Creato da: pa.oletta il 31/05/2010
ed è la vita che seduce...

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Lei ...

Passione d'infinito fascino
Anello a incastonar luce
Ode in onde d'orate
Leggiadra nel suo incedere
Alma a intarsiar amor...

Bogey

 

 

 

 
 

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a mio figlio - 12 marzo

Io li proteggo ancora
i ricordi che ho di te,
io ti proteggo ancora
e non importa dove sei tu,
io ti penso sempre.

 

 

 

Tu non sei i tuoi anni,
nè la taglia che indossi,
non sei il tuo peso
o il colore dei tuoi capelli.
Non sei il tuo nome,
o le fossette sulle tue guance,
sei tutti i libri che hai letto,
e tutte le parole che dici
sei la tua voce assonnata al mattino
e i sorrisi che provi a nascondere,
sei la dolcezza della tua risata
e ogni lacrima versata,
sei le canzoni urlate così forte,
quando sapevi di esser tutta sola,
sei anche i posti in cui sei stata
e il solo che davvero chiami casa,
sei tutto ciò in cui credi,
e le persone a cui vuoi bene,
sei le fotografie nella tua camera
e il futuro che dipingi.
Sei fatta di così tanta bellezza
ma forse tutto ciò ti sfugge
da quando hai deciso di esser
tutto quello che non sei.

         Ernest Hemingway

 
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Solitudini in piena

Post n°340 pubblicato il 14 Maggio 2016 da pa.oletta
 

 

Tra lui e lei c’era sempre stata la tecnologia di mezzo.
Si erano annusati tramite chat, avevano socializzato grazie ai rispettivi computer, si erano organizzati con dei pvt, poi erano arrivati gli sms.

Il loro primo vero incontro avvenne sul foglio bianco di una e mail.

Dopo numerose mail una sera decisero di scambiarsi i numeri del cellulare.

Un repentino scambio di battute, un paio di invii e scivolarono verso la decisione di potersi conoscere davvero.

Fu così che la loro storia cominciò.
Grazie alla tecnologia.
Vedi? Lei si domandava, la tecnologia funziona laddove il caso non basta o non arriva.

E funzionava anche per lui che usava la tastiera del computer così come lei usava i trucchi quando voleva tirarsi a lucido.

Ognuno i propri metodi.

Fu così che la tecnologia li unì.

Tra lui e lei c’’era sempre stata una finestra aperta sullo schermo dei loro reciproci mondi.

Sempre collegati l’uno all’altro grazie ai computer in wi-fi o il cellulare.

Il loro rapporto sembrava sempre più un “meraviglioso rapporto a distanza”.

Presto capirono che le loro insicurezze trovavano caldo rifugio tra le applicazioni più usate in rete: la chat, la mailing list, i blog.

E altrettanto presto capirono che però il loro alfabeto relazionale stava cambiando.
Arrivarono a sentirsi sempre di meno.

Addio telefono, addio discussioni tête a tête, addio parole al vento che spesso si dimenticano: tra di loro era tutto rigorosamente scritto su una piccola tastiera.

O quasi.
Vuoi salvare? No.
Ma le cose non funzionavano bene, le onde elettromagnetiche stavano interferendo troppo nella loro storia di amanti silenziosi.

"Parliamone”, lei chiese più volte.

Ma lui, lontano da quell’immagine con cui si era proposto durante i loro primi incontri in rete, sembrava quasi irritato dal confronto reale propostogli.

La loro storia cominciò e finì così: lei, faccia allo schermo del suo computer e lui, sul suo portatile.

Available.

"Come stai?" lei.
"Insomma", risponde lui.
"Sono giorni, forse mesi, che ti sento strano, ne vuoi parlare?"
"Si, sai è che io..."


Non erano lontani, ma lei lo sentii per la prima volta lontanissimo.

La tecnologia, si sa, è funzionale. E funzionò anche questa volta.

"Mi dispiace"
"Doveva andare così"

"Resteremo amici, vero?"
"Certo, amici di tastiera"
"OK!" Invio.
"OK!" Invio.

Click.
Esci.

Sei sicuro di voler chiudere l’applicazione?


Chiudi.

Annulla.

Chiudi.

(trovato in rete)

 

 

 

 

 

 

Un click per arginare solitudini reali.

Nascosti in una stanza in cerca di scorciatoie; troppo penetrante aprire la porta. Piccole fughe.

Liberazione di parole che scivolano sotto le dita e si compongono su un monitor, già distanti dai nostri stessi pensieri.

Convinti di aver detto, appianato, chiarito.

Apriamo la bocca a noi stessi. Il mondo, in fondo, resta fuori.

Aprire la porta, invece, vuol dire rischiare.

 

Dicono che internet sia diventato una fucina per maniaci e pervertiti che passano le loro giornate a creare falsi account e profili sui social network più frequentati per adescare ignare ragazzine che in preda all’ingenuità amorosa ed idealistica del principe azzurro senza cavallo, così fuori moda; ora l’uomo dei sogni arriva a bordo di una Lamborghini.

Ciò non toglie, che se usata con moderazione, la chat può essere uno strumento di interazione molto potente. Si parte sempre dal presupposto che colui che effettua il login, abbia degli strumenti intellettivi minimi, tali da consentirgli una netta e concreta distinzione tra la realtà effettiva e quella virtuale.

Non si tratta di due mondi paralleli, ma di due visioni confinanti della vita.

Era anche facilmente prevedibile che sia psicologi che sociologi si sarebbero sbizzarriti a trovare spiegazioni legate al fenomeno degli incontri nelle chat.

Si gioca con la propria personalità innalzando un regno fatato prettamente immaginario dove siamo noi a comandare e ciò comporta anche dei rischi.


Uscire allo scoperto, per esempio. 
Usare la chat equivale per molte persone ad acquistare un biglietto del cinema: è necessario poi arrivare al "sodo" che sarebbe la proiezione, detta anche “incontro”.

E questo, per molti, diventa il "reale" problema.

 


 
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