ilgiardino dellavita

8Marzo 2015


Avrebbero potuto chiamarmi Speranza.  Avrebbero potuto chiamare Speranza tutte le bambine nate negli anni del dopo guerra. Gli anni della rinascita difficile e magnifica, delle donne a cantare di nuovo sotto gli ulivi, della fatica di crescere i figli, di non cedere sotto il peso del passato, di rialzarsi e muovere la propria vita al passo col  vento nuovo. Quegli anni così me li raccontano.  Il  primo televisore, il  primo frigorifero, il  giovanotto sulla lambretta a rubarci il cuore, l’educazione severa, l’amicizia, le tavolate, il fidanzato ufficiale, i confetti bianchi. E la Speranza sempre, nel vento della vita. Quegli anni così me li ricordo.  Le mie mani, nel cuore silenzioso della notte  e  mille fili a ornare letti e tavole di spose. Gli occhi bruciano, distese di fiori prendono forma e colore. Fuori, il mondo è  cambiato. Da molto, ormai.  La  fine dei valori, la fine dell’innocenza dei sentimenti. Il presente è un bosco intricato, il futuro una nebulosa indistinta. La vita è una lama affilata. Questi anni così sono.
Mi chiamo Rita. Potrei ancora chiamarmi Speranza