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LA SANTIFICAZIONE DI MARCHIONNE NON E’ GIUSTIFICATA DAI FATTI

Post n°2046 pubblicato il 23 Luglio 2018 da massimocoppa
 

 

La compressione dei diritti dei lavoratori è stata la sua direttrice d’azione
LA SANTIFICAZIONE DI MARCHIONNE NON E’ GIUSTIFICATA DAI FATTI

Dal punto di vista strettamente umano, la vicenda di Sergio Marchionne è tristissima.

In realtà non ne sappiamo quasi niente, perché la stupida interpretazione dei media italiani sulle norme della privacy non ci fanno capire come sia possibile che un uomo vada a sottoporsi ad un intervento chirurgico ortopedico (alla spalla, per la precisione) e finisca per slittare verso la morte cerebrale.

Dicevo che si tratta di una vicenda tristissima, per il dovuto rispetto che bisogna avere per un essere umano.

Tuttavia non condivido per niente la valanga di sperticati elogi dei mass media italiani verso Marchionne: pare stia morendo un padre della patria, una persona la cui vita lavorativa sarebbe costellata di sole luci e di successi, senza nemmeno un’ombra.

La compassione umana per la sfortuna del manager dell’ex Fiat non dovrebbe, in realtà, accecarci di fronte all’effettivo ruolo svolto dal personaggio.

Sergio Marchionne è stato il braccio operativo di una vera e propria ristrutturazione capitalistica avvenuta sul corpaccione in coma della “Fabbrica Italiana Automobili Torino”, un’azienda che il fascismo ha rimpinzato di finanziamenti, che lo Stato italiano ha reso grande per decenni con i soldi pubblici, con i soldi delle tasse nostre (e dei nostri padri, e dei nostri nonni) e che ha galleggiato non per meriti propri, ma perché sistematicamente salvata dalla mano pubblica.

Quando l’aiuto pubblico è diventato impossibile di fatto e di diritto (a causa del divieto imposto dall’Unione Europea), il capitalismo italico ha gettato la maschera ed ha chiamato un tagliatore di teste.

Facendo le prove generali di quella che, nei progetti dei plutocrati di tutto il mondo, dovrebbe diventare l’economia planetaria, Marchionne ha portato all’estero molta parte dell’azienda ed ha avviato una ristrutturazione fatta di lacrime e sangue. Le lacrime ed il sangue, ovviamente, dei lavoratori dipendenti.

La Fiat, poi diventata FCA, ha cominciato ad applicare il modello cinese del turbocapitalismo, poi portato a sviluppo normativo da Renzi, consistente innanzitutto nello sfruttamento ottocentesco dei lavoratori, i quali si sono visti comprimere tutti i diritti, oltre – naturalmente – lo stipendio.

Marchionne è colui che ha fatto addirittura uscire la Fiat da Confindustria, perché ritenuta troppo molle: cioè, l’associazione degli industriali non era sufficientemente pronta ad accogliere una strategia “marchionniana”, un fatto senza precedenti nella storia dei rapporti sindacali nell’Italia repubblicana: vale a dire il distacco dalle piattaforme dei contratti collettivi nazionali ed il varo di contratti aziendali. In altre parole, un indebolimento assoluto dei diritti economici dei lavoratori, che diventavano soli di fronte al diktat dell’azienda: dimenticate stipendi e benefit (era il messaggio), non guardate agli altri; qui vi diamo questo piatto di lenticchie e vi facciamo lavorare saltuariamente; altrimenti chiudiamo gli stabilimenti; e dimenticatevi i sindacati (che infatti, alla Fiat, sono morti).

Poi è arrivato Renzi, che ha creato la possibilità di licenziare liberamente, senza giusta causa, ed il cerchio si è chiuso.

Non voglio dilungarmi.

Il concetto è che Marchionne è stato la mano militare del mondo che la grande industria ed il grande capitale stanno cercando di creare: un mondo dove ritornano i padroni, ed i lavoratori perdono tutti i diritti.

Per questo non mi sento di rimpiangerlo, anche se so che verrà rimpiazzato da personaggi i quali, forse, saranno anche peggiori.

 
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