Creato da: psicologiaforense il 14/01/2006
finchè vita non vi separi
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 791
 

Archivio messaggi

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

Contatta l'autore

Nickname: psicologiaforense
Se copi, violi le regole della Community Sesso: F
Età: 62
Prov: PD
 

umorismo e satira

 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 

Archivio messaggi

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 791
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

 

 
« FRANCO BASAGLIA, CHIUSUR...BIMBA DI SETTE ANNI REGI... »

IL COMMENTO TECNICO: FRANCO BASAGLIA,PSICHIATRIA DELL'ANIMA, MANICOMI, LEGGE180/78,PSICIATRIA E ANTIPSICHIATRIA

Post n°3692 pubblicato il 06 Febbraio 2010 da psicologiaforense

IL COMMENTO TECNICO

(segue dal precedente post, vedi)

MATTI DA SLEGARE:
L'uomo che restituì la parola ai matti.

FRANCO BASAGLIA ha fatto una straordinaria rivoluzione perchè ha messo nella storia della psichiatria e della medicina la persona umana nella sua totalità al centro del processo di cura: non la tecnica, non la malattia non la normalità, ma la persona. Un contributo non solo all'umanizzazione di quelli che si chiamavano gli alienati, ma alla scienza e alla cultura. Come tutte le rivoluzioni, è anche gravida di contraddizioni, perchè i manicomi, e la psichiatria della separatezza, erano una terribile istituzione totale, che escludeva e nascondeva quella quota di dolore che la società fa fatica a tollerare dentro di sè. Eliminare questo trombo occlusivo nella circolazione dell'uomo e della vita è costato anche molto: alle famiglie, ai malati, alla società. Dopo quasi un trentennio, possiamo dire che ne valeva la pena.
Primo: sono nate forme di assistenza residenziale, con dimensioni microcomunitarie, che consentono di dare una casa e un'accoglienza, a chi spesso non ha la possibilità di vivere nella condizione, isolata e pseudoautonoma, dei cosiddetti sani. Secondo: è cresciuta la capacità di recuperare alla dignità, al lavoro e al pieno godimento della cittadinanza migliaia di pazienti che sarebbero stati condannati, nella gheenna del manicomio, all'espulsione e alla marginalità.
Terzo: anche la scienza psichiatrica, sul versante psicologico e biologico, è progredita collegandosi all'area forte delle neuroscienze da un lato e al pensiero psicodinamico e psicoanalitico dall'altro.
Infine, la vera novità, già annunciata da BASAGLIA che pure era un laico, sarà la psichiatria dell'anima. Una dimensione che sappia vedere nel mistero dell'incontro con l'altro, incomprensibile, scandaloso, o faticoso, l'orizzonte di un incontro possibile con il Mistero.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Commenti al Post:
luigiarusso
luigiarusso il 06/02/10 alle 19:56 via WEB
« Dal momento in cui oltrepassa il muro dell'internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale ([...]); viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. Se la malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell'individualità, della libertà, nel manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell'internamento. L'assenza di ogni progetto, la perdita del futuro, l'essere costantemente in balia degli altri senza la minima spinta personale, l'aver scandita e organizzata la propria giornata su tempi dettati solo da esigenze organizzative che – proprio in quanto tali – non possono tenere conto del singolo individuo e delle particolari circostanze di ognuno: questo è lo schema istituzionalizzante su cui si articola la vita dell'asilo » (Franco Basaglia, 1964)
(Rispondi)
 
