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E SE DI MAIO FOSSE CASCATO NELLA RETE DI BERLUSCONI/SALVINI?

Post n°1900 pubblicato il 28 Maggio 2018 da kayfakayfa
 

 

La politica è una "cosa" maledettamente seria. Non a caso esiste la facoltà universitaria di Scienza Politiche.

Faccio questa breve premessa perché, dopo che ieri sera il premier incaricato di formare il governo del cambiamento targato M5S-Lega, professor Conte, ha rimesso il mandato al Presidente della Repubblica visto che non c'era verso di convincere Salvini e Di Maio a sostituire nella lista dei ministri al Ministero dell'Economia il nome del professor Savona, inviso ai vertici europei per il suo scetticismo sull'Europa e sull'euro, con quello del vice della Lega Giorgetti, come suggerito dallo stesso Mattarella, in tanti si stanno lanciando in proclami e invettive contro il Presidente della Repubblica accusandolo di aver messo in atto un golpe per conto dell'Europa per evitare che i populisti andassero al governo e rompessero le uova nel paniere all'establishment e alle banche.

Diversamente dal mio essere per natura istintivo e precipitoso nei commenti su questioni complesse come quella in esame, mai come questa volta credo che tutti dovremmo cercare di tenere a bada gli euforici furori rivoluzionari e chiederci semplicemente perché Salvini, anziché accettare il suggerimento del Presidente della Repubblica, abbia fatto saltare il banco, mandando all'aria un'estenuante lavoro di settimane, come egli stesso ha ammesso, in stile Berlusconi ai tempi della bicamerale.

Mattarella, pur tra mille perplessità come egli stesso ha poi ammesso in conferenza stampa, aveva accettato la candidatura a Premier del non eletto professor Conte, andando contro i dettami costituzionali. A questo, punto perché forzargli ulteriormente la mano con la candidatura di Savona, quando egli stesso, dal primo istante che il nome era iniziato a circolare, aveva espresso le proprie perplessità su quella candidatura?

Se, paradossalmente, il Presidente della Repubblica avesse indicato al posto di Savona una propria preferenza che non facesse parte né del M5S né della Lega bensì di uno schieramento diverso, l'arrabbiatura di Salvini sarebbe stata comprensibile. Ma visto che Mattarella aveva indicato come alternativa il vice di Salvini, si resta stupiti sulla rabbiosa reazione del leader leghista.

Si resta talmente stupiti che di riflesso è difficile non immaginare scenari di fantapolitica, tipo che Salvini non avesse mai veramente voluto fare un governo con il M5S; che si fosse trattata di una sceneggiata ben architettata per attirare il M5S in una trappola al fine di screditarlo agli occhi dell'elettorato, dimostrando che non è in grado di gestire le redini di una discussione di governo.

È vero, ieri sera Salvini ha definito seri e affidabili i cinque stelle. Eppure le sue parole non convincono. Il motivo, come ebbi già modo di scrivere in tempi non sospetti, è l'incombente presenza di Berlusconi, leader di FI. Alleato di Salvini e della Meloni con cui ha dato vita alla coalizione di centrodestra vincitrice delle elezioni.

In tanti, non solo gli addetti ai lavori, ci eravamo stupiti quando apprendemmo che, dopo averne dette peste e corna sul M5S, Berlusconi desse via libera a Salvini di provare a dare vita a un governo con i cinque stelle. Anche perché molti punti del programma di governo del M5S erano palesemente antiberlusconiani; partendo dalla giustizia, al conflitto di interessi, alla lotta alla corruzione e all'evasione fiscale.

Tutti, sorpresi, ci chiedemmo cosa bollisse in pentola perché l'ex cavaliere cambiasse strategia nei confronti del M5S e di Di Maio. Credemmo di trovare la spiegazione nella riabilitazione concessagli dal tribunale del riesame di Milano, rendendolo candidabile da subito e non dal prossimo autunno. Una sorta di dare/avere affinché il paese avesse un governo politico.

Dopo quanto è avvenuto ieri, la sensazione è che Salvini - impossibilitato a staccarsi da Berlusconi per vicende pregresse che vedono protagonisti la Lega di Bossi e il leader di FI, i quali, stando a quanto si vocifera, avrebbero nel 2000 stipulato un contratto di alleanza politica davanti a un notaio in cui Berlusconi si impegnava a sanare le indebitate casse del carroccio, divenendo proprietario del simbolo e dunque padrone a tutti gli effetti - abbia funto da cavallo di troia per logorare agli occhi dell'opinione l'immagine del M5S, sfasciando come da copione concordato con il leader di FI il rapporto politico con i cinque stelle in prossimità del traguardo. Mandando tutto all'aria al grido di golpe da parte di Bruxelles. Quando invece non aveva mai avuto davvero intenzione di fare un governo con il M5S.

Non ci si dimentichi che l'elezione di Mattarella al Quirinale fu il pretesto per cui Berlusconi, almeno apparentemente, ruppe il Patto del Nazareno con Renzi.

Sia la bicamerale, sia il Patto del Nazareno, sia ora il contratto di governo Lega-M5S, sono stati sfasciati in prossimità del filo di lana, lasciando tutti perplessi.

L'immagine simbolica che sovviene per spiegarci quanto è avvenuto ieri è quella del padrone(Berlusconi) che mentre tiene al guinzaglio il proprio cane, (Salvini), gli dà corda come se fosse libero da vincoli. Ma al momento opportuno, quando il cane sta per fare o toccare ciò che il padrone non vuole, tira a sé prontamente la corda tirandosi appresso il cane.

Personalmente non so, né credo, che Mattarella abbia agito in maniera anticostituzionale come in tanti strepitano sui social.

Molto più probabile che il M5S, nella fattispecie Di Maio, sia caduto ingenuamente in una trappola tesagli da chi, rispetto a lui, di politica ne mastica da oltre un ventennio. E da cui non ha saputo né potuto uscirsene perché altrimenti avrebbe dovuto dare spiegazioni al proprio elettorato, ammettendo la propria ingenuità, per non dire incapacità, di capire cosa realmente volesse chi stava dall'altro lato del tavolo.

È vero che il governo Cottarelli rischia di arenarsi al momento in cui il Parlamento dovrà votargli la fiducia, avendo M5S+Lega la Maggioranza e dunque si presume che gli voteranno contro.

Ma non si può escludere che, dopo quanto è successo ieri, quella stessa maggioranza si sfaldi e, contrariamente alle aspettative, il governo Cottarelli abbia la fiducia parlamentare per senso di responsabilità di forze politiche sulla carta avverse, e inizi a lavorare, traghettando il paese verso nuove elezioni in autunno o al massimo nella primavera 2019.

Ultima cosa: non è affatto vero che il Presidente della Repubblica non può preferire un nome a un altro presente nella lista dei ministri che gli viene presentata dal Premier incaricato: Pertini disse no a Cossiga su Darida alla Difesa (1979); Scalfaro a B erlusconi su Previti alla Giustizia (1994); Ciampi a Berlusconi su Maroni alla Giustizia; Napolitano a Renzi su Gratteri alla Giustizia (2014).

Come si vede, chi sostiene che Mattarella, dicendo no a Savona, ha infranto la Costituzione dice un'inesattezza.

A impuntarsi su Savona è stato Salvini. Bastava dicesse sì a Giorgetti e ora il governo del cambiamento era già partito.

E invece, per ora, il cambiamento non ci sarà!

 
 
 
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