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Il mondo di Chia

Dolce danza di anime

 

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Nono piano

Post n°774 pubblicato il 03 Aprile 2014 da mullerina
 

Dietro gli occhiali, due occhi azzurri, mezzelune sopra un sorriso.
G. era un papà di quelli che da fuori chiunque avrebbe voluto.
Sempre pronto a scherzare e prendere in giro le sue bambine.
Le sue bambine cresciute a treccine colorate, piercing, inchiostro indelebile e foglie seccate.

Gli anni lontani e spensierati li ho vissuti anche io con loro.
Prima della crisi, prima della malattia, prima della disoccupazione, prima che la vita costringesse G. e D. a sposarsi, benchè contrari, per tutelarsi in caso di necessità...

Io e S. siamo diventate amiche all'asilo, inseparabili per i successivi tre anni di materna, cinque di elementari e tre di medie. Le superiori ci hanno visto allontanare piano, per strade opposte e senza incroci.
Insieme ai campi estivi, a scuola e nei pomeriggi a fare i compiti a casa sua, ad un piano di grattacielo che arrivarci a piedi era un'impresa (perchè a casa mia i compiti si sarebbero dovuti fare per davvero).
Con S. era divertente fare tutto, non ricordo nulla che non sarebbe scoppiato in risate... Come quando con l'olio bollente abbiamo visto i pezzi di wurstel saltare per la cucina o quando intente a preparare il disegno per l'ora di Arte, con la tecnica del puntinismo, è cominciato a piovere dal soffitto e i nostri puntini si sono trasformati in chiazze di colore acquoso, che fluttuavano qua e là sulle nostre nature morte.
Infinite volte percorrevamo il corridoio in monopattino, mentre Satanik, il gatto, schifato non vedeva l'ora che tutto quel chiasso si chietasse.

In quegli anni G. lavorava in un posto che per noi era qualcosa di meraviglioso (una specie di fabbrica di Willy Wonka ai nostri occhi bambini), tornava a casa con calendari buffi e colorati, matite, post-it e agendine. Ci trovava dipinte fino alle braccia, con le guance infuocate da corse e sole. Mai stanco, si metteva a rincorrerci finchè, sfinite, non ci trovavamo a ridere a crepapelle, mentre ci faceva il solletico.

Gli anni passano.
I pigiama-party con crepes alla nutella, sono stati sostituiti dalle nottate passate a ripassare le declinazioni di latino e greco.
Mi sono accorta di quanta vita era passata quando, rivedendo la sorellina di S. (pochi anni in meno di noi), l'ho ritrovata con i segni, che si imprimono per non dimenticare momenti o non dimenticare di esistere. Sul suo corpo ho letto anni di lontananza e riavvicinarci ormai pareva impossibile.

Negli anni in cui S. e la sorella cambiavano colore di capelli, iniziavano a fumare, appendevano monili e vestivano d'arcobaleno, G. si è ammalato. O forse lo è sempre stato, ma quel cuore non si era mai fatto sentire prima.
La malattia è stata accentuata dalla perdita del lavoro.
Uno degli ultimi ricordi che ho di lui è di un pomeriggio, sulla tavola la bottiglia di vetro con il té freddo mezza vuota.
"Brindiamo"
"A cosa?"
"Alle zanzare, finchè ci sono loro posso lavorare".
Aveva iniziato a fare disinfestazione per le strade, dopo aver lavorato alcuni mesi come magazziniere, lavoro troppo pesante per il suo cuore.

Da allora le notizie mi filtravano da altri - Tutto apposto. - G. non è stato tanto bene, ma si riprenderà. - È da un po' che non li sentiamo, forse S. è a Bologna.
Fino all'altro ieri.
Quando Enrico mi ha chiamata. Gli anni lontani sono tornati a galla, riversandosi fuori dalla cornetta.
"Chiara, G. è morto, sono sconvolto. Me l'ha detto mio padre svegliandomi questa mattina".
- Stava male, era andato in coma. Si è risvegliato una settimana fa e ieri è morto.

Tutto si è spento, le mezzelune dietro gli occhiali si sono chiuse.
Domani rivedrò le sue bambine...
E questo nodo alla gola, per non essermi riavvicinata prima, nessuno lo può sciogliere.

 

A te G. un ultimo abbraccio,
un'ultima corsa.

 
 
 
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