 
mdardani
mdardani il 06/02/10 alle 19:59 via WEB
Secondo di tre figli, trascorre un'adolescenza tranquilla e agiata. Dopo aver conseguito la maturità classica, nel 1949 si laurea in medicina e chirurgia all'Università di Padova, In questo periodo si dedica ai classici dell'esistenzialismo: Sartre, Maurice Merleau-Ponty, Husserl e Heidegger. Nel 1953 si specializza in Malattie nervose e mentali presso la clinica neuropsichiatria di Padova. Lo stesso anno sposa Franca Ongaro, che gli darà due figli, sarà coautrice col marito di alcune opere sulla psichiatria e entrerà in Parlamento per Sinistra Indipendente. Nel 1958 Basaglia ottiene la libera docenza in psichiatria. Per le sue idee innovative e rivoluzionarie non viene bene accolto in ambito accademico, cosicché nel 1961 decide di rinunciare alla carriera universitaria e di trasferirsi a Gorizia per dirigere l'ospedale psichiatrico della città. Si tratta di un esilio professionale dovuto soprattutto alle scelte politiche e scientifiche. L'impatto con la realtà del manicomio è durissimo. Teoricamente si avvicina alle correnti psichiatriche di ispirazione fenomenologica ed esistenziale (Karl Jaspers, Minkowski, Ludwig Binswanger), ma anche a Michel Foucault e Erving Goffman per la critica all'istituzione psichiatrica. A Gorizia, dopo alcuni soggiorni all'estero (visita alla comunità terapeutica di Maxwell Jones), avvia nel 1962, insieme ad Antonio Slavich, la prima esperienza anti-istituzionale nell'ambito della cura dei malati di mente. In particolare, egli tentò di trasferire il modello della comunità terapeutica all'interno dell'ospedale e inizia una vera e propria rivoluzione. Si eliminano tutti i tipi di contenzione fisica e le terapie elettroconvulsivanti (elettroshock), vengono aperti i cancelli dei reparti. Non più solo terapie farmacologiche, ma anche rapporti umani rinnovati con il personale. I pazienti devono essere trattati come uomini, persone in crisi. Fu l'inizio di una riflessione sociopolitica sulla trasformazione dell'ospedale psichiatrico e di ulteriori esperienze di rinnovamento nel trattamento della follia, alternative anche alla esperienza di Gorizia.
(Rispondi)
 
 
estinette
estinette il 06/02/10 alle 21:43 via WEB
mi pare plausibile
(Rispondi)
 
luigiarusso
luigiarusso il 06/02/10 alle 19:56 via WEB
Franco Basaglia (Venezia, 11 marzo 1924 – Venezia, 29 agosto 1980) è stato uno psichiatra italiano, rappresentante della psichiatria italiana del Novecento. A lui si deve l'introduzione in Italia della "legge 180/78", dal suo nome chiamata anche Legge Basaglia, che introdusse una importante revisione ordinamentale sui manicomi e promosse notevoli trasformazioni nei trattamenti psichiatrici sul territorio.
(Rispondi)
 
 
mdardani
mdardani il 06/02/10 alle 19:59 via WEB
Nel 1967 cura il volume Che cos'è la psichiatria?, nel 1968 pubblica L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, dove racconta al grande pubblico l'esperienza dell'ospedale psichiatrico di Gorizia. L'opera si rivela un grande successo editoriale. Nel 1969 lascia Gorizia e, dopo due anni a Parma dove dirige l'ospedale di Colorno, nell'agosto del 1971, diviene direttore del manicomio di Trieste. Basaglia istituisce subito, all'interno dell'ospedale psichiatrico, laboratori di pittura e di teatro. Nasce anche una cooperativa di lavoro per i pazienti, che così cominciano a svolgere lavori riconosciuti e retribuiti. Ma ormai sente il bisogno di andare oltre la trasformazione della vita all'interno dell'ospedale psichiatrico: il manicomio per lui va chiuso ed al suo posto va costruita una rete di servizi esterni, per provvedere all'assistenza della persone affette da disturbi mentali. La psichiatria, che non ha compreso i sintomi della malattia mentale, deve cessare di giocare un ruolo nel processo di esclusione del "malato mentale", voluto da un sistema ideologico convinto di poter negare e annullare le proprie contraddizioni allontanandole da sé ed emarginandole. Nel 1973 Trieste viene designata "zona pilota" per l'Italia nella ricerca dell'OMS sui servizi di salute mentale. Nello stesso anno Basaglia fonda il movimento Psichiatria Democratica favorendo la diffusione in Italia dell'antipsichiatria, una corrente di pensiero sorta in Inghilterra nel quadro della contestazione e dei fermenti rivoluzionari del 1968 ad opera principalmente di David Cooper.[1] Nel 1971 sottoscrive l'appello pubblicato sul settimanale L'Espresso contro il commissario Luigi Calabresi. Nel gennaio 1977 viene annunciata la chiusura del manicomio "San Giovanni" di Trieste entro l'anno. L'anno successivo, il 13 maggio 1978, in Parlamento viene approvata la legge 180 di riforma psichiatrica. Nel 1979 Basaglia parte per il Brasile, dove attraverso una serie di seminari raccolti successivamente nel volume Conferenze brasiliane, testimonia la propria esperienza. Nel novembre del 1979 lascia la direzione di Trieste e si trasferisce a Roma, dove assume l'incarico di coordinatore dei servizi psichiatrici della Regione Lazio.
(Rispondi)
 
