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"DOVE ABBIAMO SBAGLIATO?"

Post n°4072 pubblicato il 20 Ottobre 2021 da monellaccio19
 
Foto di monellaccio19

 

 

 

Circa due settimane fa, davanti ad una scuola nel cosentino, un ragazzo ha pestato a sangue un coetaneo. La notizia non fa scalpore, non ci indigna più di tanto, poiché le notizie del genere riempiono le cronache dei media. Ieri, dopo una quindicina di giorni, un sedicenne ha confessato al suo papà di essere lui l'aggressore del quattordicenne: "Sono stato io a menarlo...". Immaginate il padre, basito e immobile, mentre ascolta il racconto del figlio. Passano momenti angosciosi, la famiglia disperata è incapace di reagire a caldo, di fronte all'accaduto si pone una domanda: "Dove abbiamo sbagliato?". Direi che per un genitore sia dignitoso e opportuno porsi il quesito: pensate che nella maggioranza dei casi del genere, sono ben altre e diverse le reazioni, in particolare, quella di "coprire" un figlio. Ovvero, l'amore e la istintiva tendenza, spingono un genitore a creare una cortina di ferro, affinché nessuno tocchi il figlio e ancora peggio: "No, non è possibile, mio figlio non va in giro a picchiare la gente!". Negare, negare sempre e cercare giustificazioni, reazioni che possano difendere il ragazzo. No, il papà, ha seguito la giusta strada, ha fatto quel che doveva: ha denunciato il ragazzo presentandosi dai carabinieri con gli avvocati. Credo che le argomentazioni della famiglia siano ciò che dovrebbe essere il credo di ogni famiglia: valori, educazione, rispetto, è ciò che ha vantato il papà in una lettera aperta: una chiara posizione che non avrebbe mai pensato di disattendere né lui, né sua moglie, né sua figlia che frequenta la stessa scuola del fratello e che potrebbe, dopo la spontanea denuncia, sentirsi molto a disagio per la bravata del fratello. "Riteniamo giusto che nostro figlio impari ad assumersi le proprie responsabilità, nonostante sia ancora minorenne". Una desolante conclusione per un padre che dinanzi alla forte delusione, non si convince facilmente dell'azione fuorilegge del figlio, per semplici e chiari motivi. Sentirsi non più uniti, ispirati dagli stessi principi basati sulla correttezza, l'accoglienza e i basilari concetti di educazione civica e sociale. Infine la domanda è posta a chi evidentemente possa fornirgli una risposta: "Dove abbiamo sbagliato?". Credo sia questo il nòcciolo del caso: un padre che si pone pubblicamente questa domanda è "raro" ma  onesto, dignitoso e capace di ammettere gli errori. Inoltre ha chiesto scusa alla famiglia del ragazzo picchiato. Che ne pensate? 

 
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