IL MONDO CHE VORREI

CIAO, AMICO DIARIO


Ciao amico Diario,è un bel po’ di tempo che non parliamo più tra noi, vero? Sicuramente tu non  avrai sentito la mia mancanza, ed è giusto che sia così, in fondo sono stato io ad abbandonare quel colloquio epistolare che abbiamo avuto per molto tempo.Adesso è inutile che io stia qui a spiegartene i motivi, a trovare, nei tuoi confronti scuse puerili che non hanno ne capo ne coda. A proposito di scuse, sai che cosa ha detto (tra le tante), Roberto Gervaso? No?, ascolta: “ Non chiedere mai scusa o perdono. Chi ti vuole bene ti crede e ti perdona senza che tu glielo chieda; mentre chi non ti vuole bene, comunque, non ti crederà mai!”Belle parole, vero? Ed è proprio così che funziona. Due veri amici, con la a maiuscola, possono anche mancare l’uno verso l’altro, ma se sono “veri” amici non ci sarà bisogno di spiegazioni tra loro, basterà uno sguardo, un sorriso, ed una stretta di mano.Bando alle citazioni che, comunque, lasciano sempre il tempo che trovano, sono contento di aver trovato la forza di parlarti di nuovo. Devo dire con estrema sincerità, che anche se cercavo di convincermi che potevo fare a meno della tua presenza, in realtà mi sei mancato molto. Mi sono mancati i tuoi giudizi (a volte lapidari, ma comunque sinceri); mi è mancato, ed ora me ne sono accorto, il colloquio che avevo instaurato con te. Era un colloquio, quello tra noi, pieno di sensazioni e di stupori e, nello stesso tempo denso di certezze e di verità.Non so dirti con precisione perché io abbia smesso di parlarti e di ascoltare i tuoi suggerimenti. Forse quello che mi dicevi toccava il lato intimo del mio essere e ciò, qualche volta, mi era piaciuto poco. Ma anche in questo caso ero io a sbagliare perché se ti confidavo cose mie, a volte strettamente personali, era anche giusto che mi aspettassi da te una reazione. Reazione che non poteva essere certamente sempre a me favorevole. Se non volevo che mi venisse sbattuto in faccia il tuo pensiero, allora, era meglio che stavo zitto fin dall’inizio, non credi?Tu, adesso, mi chiederai: “Ma, in fin dei conti, cosa vuoi ora da me? Io la penso sempre come prima. Sono sempre pronto ad attaccarti, se ce ne fosse bisogno. Come sono pronto a difenderti, a capirti, a consigliarti. L’importante è che tu, Enrico, voglia tutto questo.”Si! E’ quello che voglio. E’ quello che mi è mancato in questi lunghi mesi. Credo, e correggimi se sbaglio, ti prego, che ognuno di noi è regista ed interprete del film della propria vita. Ma un film non si fa solo con un unico attore che è anche regista di se stesso. Un film ha bisogno di uno scenografo, al fine di creare ambienti e situazioni particolari. Ha bisogno, il film, di una serie di persone che, correndo anche il rischio di diventare impopolari agli occhi del mattatore principale, diano il proprio parere, per quanto lo stesso possa essere antipatico.Adesso che hai letto quale è il mio pensiero attuale, non dirmi che sono cresciuto, che forse ho capito cosa vuol dire vivere, non da soli, ma insieme ad altre persone. Io sono sempre stato così. Critico fino alla esasperazione nei miei confronti, ma nello stesso tempo negativo e musone verso i giudizi che gli altri potevano esprimere su di me, perché ero io che avevo dato loro il permesso di farlo. E allora, perché prendersela? In questi casi bisogna accettare le critiche, come si accettano gli elogi.E’ tardi e la stanchezza che ho cercato di nascondere, si sta facendo strada in modo impetuoso. Sicuramente riprenderemo questo discorso uno di questi giorni, sempre che tu voglia ascoltarmi.Un abbraccio, mio caro Diario, e di nuovo perdonami se ti ho trascurato, ma vedo dal tuo sguardo che, tornando alla frase di Gervaso, non c’era bisogno che ti chiedessi scusa.Tuo Enrico