luigiarusso
luigiarusso il 06/02/10 alle 19:57 via WEB
strepitosamente bello questo commento!
(Rispondi)
 
 
mdardani
mdardani il 06/02/10 alle 20:00 via WEB
Nella primavera del 1980 si manifestano i primi sintomi di un tumore al cervello che in pochi mesi lo porterà alla morte, avvenuta il 29 agosto 1980, nella sua casa di Venezia. A distanza di 30 anni, benché sia stata più volte oggetto di discussione e di tentativi di revisione, la legge 180 è ancora la legge quadro che regola l'assistenza psichiatrica in Italia
(Rispondi)
 
 
 
deontologiaetica
deontologiaetica il 06/02/10 alle 20:10 via WEB
Gli anni 70: la pressione per chiudere il manicomio In Italia le precarie condizioni dei malati mentali vengono denunciate a più riprese negli anni '70, sulla scia delle proteste anticonformiste del 1968. Queste denunce, supportate da fatti reali e condizioni invivibili da parte dei pazienti, sono note come la febbre da cancello ovvero nella quale chi si battè giustamente contro il manicomio non tenne proprio conto di quanto sarebbe potuto accadere dopo la chiusura dell'istituzione manicomiale. In quel periodo l'unica cosa che contava realmente era quella di chiudere la struttura indesiderata, cancellare gli orrori, trasferire tutti i pazienti sul territorio per poi attuare le strutture senza purtroppo delinearle. L'Antipsichiatria e Basaglia Il movimento in prima linea per la chiusura dei manicomi era quello dell'antipsichiatria, come si apprende dal nome, movimento contrapposto per idee, soluzioni e spiegazioni della malattia mentale diametralmente contrapposto alla psichiatria tradizionale. Le idee dell'antipsichiatria sono ben note e sono state esposte in una lunga intervista a Franco Basaglia in un libro del 1978, intitolato "Psichiatria e Antipsichiatria". Il testo si fa quasi interamente alle teorie di tre antipsichiatri anglosassoni: Laing, Esterson e Cooper che peraltro nelle loro nazioni d'origine non hanno trovato tanto fermento e seguito alle loro teorie.
(Rispondi)
 
 
 
 
estinette
estinette il 06/02/10 alle 21:43 via WEB
è ragionevole
(Rispondi)
 
ferrarazzo
ferrarazzo il 06/02/10 alle 20:03 via WEB
Un uomo Basaglia, in primis, umano comprensivo, e poi psichiatra con tante qualità!...peccato che la follia umana non sia etichettabile,controllabile, incanalabile ...lo sanno bene sia gli psichiatri quanto gli psicologi di oggi..la mente è un REBUS! E che Basaglia fosse un grande utopista è palese...Gli si deve molto, senza dubbio, in merito alle condizione dei pazienti...ma quante persone sane di mente sono state "soppresse" da figli che non hanno avuto la casa accoglienza e che hanno perseguitato i genitori nella forzata coabitazione, sino allo sfinimento od alla morte, non volendo assumere le sostanze di controllo? Ho visto con i miei occhi, e non per sentito dire, cosa accade quando un paziente non vuole curarsi scatenando la patologia...la follia si può parzialmente curare ma non del tutto tenere a bada, anche perchè i dati recenti riscontrano che alcuni psicofarmaci controllano dei disturbi ma ne palesano altri, di differenti patologie che vanno poi a concorrere e a sommarsi nell'ambito della psicosi di prima diagnosi....Ne sono dispiaciuta e profondamente, ma questa è la realtà che ci piaccia o meno.
(Rispondi)
 
 
deontologiaetica
deontologiaetica il 06/02/10 alle 20:12 via WEB
hai ragione
(Rispondi)
 
