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CALENDARIO DELL'AVVENTO di Teresa Ramaioli

Post n°16888 pubblicato il 12 Dicembre 2014 da dinobarili
 

CALENDARIO DELL'AVVENTO

di Teresa Ramaioli

iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 11/12/14 alle 17:51 via WEB
CALENDARIO DELL’AVVENTO--- VENERDI 12 DICEMBRE---GLI ZOCCOLI---Questa leggenda risale ai tempi in cui i Barbari invasero la Gallia devastandola. Il mondo gallo-romano stava crollando ed i contadini fuggivano all'incalzare delle orde di Attila e di Genserico. Fra i contadini in fuga c'erano anche San Crispino e San Crispiniano. La notte di Natale, tremanti di freddo e di fame, essi bussarono alla porta di una misera casupola di Crespy en Valois. Comparve una donna in lacrime, con voce rotta dai singhiozzi narrò che pochi giorni prima, suo marito era stato ucciso dai Vandali. Ora le rimaneva solo un bambino di due anni che piangeva in una culla. "Ha fame. Ci hanno portato via tutto e abbiamo tanto freddo; per l'ultima fiammata ho bruciato persino gli zoccoletti del mio piccino. I due santi, commossi, andarono ad abbattere un albero nel bosco vicino e svelti svelti intagliarono due rozzi sandaletti che posarono davanti al focolare spento. Poi si inginocchiarono in preghiera. Ed ecco che miracolosamente i trucioli che avevano gettato nel camino si misero a danzare e a brillare. Non erano più trucioli di legno, ma pepite d'oro. E così Crispino e Crispiniano furono proclamati patroni dei calzolai. Gli zoccoli di legno da allora vennero considerati un simbolo natalizio; ogni anno, colmi di dolci o semplicemente decorati a vivaci colori, ornano le case o si regalano. Ciao Teresa Ramaioli

 

 

 

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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 12/12/14 alle 17:12 via WEB
CALENDARIO DELL’AVVENTO---SABATO 13 DICEMBRE ---LA FAVOLA DI NATALE di GIOVANNINO GUARESCHI---C’era una volta un prigioniero. No: c’era una volta un bambino. Meglio ancora: c’era una volta una Poesia. Anzi, facciamo così: C’era una volta un bambino che aveva il papà prigioniero. E la Poesia? – direte voi – cosa c’entra? La Poesia c’entra perché il bambino l’aveva imparata a memoria per recitarla al suo papà, la sera di Natale. Ma, il papà del bambino era prigioniero in un paese lontano lontano. Un paese curioso, dove l’estate durava soltanto un giorno e, spesso, anche quel giorno pioveva o nevicava. Un paese straordinario, dove tutto si tirava fuori dal carbone: lo zucchero, il burro, la benzina, la gomma. Un paese senza l’uguale, dove tutto quello che è necessario all’esistenza era calcolato con così mirabile esattezza in milligrammi, calorie, erg e ampère, che bastava sbagliare un’addizione – durante il pasto – per rimanerci morti stecchiti di fame”. Alla sera della Vigilia il bambino continuava a fissare una sedia vuota: quando i papà non ci sono il Natale non è più né felice né spensierato. Allora Albertino, così si chiamava, recitò la sua poesia: “Din don dan la campanella questa notte suonerà e una grande, argentea stella su nel ciel s’accenderà”. Alla fine la finestra si spalancò e la Poesia, trasformata in un uccellino, volò via. “Dove vuoi che ti porti?” domandò il Vento.”Portami nel Paese dove è adesso il papà del mio bambino”, disse la Poesia. “Stai fresca!” rispose il Vento, “Perché prendano anche me e mi mandino al lavoro obbligatorio a far girare le pale dei loro mulini a vento! Niente da fare: scendi! “Ma la Poesia tanto pregò che il Vento acconsentì a portarla almeno alla frontiera. “Faceva tanto freddo che la povera poesiola aveva tutte le rime gelate e non riusciva neppure a spiccare il volo. ”Dove vai?” le chiese un vecchio il quale, con uno stoppino legato in cima a una pertica, cercava invano d’accendere qualche stellina nel cielo nero. “Al campo di concentramento”, rispose la Poesia senza fermarsi.“Ohimè”, sospirò il vecchio, “internano anche la Poesia, adesso?”. Alla fine il coraggio e l’amore di Albertino gli faranno riabbracciare il suo adorato papà. Giovannino Guareschi scrisse “La favola di Natale” a Sandbostel, nel campo dove era internato. Arturo Coppola, compagno di prigionia dello scrittore, musicò la fiaba e diresse l’orchestra e il coro degli internati per una rappresentazione che si svolse in una baracca del campo la sera di Natale del 1944: “Per l’umidità i violini si scollavano, perdevano il manico”, scrisse dopo la guerra Guareschi. “Le voci faticavano a uscire da quella fame vestita di stracci e di freddo”. Eppure la fiaba di Albertino restituì un sorriso ai prigionieri. E speriamo anche ai nostri lettori. Che sotto l’albero ci sia un po’ di speranza: Buon Natale. Ciao Teresa Ramaioli
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iltuonoilgrillo
iltuonoilgrillo il 12/12/14 alle 17:14 via WEB
SANTA LUCIA---Il Natale è collegato a Babbo Natale ed alle sue imprese per portare i regali ai bambini. In tanti paesi del nord Europa è invece Santa Lucia a fare le veci di Babbo Natale. Il giorno in cui si festeggia Santa Lucia è il 13 dicembre e sono legate a lei tradizioni e leggende. Siamo nel IV secolo, in Sicilia, a Siracusa. Lucia è una giovane donna , fidanzata ad un concittadino e destinata ad un futuro di moglie e madre. La mamma si ammala e Lucia si reca in preghiera a Catania, sulla tomba di Sant'Agata, per invocarne la guarigione. La Santa le appare e le chiede di dedicare la sua giovane vita all'aiuto dei più poveri e deboli, predicendole il martirio. Lucia torna a Siracusa e trova la mamma guarita. Rompe il fidanzamento, e decide di andare tra i poveri che stanno nelle catacombe, con una lampada alla testa, e di donare loro tutta la sua dote. Il fidanzato decide di vendicarsi, accusandola di essere cristiana. Sono anni di persecuzione dei cristiani, sotto l'imperatore Diocleziano. Lucia ammette la sua fede, anche sotto tortura, affermando che la sua forza viene non dal corpo, ma dallo spirito. L'esile corpo da ragazzina assume una forza miracolosa e né uomini, né buoi, né il fuoco, né la pece bollente riescono a smuoverla. Lucia viene così condannata a morte. Prima di morire riceve l'Eucaristia e predice a Diocleziano la sua prossima morte e la fine delle persecuzioni entro breve. Ciao Teresa Ramaioli
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