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SETTANTA ANNI E LI DIMOSTRA TUTTI

Post n°3467 pubblicato il 03 Febbraio 2020 da monellaccio19
 
Foto di monellaccio19

 

 

I primi quattro anni, li ho seguiti in radio, o meglio, fui "costretto" a seguire il festival da una radio mod. "Transatlantico" che imperava su un alto mobile in casa dei miei. Fu così per le prime quattro edizioni, poi comparve il televisore DUMONT e da allora, correva l'anno 1955, fu appuntamento fisso fino alla fine degli anni ottanta più o meno. Sanremo è Sanremo, citava un vecchio slogan del nazionalpopolare Baudo, ma mollai l'assiduità e la mia presenza costante e puntuale: non era più il Sanremo che avevo amato sin da piccolo. Domani sera partirà la settantesima edizione ma non sarò più nemmeno alla stazione, per salutare il vecchio e caro treno che sferragliando andrà per fare il solito, consueto e noioso viaggio annuale. Il calo storico che subì il festival negli anni settanta, avrebbe dovuto essere il campanello d'allarme che avrebbe messo in guardia gli organizzatori. Era finita la magia, cambiava la musica (nel vero senso della parola) e come ogni cosa bella, doveva togliere l'incomodo e ritirarsi lasciando un buon ricordo. Non fu così e già con l'avvento degli anni ottanta, continuarono imperterriti cambiando molto lo stile, organizzazione, contesto e sopratutto la musica che dopo aver subito le pressioni estere, cominciava a non essere più "italiana".  La storia poi la conoscete un po' tutti: i generi musicali erano notevolmente cambiati, nuovi ritmi, nuovi interpreti e tanti ospiti per animare e rianimare una creatura che era ormai moribonda. Una delle domande più ricorrenti, man mano che si andava avanti anno dopo anno, ingolfando le serate e riempiendo la settimana di Sanremo, era: "Ma non si chiamava il Festival della Canzone Italiana"? Appunto, fu tradito lo spirito ed era già nell'aria il chiaro, indiscutibile scopo: la kermesse che tutti conoscevamo dall'inizio, ovvero, canzone italiana e interpreti italiani. Invece si passò a infagottarlo con ospitate di stranieri, italiani, attori, comici, monologhisti e tanti altri "infiltrati" che contribuirono a fare grandi spettacoli di rivista con una canzone infilata tra un intervento e l'altro. Il tradimento fu evidente e le speranze perdute scossero me e tanti altri, fino a condurci con un clima soporifero a questi ultimi anni. La parola d'ordine era: "Sa(n)remo a tutti i costi" poiché era un baraccone che messo su in tal guisa, portava soldoni per tutti a cominciare dalla RAI e dal Comune patrocinante. Insomma Sanremo oggi è tutto tranne che il festival della canzone italiana. Venuta meno l'etichetta fondamentale, ci sorbiamo ancora un varietà televisivo (perché questo è ancora oggi) con tante ospitate che costano, con tanti stranieri che completano il cast, con le potenti case discografiche che comandano sempre più dietro le quinte e il conduttore che oltre a presentare sia anche pagato per fare l'organizzatore. Un quadro avvilente: è vero, i tempi cambiano e non si può non tenerne conto, ma saper fare e saper proporre è una necessità, un arte e un modo per rendere uno spettacolo sempre più interessante e seguito. Oggi si spera nel populismo per avvinghiare tutti davanti alla tv: fateci caso, si insacca di tutto per accontentare vecchi e giovani (sic?) e avere share altissimo. Spiegassero nel 2020 che ci azzecca avere in questo contesto Rita Pavone, Ricchi e Poveri, Albano (ancora lui) e Romina e Jhonny Dorelli? Confrontati con la ventata polemica (come fa bene al festival) dei giovani, dei ragazzi che cantano e di cui noi anziani non conosciamo nemmeno i nomi, che festival è? Scusatemi, ammetto che nel passato ho sempre seguito il festival per ragioni "personali", ma a queste condizioni, anche in assenza di tali ragioni professionali, avrei smesso lo stesso. Una sola nota positiva per me, un doveroso accenno devo farlo perché il personaggio lo merita: è l'ultimo festival del buon Vincenzo Mollica. Doveva andare in pensione con la fine dell'anno, la malattia purtroppo non lo aiuta, ma la RAI ha voluto farlo lavorare ancora fino alla fine di Sanremo. Un testimone che merita e che ha reso sempre più vivaci gli anni del festival a prescindere dallo spettacolo. Sarà sul solito balconcino con le sue brevi interviste. Ciao Vincenzo, grande presenza la tua. 

 
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