 
 
servoarbitrio
servoarbitrio il 06/02/10 alle 20:18 via WEB
mancano le strutture alternative al manicomio
(Rispondi)
 
deontologiaetica
deontologiaetica il 06/02/10 alle 20:11 via WEB
famiglia è il crogiolo della schizofrenia Tra le teorie più deleterie circolate in quel periodo e in tempi successivi, si potrebbe dire fino ai giorni nostri, c'è quella del double-bind: si sostiene in pratica che la famiglia, il genitore in pratica, causa l'incapacità di comunicare con il disturbato, sia la causa determinante della schizofrenia. Questa teoria, unitamente ad altre più tardi sconfessate e ripudiate dalla comunità mondiale, ha autorizzato i nuovi operatori dei Centri a fornire le cosiddette non-risposte sulla salute mentale. Per molti anni e ancor oggi registriamo le mancate diagnosi, scambiate erroneamente per etichettatura della persona, negazione della malattia, estremizzazione delle posizioni, vanto di poter curare senza uso dei farmaci, abuso degli stessi, mancate informazioni ai familiari. Usiamo il termine nuovi operatori perchè la rivoluzione antipsichiatrica, come ogni rivoluzione vuole, ha creato nuovi posti e professionalità nell'ambito di un settore che è stato ceduto di fatto ai seguaci dell'antipsichiatria. Le causa e soluzioni della malattia mentale sono state estremizzate; il problema ma è stato socializzato, ridotto ad un disturbo di relazione tra i componenti della famiglia o a una sorte di repressione da parte del sistema capitalista; persino le diagnosi non sono state più fatte. Non è difficile cercare in internet siti sull'antipsichiatria dove alcune persone sostengono tutt'oggi queste idee anacronistiche e superate; idee che comunque continuano a danneggiare pazienti e famiglie.
(Rispondi)
 
servoarbitrio
servoarbitrio il 06/02/10 alle 20:19 via WEB
TUTTO VERO!
(Rispondi)
 
 
estinette
estinette il 06/02/10 alle 21:44 via WEB
sì, legge ottima, applicazione pessima
(Rispondi)
 
servoarbitrio
servoarbitrio il 06/02/10 alle 20:21 via WEB
«La legge Basaglia? Non regge più» Svuotati i manicomi, il peso è finito sulle famiglie
(Rispondi)
 
