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...fini la comédie

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" Antarctica "

Post n°22 pubblicato il 15 Gennaio 2011 da zeno1949
 

 

Novembre 1957. Mentre la spedizione giapponese

al Polo Sud sta terminando il suo compito,

 la rompighiaccio Sôya, che deve dare il cambio al

Primo gruppo, sta faticosamente arrancando

 attraverso il pack. Il gruppo di punta della Prima

 spedizione è composto dai dottori Ushioda e Ochi,

 particolarmente legati alla muta di 15 cani husky con

cui esplorano la zona loro assegnata. L'aereo riesce

ad atterrare alla Base Showa e si procede immediatamente

 al trasferimento degli scienziati sulla nave. I cani

rimangono legati alle catene in vista dell'arrivo del

Secondo gruppo. Ochi, per impedire che scappino -

 come ha tentato di fare Anko - stringe un poco di più i collari.

 

 

Una volta a bordo della rompighiaccio però, gli eventi

 precipitano: la calotta impedisce più e più volte

l'avanzata della nave verso la base e il tempo peggiora

 costantemente. Come se non bastasse, una delle

 quattro eliche è fuori uso e un timone non risponde

perfettamente ai comandi. Il comandante decide di

 rinunciare all'impresa e di ritornare in patria.

 A nulla valgono i disperati appelli di Ushioda e

 di Ochi per riportare i cani sulla nave con l'aereo:

l'acqua potabile sta scarseggiando e tutto il carburante

disponibile deve essere utilizzato per far funzionare

 i dissalatori. Ushioda arriva a proporre di sopprimere

i cani col veleno, ma il comandante - per lo stesso motivo

 - non autorizza il viaggio. I cani sono abbandonati,

 

 

 mentre la nave inverte la rotta. E' il 14 febbraio del 1958.

Pieno inverno. Dopo aver aspettato invano i padroni,

 i cani tentano di liberarsi dalle catene: ci riusciranno

solo in 8: Riki, Anko, Shiro, Jack, Deri, Kuma, Taro e Jiro

 (questi ultimi sono due fratelli). I rimanenti sette verranno

 ritrovati ancora legati, morti di fame e di gelo.

Guidati da Riki, il capobranco, i cani si avventurano sul

pack in cerca di cibo, misurandosi per la prima volta

 con il terribile ambiente antartico senza l'aiuto degli

esseri umani. Esseri che hanno servito per tutta la loro

 vita e che ora li ripagano nel modo più atroce,

abbandonandoli a loro stessi. Uno dopo l'altro trovano

 la morte nel deserto di ghiaccio: solo Taro e Jiro

riescono a superare l'inverno. Intanto, tornato

 

 

in Giappone, Ushioda è tormentato dal rimorso e,

lasciato l'insegnamento all'università, di dedica

all'allevamento dei cani. Non trova comunque pace

e appena ne ha la possibilità torna al Polo Sud

con l'amico Ochi, aggregandosi alla spedizione

che parte dal porto di Tokyo nel novembre del '58.

I loro incubi trovano un'agghiacciante conferma

alla Base Showa: 7 dei 15 cani sono ancora legati

alle catene, non essendo stati capaci di liberarsi.

 Ma proprio quando la disperazione si fa insopportabile,

 Ushioda scorge due macchie scure all'orizzonte: Taro e Jiro.

La diffidenza dei due cani verso i padroni si scioglie quando

 Ushioda li chiama a sè, con le lacrime agli occhi:

l'abbraccio che ne segue cancella mesi di sofferenza e di rimorsi.

 

 

Un capolavoro di rara bellezza, tutto il film è un'unica poesia,

le cui parole lasciano posto alle immagini, a volte anche crude,

 che ti arrivano dritto al cuore, e la musica di  Gregorian & Vangelis

 talmente tanto bella da fare immergere completamente

nella dis-avventura di 15 cani, alcuni pezzi straordinari,

tra tutti l'aurora boreale e poi, quell'indimenticabile finale,

Un film dove le lacrime sono venute da sole,

un susseguirsi di emozioni dove i  soli 2 cani sopravvissuti,

dopo aver vissuto una stagione al freddo, di stenti,

vedendo i loro compagni morire, sono diffidenti verso

chi li ha così tanto delusi e traditi ma il bisogno d'amore

 e l'affetto verso il padrone non si scorda, e così,

 basta un semplice urlo TARO E JIRO, per far riunire

 ciò che l'uomo stesso aveva diviso.

 

 

 
 
 
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