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IL RITORNO DEGLI DEI TRA REALTA' E FANTASIA

Post n°1721 pubblicato il 19 Luglio 2016 da kayfakayfa
 

Vent'anni dopo il fortunatissimo IMPRONTE DEGLI DEI, Graham Hancock ha dato alle stampe IL RITORNO DEGLI DEI, che dovrebbe essere il naturale epilogo del saggio pubblicato nel 1995 in cui lo scrittore ipotizzava l'esistenza in un remoto passato di una civiltà tecnologicamente progredita, molto probabilmente appartenente alla mitica Atlantide, scomparsa a seguito di catastrofici cataclismi determinati dall'inversione dei poli celesti, cui corrisponderebbe l'equivalente spostamento dei poli terrestri circa ogni 13.500 anni, conseguente conseguenza della precessione degli equinozi.

Secondo Hancock questa civiltà avrebbe lasciato molte tracce della propria esistenza sotto forma di monumentali strutture in pietra tra cui la Sfinge e le piramidi egiziane, i templi delle civiltà precolombiane e quelli in Indocina. Oltre a una serie di altre strutture in pietra di cui tuttora si ignora l'origine e la funzione quali il sito di Stonehenge in Inghilterra e le mastodontiche statue dell'Isola di Pasqua.

In “Impronte degli Dei” Hancock giunse a ipotizzare che Atlantide non si sarebbe inabissata nell'omonimo oceano ma che, proprio in virtù dello spostamento dell'asse terrestre con conseguente variazione dei poli, e dunque spostamento della calotta terrestre, essa in realtà sarebbe ciò che oggi noi conosciamo come il continente di ghiaccio, l'Antartide.

A sostegno di questa teoria l'autore citava l'opera de coniugi canadesi Rand e Rose Flem-Ath – LA FINE DI ATLANTIDE, edizioni Piemme.

Secondo Hancock gli abitanti di Atlantide, attraverso le proprie opere megalitiche, avrebbero lasciato non solo la conferma del livello tecnologico raggiunto, ma anche un preciso monito ai posteri allo scopo di allertarli sul ripetersi periodico dell'evento che ne determinò la fine, evento che si verificherebbe ogni 13 mila anni causando morte e distruzione sulla terra.

In “Il Ritorno degli Dei” l'autore, avvalendosi delle scoperte archeologiche avvenute negli anni successivi alla pubblicazione del suo precedente bestseller, uno su tutti il sito archeologico di Gobekli Teple in Turchia, e prendendo in esame le “ferite” prodotte dall'erosione dell'acqua nelle Channelede Scablands nella regione di Washington nel nord America che risalirebbero a non meno di 13000 anni fa, epoca in cui avvenne l'ultimo repentino raffreddamento della terra chiamato dagli scienziati Dryas recente, l'autore si schiera con la corrente catastrofista la quale sostiene che le erosioni presenti nel terreno e nelle alture di quel canyon sarebbero conseguenza della inondazione che si abbatté repentinamente in quella regione allorché enormi frammenti di una cometa caddero sulla calotta glaciale del polo nord causando lo scioglimento dei ghiacci e il susseguente drastico innalzamento dei mari. Nel contempo il tremendo impatto dell'asteroide con la terra levò nell'atmosfera terrestre un'enorme nube di pulviscolo che, disperdendosi nell'area, funse da filtro impedendo ai raggi solari di scaldare la terra causando l'ultima glaciazione.

Hancock si schiera apertamente con J Harlen Bretz, il primo a ipotizzare che le Channelede Scablands fossero conseguenza di un'inondazione di dimensioni apocalittiche derivante dall'impatto di un asteroide con la terra. Teorie che negli ultimi dieci anni stanno trovando sempre più proseliti.