 
estinette
estinette il 06/02/10 alle 21:47 via WEB
Dietro l’iniziativa "Premio Basaglia" si cela (si fa per dire, dal momento che non è poi così camuffato) uno stigma, oserei dire lo Stigma per eccellenza di molta parte della sinistra italiana. Quella che si sente per diritto "di nascita" sola e unica detentrice di qualsivoglia forma di cultura, al punto da auto-proclamarsi come sola entità in grado e diritto di decidere cosa sia cultura e cosa non lo sia. Se a questo multidecennale aspetto di spocchiosa presunzione si somma la malafede, l'odio incondizionato verso il nemico politico-culturale (vedi la situazione della salute Mentale cagliaritana schiacciata da un manipolo di ignoranti imbevuti di ideologia e demagogia), la risposta vien da sè: ancora una volta i "triestini" e l'unico tra i sindacati incondizionatamente asserviti alla sinistra, contro gli interessi del lavoratore, ovvero la CGIL, si organizzano una ennesima manifestazione di auto-sponsorizzazione inventandosi dei premi da scambiarsi vicendevolmente nella misera cerchia degli "intimi" filo-basagliani all'interno della quale da un lato si compiaceranno e si imbroderanno delle solite quattro chiacchiere imparate a memoria, e dall'altro continueranno ad accumulare "punti-visibilità" da utilizzare come credenziali nelle future terre "di conquista" psichiatrica che andranno a bruciare e devastare in nome della strenue difesa del "povero" paziente psichiatrico, mentre si riempiranno le tasche di danaro pubblico tolto dalle tasche dei pazienti e dei loro familiari per ficcarseli velocemente nelle proprie. Perchè un premio Basaglia? Se dovessimo elencare le sofferenze atroci, le tragedie, le morti e la desolazione che l'applicazione forzata e precoce di una Legge con le vili finalità demagogico-politiche della sinistra della "marcia verso le istituzioni" volle applicare a tutti i costi, senza rispettare i fisiologici e rispettosi tempi di "trapasso", ha implicato per i pazienti psichiatrici, dovremmo sotterrarci per la vergogna: i pazienti sono stati nuovamente sradicati dai manicomi che erano si anche dei luoghi di abuso, ma erano pure diventati inevitabilmente la loro nuova "struttura" familiare dopo le molte deportazioni dalle famiglie d'origine. Averli cacciati dai manicomi per sbatterli in strutture inadeguate o in mezzo alla strada, li ha sottoposti a nuovi sradicamenti e a nuovi abusi oltre che innumerevoli violenze e impressionanti picchi di suicidio. Buona parte delle persone candidate a questo tragicomico premio sono il peggior nemico che i pazienti psichiatrici abbiano mai avuto da 30 anni a questa parte: politicanti ignoranti e arrivisti che manipolano persone realmente svantaggiate per lucrarci sopra vantaggi di successo personale, politico ed economico. Le stesse persone che svettano indisturbate, col Friuli al 1° incontrastato posto, nelle hit-parade dei suicidi nazionali. Neppure a sforzarcisi si riesce a immaginare niente di più rivoltante.
(Rispondi)
 
servoarbitrio
servoarbitrio il 06/02/10 alle 20:21 via WEB
—«Va pregiudizialmente affermato che non vanno cambiati i due fondamenti della legge: il riconoscimento dei diritti di cittadinanza alle persone gravate da disturbo psichico e il rifiuto del manicomio quale "cura" della malattia mentale. Nei confronti di persone sofferenti non vanno mai ammesse l’esclusione, la segregazione e la violenza, che ogni manicomio produce di per sé anche se non pratica l’elettrochoc o la lobotomia. Ciò che si è fatto a Trieste è in realtà molto semplice, anche se non è stato facile: si è dimostrato concretamente—inmaniera pragmatica e non ideologica —che con un uso non assolutizzante delle tecniche disponibili (farmacologiche, psicologiche), con interventi di sostegno sociale sul lavoro e sulla comunità di appartenenza dei soggetti deboli e a rischio, con servizi territoriali a costo sostenibile aperti 24 ore su 24, si possono prevenire e comunque ridurre le crisi e si può curare il malato. La legge 180 può e deve essere corretta perché ancora oggi ci sono varie zone, anche nelle regioni giudicate tra le più avanzate in materia sanitaria, dove non ci sono servizi accessibili di giorno e di notte, come se la crisi ovvero il disagio psichico dovesse rispettare un orario di apertura. C’è il pericolo che si vogliano aprire nuovi servizi segreganti, anche privati, che ridarebbero a qualcuno, come in passato, la possibilità di lucrare alle spalle delle famiglie, che nella condivisione della sofferenza dei loro cari meritano rispetto e sostegno, mai però a prezzo della libertà e della dignità del malato».
(Rispondi)
 
estinette
estinette il 06/02/10 alle 21:55 via WEB
Malati psichici, dramma infinito
(Rispondi)
 
 
agostino88
agostino88 il 06/02/10 alle 22:54 via WEB
basaglia era un genio della psichiatria
(Rispondi)
 
