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La non primavera

Post n°803 pubblicato il 04 Marzo 2015 da mullerina
 
Tag: Caos

Scrivo poco, un post al mese direi che è estremamente sotto i miei standard. E non che non avrei da scrivere, manca il tempo e l'energia.
Sono in piena sessione esami, mi sono presa l'influenza, ho continuato comunque i turni in ospedale, così, tanto per complicare il quadro.
Ora sono con i brividini, una mongolfiera di linfonodo a farmi compagnia e vestita come se dovessi uscire per un'escursione in Antartide. Nel mentre la sorella di mio moroso si laurea, tutti festeggiano felici e io resto qui, come l'ultima foca bianca.
Dopo questo quadro melodrammatico di vita ai confini con la dipendenza da alcol passerei a raccontare qualcosa di meno sconfortante, ma forse conviene che mi scollo dalla poltrona e vado a scaldare l'acqua per una cena da masterchef (ne parlano tutti, io non so cos'è, ma lo intuisco) menù cinque stelle con riso in bianco e basta, il bianco è ancora il colore In?...
Speriamo che la salute migliori, la sessione finisca, ci siano notizie belle e giornate con un sole sempre più caldo.
Manca un gatto e il dipinto della mia decadenza sarebbe sublime.

Post Cena.
Rieccomi ad allungare questo post altrimenti un po' striminzito.


Non posso non parlare di un incontro, almeno uno dei tanti che quotidianamente mi arricchisce, mi stravolge e mi cambia.
Il mio turno della mattina è un turno fortunato, inizio un'ora dopo, rispetto agli altri infermieri (privilegi da borsista) quindi è un turno che dura un'ora in meno. In genere la mattina il pronto soccorso non è nel caos, si gode della tranquillità di fine notte.
Pochi letti occupati, qualche monitor acceso, barelle in fila indiana intonse, pronte ad accogliere il fiume di ambulanze che si alterneranno nelle ore "calde".
Mollemente entro, passo davanti all'ufficio della caposala, oggi come ieri lo trovo chiuso, sospiro (porta chiusa uguale niente lavoro extra), attraverso poi per una saletta interna in cui sbircio il monitor con la gente in attesa, solitamente è vuoto, quest'oggi tre erano i numeri in attesa. Attraverso con calma il corridoio per andare a poggiare le cose e mettermi in "postazione" (in realtà poi vago per tutto il reparto). Nel corridoio c'è solo una donna, sulla sedia. Ha una sciarpa a quadri sulle spalle e guarda basso. Non faccio in tempo a parlarle che è il suo turno, quindi la lascio in ambulatorio per la visita ed esco.
La mattinata non tarda a scaldarsi di anime dolenti e in poco la sala d'attesa si riempie. Bel giorno, per le pulizie di primavera, gli addetti spostano le sedie e stravolgono ogni equilibrio, l'odore di disinfettante è pungente e le lamentele non si fanno attendere.
Non penso più alla signora con la sciarpa a quadri, fin quando non arriva un'infermiera per chiedermi di chiamare un'ambulanza, perchè la signora dev'essere trasferita nell'altro ospedale. Sbrigo la parte burocratica e poi avviso la signora che quanto prima la verranno a prendere.
Gli occhi della signora sono un'unione indissolubile di gentilezza e tristezza. Non capita di rado questa commistione, ma così vivida non l'avevo mai vista. Mi ha attraversato da capo a piedi e non sapevo cosa mi avrebbe lasciato il racconto di tutta la sua storia...
Mi siedo e ascolto, nelle parole lievi tutti i fatti del destino che hanno reso quello sguardo così.
S. era una psicologa per bambini. Si occupava di qualcosa di così apparentemente semplice, ma in realtà così complicata: la mente di un bambino. Nel suo lavoro era brava, traspare anche solo dal modo in cui racconta dei suoi piccoli pazienti, che non erano che bambini da capire. Racconta di come la sua voglia di aiutarli sia nata ed esplosa con la scomparsa del primo figlio, di pochi anni. La perdita l'ha resa una persona con un vuoto dentro che solo l'amore degli altri bimbi poteva in parte riempire.
La vita si sa, a volte infila le perle una dietro l'altra, quasi senza aspettare che abbiamo percorso tutto il filo. Così le accade di dover resistere prima alla morte del marito, dopo un banale incidente domestico, poi, a poca distanza dall'evento, in una circostanza quasi identica, anche alla morte del secondo figlio; rimanendo così sola, dopo una serie di lutti difficili da reggere tutti insieme.
Un nodo alla gola mi si è stretto pian piano, mentre i fotogrammi di questa vita mi apparivano davanti, colorati dalle parole della signora, che in tutto questo non ha mai perso un attimo per guardarmi e accennare un sorriso.
Si impara moltissimo da persone così, calme a contenere la tempesta.
Si impara a reggere la tempesta quando poi viene raccontata.
"Mi lascia in questa stanza infermiera? Nel corridoio fa freddo."
"Non ci sono problemi, questa è la stanza per i bimbi, ma se ne arriva qualcuno lo faccio entrare comunque, al massimo ci aiuta lei" ho scherzato, in realtà nessun bambino è arrivato finchè c'era la signora.
Così mi ha salutato, poco prima che l'ambulanza arrivasse a prenderla.

 

 
 
 
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