Analizzando alcune colonne dei templi di Goblekly Teple venute alla luce dopo gli scavi, secondo Hancock interrate dagli stessi costruttori per non alterare il senso del messaggio racchiuso, l'autore sostiene di aver individuato nei vari segni scolpito sulla roccia un messaggio indirizzato alle generazioni future che saranno interessate dallo stesso evento catastrofico che si verificò 13000 anni fa. Tale generazione sarebbe quella attuale, la nostra, visto che l'evento, il ritorno della cometa il cui impatto con la terra determinò l'ultima glaciazione, secondo l'autore dovrebbe verificarsi tra il 2020 e il 2040 della nostra epoca.

Nel suo ultimo lavoro Hancock non cita minimamente la precedente tesi sostenuta in Impronte degli Dei, quella che considera che Atlantide sarebbe in realtà quello che oggi noi chiamiamo Antartide. Egli fa invece riferimento, criticandolo, a Zacaria Sitchin, lo studioso azero autore di diversi opere inerenti i sumeri, il quale sosteneva la tesi secondo cui la razza umana sarebbe il risultato di un esperimento di biogenetica compiuto da visitatori alieni scesi sul nostro pianeta per rifornirsi di oro, minerale necessario per rinforzare l'atmosfera del proprio pianeta Nibiru, e che i sumemri fossero il risultato di tali esperimenti come attesterebbero le loro opere mitologiche che egli ha tradotto.

Hancock accusa Sitchin di avere dato un'interpretazione arbitraria a quei testi non avendo le adeguate conoscenze linguistiche.

Tuttavia non cita l'italiano Mario Biglino il quale, dopo essere stato per anni traduttore del Vecchio Testamento per le edizioni Paoline, essendosi reso conto che molte parole dell'ebraico antico testamentario venivano tradotte in maniera errata, traducendole come si conveniva, “scoprì” che nella Bibbia si parla esplicitamente di un popolo alieno sceso sulla terra colonizzandola; che gli elohim non erano affatto creature spirituali ma del tutto fisiche con tutte le passioni relative che caratterizzano qualunque creatura vivente, impulsi sensuali inclusi. E soprattutto i Nefilim, i giganti di cui si parla nella Bibbia, cui fa esplicito riferimento anche Hancock nel suo ultimo libro: nei suoi lavori sulla Bibbia, Biglino analizzando la radice etimologica del termine nefilim, dimostra che essa non si riferisce ai giganti nel senso fisico del termine, bensì a creature che “erano scese dal cielo”. Extraterrestri!

Non si comprende se Hancock non citi Biglino semplicemente perché non sa che sia – cosa improbabile visto che le opere di Biglino sono tradotte in tutto il mondo -; oppure perché, citandolo, dovrebbe contraddire, o quanto meno rivedere la propria negazione dell'intervento alieno sulla creazione e storia dell'uomo.

Questa domanda non è da poco, avendo Biglino le competenze e l'autorità per affermare che la Bibbia, se tradotta correttamente, racconterebbe tutta un'altra storia rispetto a quella che da sempre ci hanno insegnato a credere.

Negando l'intervento alieno nella nascita dell'umanità, ma ammettendo l'esistenza in un lontano passato sulla terra di una civiltà tecnologicamente avanzata perfino rispetto alle nostre attuali conoscenze, la domanda che sovviene è: da dove avrebbe tratto questa supposta civiltà le proprie conoscenze?

Al di là di questo legittimo dubbio, resta il fatto che, se davvero che i costruttori di Gobleky Teple avessero inciso sulle colonne dei templi lì individuati un monito ai posteri perché prendano le adeguate misure per fronteggiare il ritorno della cometa che 13 mila anni fa causò la fine della civiltà sulla terra, questa eventualità meriterebbe un'analisi approfondita.

Anche perché, secondo un gruppo di astronomi russi, effettivamente nel 2036 potrebbe verificarsi uno scenario del genere. A determinarlo dovrebbe essere l'asteroide ribatezzato dagli studiosi Apophis, "dal dio dell'antico Egitto Apofi, soprannominato il distruttore.

 
 
 
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