estinette
estinette il 06/02/10 alle 21:56 via WEB
VIVERE CON UN PAZZO. Ci sono situazioni in cui la medicina, i servizi sociali, le istituzioni possono aiutare, ma non risolvere problemi di salute, drammi umani e familiari. Spesso sono drammi dimenticati, vissuti con dignità ma con angoscia e solitudine da chi ne è protagonista. Poi arriva un giorno in cui la situazione diventa insopportabile, insostenibile e allora si sente il bisogno di aprirsi, di dare una testimonianza che aiuti altre persone ad uscire dal cono d'ombra, mettendo in faccia alle istituzioni anche i suoi fallimenti e le sue molte contraddizioni.
(Rispondi)
 
scoglioisolato
scoglioisolato il 07/02/10 alle 02:36 via WEB
« La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d'essere » (Franco Basaglia)
(Rispondi)
 
scoglioisolato
scoglioisolato il 07/02/10 alle 02:46 via WEB
“Non esiste il disastro italiano di cui talvolta si sente parlare – dice Peppe Dell’Acqua, direttore del dipartimento di salute mentale di Trieste - Pensiamo solo alla zona di Aversa: il fatto che nella patria dei casalesi ci siano 5 centri di salute mentale aperti 24 ore al giorno per 7 giorni la settimana fa riflettere”. Tutti i protagonisti di queste esperienze, italiane e straniere, saranno a Trieste dal 9 al 13 febbraio in occasione dell’incontro “Che cos’è salute mentale?”. Un incontro fortemente voluto da Peppe Dell’Acqua: “Usciamo da un periodo difficile, i segnali che arrivano sono quelli di un ritorno della psichiatria della sicurezza, della medicalizzazione forte”. Anche Franco Rotelli avverte questo clima: “In Francia Sarkozy ha detto recentemente che, oltre a sviluppare i servizi territoriali, bisogna qualificare gli ospedali psichiatrici. E’ l’esempio del vento che sta girando in Europa, un vento in cui si accentua l’aspetto sicurezza. Il paziente è considerato persona da tenere d’occhio perché rischiosa e quindi crescono i sistemi di controllo” . A fronte di questo, esiste un mondo vastissimo di operatori, cooperatori, familiari, pazienti che dicono cose diverse. E’ questo mondo che l’incontro di Trieste vuole mettere insieme. Cristiana Pulcinelli)
(Rispondi)
 
scoglioisolato
scoglioisolato il 07/02/10 alle 03:06 via WEB
(( Ma c’è dell’altro. L’incontro triestino vuole essere anche la risposta a un paradigma che oggi sembra vincente: secondo questo paradigma, dice Rotelli, “la mente è il cervello e la malattia mentale è qualcosa che non funziona nel cervello. Qualcosa che i farmaci rimetteranno a posto”. “Un paradigma vecchio – prosegue Dell’Acqua – che si ammanta di nuove parole come neuroimaging, ma che dietro ha strutture territoriali misere e psichiatri ridotti a prescrittori di farmaci”. A questo “sé” neurochimico si contrappone un “sé” che si costruisce attraverso le relazioni tra le persone. Quello di cui si parlerà a Trieste nei prossimi giorni. L’incontro che si svolgerà dal 9 al 13 febbraio nell’ex ospedale psichiatrico di San Giovanni dove lavorò Franco Basaglia, morto trent’anni fa. Centinaia di operatori della salute mentale, dell’economia sociale, dell’associazionismo, ricercatori, persone con esperienza di disturbo mentale e familiari provenienti da 40 paesi metteranno a confronto le proprie esperienze. Dibattiti, proiezioni e spettacoli si alterneranno. E’ prevista la presenza di studiosi internazionali, come il sociologo inglese Nikolas Rose, autore di “La politica della vita”, e il sociologo francese Robert Castel. Nell' ex sede della direzione del manicomio saranno in mostra gli archivi Oltre il Giardino, più di cinquemila foto e cinquanta ore di riprese dal 1964 a oggi. E verrà proiettata la fiction di Raiuno “C' era una volta la città dei matti”, dedicata alla vita di Basaglia, alla presenza del regista Marco Turco e del protagonista Fabrizio Gifuni.)) Cristiana Pulcinelli
(Rispondi)
 
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963