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I Rimedi di Gabriella Ferri...

Post n°5018 pubblicato il 19 Luglio 2021 da g1b9
 

 

Remedios, Gabriella Ferri"So’ stato carcerato pe’n capriccio": inizia così un anonimo stornello romanesco d’altri tempi. Tempi passati eppure un po’ attuali, dato che parla di "stare dentro", per indicare la pena "der capriccio", condizione che, mutatis mutandis, è stata nostra per mesi nei tempi duri del Lockdown, per una sorta di capriccio del destino chiamato coronavirus. Non cercato, né causato da una nostra azione, ma comunque, come nel cenno dello stornello, inesorabile. Quello stornello è stato reso famoso dalla voce di Gabriella Ferri, nel suo bellissimo Canto de’ malavita, quando ancora certo attuale moralismo non faceva guardare il carcere solo come un luogo di meritata punizione, ma anche di dolore cui partecipare con la compassione del caso (visitare i carcerati era e resta opera di misericordia corporale per il cristianesimo). Commuove, è stato (ed è) anche nostro, il bellissimo ritornello, cantato con un filo di voce appena sussurrato che poi s’impenna in un crescendo quasi urlato. Un grido che si alza oltre il soffitto, oltre le finestre e i tetti e diventa canto a più voci, come un coro. Viene dal cuore, da quello di Gabriella, come per ognuna delle sue canzoni. Voce che sa essere forte, intensa, dolce: “E mo’ sto dentro, comme te posso ama’?”.

 

 

Canto de’ malavita

 

So’ stato carcerato pe ‘n capriccio

perché portavo ‘n berta ‘n cortellaccio

scontrai la corte e me piovò de piccio:

“Fermo, sta fermo là! Fermo crevaccio!”

        E mo’ sto dentro, comme te posso ama’

        Ripeti

 

Me misero a li piedi ‘n grosso impiccio

centocinquanta libbre de feraccio

m’ammanettorno co’ le castagnole

e me portorno a le carceri nove.

       E mo’ sto dentro, comme te posso ama’

       Ripeti

 

 
 
 
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