meglio. In caso contrario...- Non terminò la frase, il sottinteso era più che evidente. Io non dissi nulla, limitandomi a fissarlo a mia volta. Nonostante la mia ritrosia, una volta entrati rimasi nuovamente stupita. Il salone, enorme, era arredato con oggetti squisiti e di sicuro valore. Le pareti, sui toni dell'azzurro, non facevano altro che risaltare l'ampia vetrata posta proprio al centro. Il fiume, al di la di essa, rifletteva i raggi del sole donando alla stanza un colore particolare.
I genitori di Lucio, l'uno accanto all'altra, ci accolsero con un sorriso raggiante. Don Carmine, in particolare, sembrava davvero compiaciuto della scelta del figlio. -Bene...- esclamò con voce roca. -Non pensavo che Renzo Lucisano tenesse una figlia così carina- La moglie, senza smettere di sorridere, annuì con la testa. Dentro di me, quelle parole risultarono false e ipocrite. Con quel matrimonio, Carmine Campisi pensava di poter placare i fuochi di mio padre. Il tutto, per non inimicarsi mio zio Michele, uomo fidato e devoto. Dopo le presentazioni, Eugenio ci accompagnò nella parte est della casa, dove si trovava la nostra camera matrimoniale. Il pensiero di essere costretta a dividere le stesse cose con lui, m’inorridiva. Non l'avrei permesso, anche a costo di fuggire da quella reggia. Ma non fu necessario. Lucio stesso, una volta davanti alla camera, si scostò per lasciarmi entrare. -Non preoccuparti...- disse con un sorriso di scherno -Mi sono inventato che, come tutte le donne in stato interessante, soffri di nausee continue e dormi poco. Rischiando così di non far dormire pure me!- Tirai un sospiro di sollievo. -Così ho detto ai miei genitori che dormirò nella mia vecchia stanza, soddisfatta?- Non mi degnai nemmeno di rispondere. Voltandogli le spalle, entrai nella camera con l'intenzione di riposarmi. Ma non trascorse molto tempo. Dopo circa un'ora infatti, Lucio si presentò nuovamente. -Mi devo assentare per qualche giorno, affari...- disse andando subito al sodo. -Ti raccomando, fai la brava con i miei genitori mentre sarò via, altrimenti…- La sua assenza, non poté farmi che bene. Le mie giornate trascorrevano lente e tranquille. Alternavo lunghe passeggiate nel parco, alle sortite in città con mia suocera. Maria era una donna fine ed elegante, oltre che molto bella. Come avesse potuto sposare quel rozzo di Carmine, restava un mistero per me, almeno all'inizio. Poi, visitando i numerosi negozi, la spiegazione venne da se. Maria adorava il lusso. Amava circondarsi di cose belle e preziose, che solo i soldi potevano dare. Sempre scortate dai gorilla di Campisi, in breve tempo il mio guardaroba si riempì di abiti costosi e firmati. Dal parrucchiere poi, elaborava complicate pettinature e i migliori trucchi per me. Ero la sua bambola, il suo giocattolo o, forse, la figlia che non aveva mai avuto. Poi, dopo qualche giorno, la cadillac nera di Lucio si fermò davanti all'ingresso. Ebbi un tuffo al cuore quando la vidi dalla finestra. Inaspettatamente però, ne scese solo l'autista, un tipaccio poco raccomandabile. Presentandosi davanti a don Carmine, gli riferì che Lucio, trattenuto oltre il previsto, sentiva nostalgia di me. Avrebbe dovuto portarmi da lui. L'idea di rivederlo non mi garbava per nulla, e lo feci chiaramente capire ai Campisi. Alzando un braccio però, don Carmine interruppe le mie pur timide proteste. -E' tuo marito Agnese, devi obbedire. Quindi, prepara le tue cose e vai- Anche se pronunciò la frase con voce pacata, si trattò di un vero e proprio ordine. Una volta in macchina, cercai di carpire qualche informazione all'autista. Ma l'uomo, ignorando il fatto che mi desse fastidio, continuò a fumare il suo dannato sigaro puzzolente senza fornirmi risposte. Dopo circa un paio d'ore, arrivammo a una villa isolata nel bel mezzo della campagna. Il posto, seppur idilliaco, aveva qualcosa di tetro. Brividi mi percorsero tutto il corpo mentre, lentamente, l'automobile si fermava davanti all'ingresso. -Qualcuno la sta aspettando donna Agnese. Vada pure, alla valigia penso io, non si preoccupi- disse finalmente. La porta d'ingresso era socchiusa, notai. Spingendola con cautela, mi ritrovai in un atrio non dissimile da quello di villa Campisi. -Ciao amore...- Sobbalzai spaventata. John, comodamente seduto su un divano dall'aspetto prezioso, si alzò e mi venne incontro, le braccia spalancate. Non ebbi il tempo di dire alcunché. Serrandomi le spalle con le braccia robuste, mi spinse contro la parete ricoprendomi di baci. -Quanto mi sei mancata Agnese, non avrei resistito nemmeno un minuto di più lontano da te!- Si allontanò un poco per rimirarmi. -Quando ti ho visto scendere dalla macchina, ho faticato a riconoscerti. Così elegante, e con questo bellissimo taglio di capelli, non riuscivo a credere che questa bella donna fosse solo mia. Nonostante la crudeltà del mio baratto, non sono per nulla pentito. Lo rifarei mille volte-. Bastò questa frase a rigettarmi nel baratro. -Io penso che tu lo abbia già rifatto- dissi titubante -Perdonami amore, ho dovuto. E l'ho fatto sopratutto per tuo fratello, sai quanto lo brami Lucio- Spingendolo in malo modo di lato, mi allontanai da lui come una furia. -Quanti altri innocenti dovranno ancora pagare per il nostro riscatto?- Mi resi conto di aver alzato troppo il tono della voce. La felicità di rivederlo, non doveva intromettersi nei miei piani di vendetta.
Cercai di calmarmi, spostando la mia attenzione su altro. -E come hai convinto Lucio a mandarmi a prendere?- Avvicinandosi nuovamente, mi afferrò per la nuca. Stavolta non mi ritrassi. -Gli ho detto che magari, il nostro tentativo di avere un figlio poteva essere fallito. E che dovevo riprovarci se non voleva mandare tutto a monte- Le sue mani, nel frattempo, avevano iniziato a scendere. Con dolcezza, mi spinse sul divano e cominciò a baciarmi sul collo, sui seni. Un fremito mi avvolse. Avvertivo la sua voglia, dura come un macigno, premere contro il mio ventre. Le mie mani si mossero da sole. Liberandolo dalla prigione, afferrai il suo membro e l'aiutai a cercare la strada. Quando mi penetrò, chiusi gli occhi e mugolai di piacere. Ero di nuovo la donna più felice del mondo. Danio e Laura
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Inviato da: tanmik
il 29/02/2024 alle 05:50
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