IL MONDO CHE VORREI

UN POMERIGGIO DI NOIA


Il pomeriggio, questo pomeriggio, sembra non aver mai fine. Scorre lento, noioso, uggioso con il cielo pieno di nuvole che non garantiscono niente di buono.Sono solo a casa. Da molto tempo tento di completare un presepe che, ne sono certo, non finirò neanche quest’anno. E’ lì, davanti a me che mi guarda sconsolato, quasi volesse dirmi: “Dai, se ci metti un po’ di volontà riesci a finirmi.”E’ che a me il presepe, come l’albero di Natale, piace costruirmelo pezzo per pezzo. Cartoncino, compensato, carta di giornale, un po’ di colla e qualche chiodino. Il resto lo lascio fare alla mia fantasia, ai miei ricordi più che altro.I ricordi… sono tanti, ma tra loro non c’è mio padre ad aiutarmi. Non abbiamo mai fatto un presepe insieme, io e mio padre. Crescendo ho imparato come fare, cosa utilizzare, ed allora ho sempre fatto da me. Quando ho avuto mio figlio vicino, beh lui non era proprio portato per certe cose. A lui, come a tutti i bambini, il presepe serviva solo per avere un punto dove avrebbe sicuramente trovato dei regali.Qualche volta mi è tornata alla mente la commedia di Eduardo De Filippo, Natale a casa Cupiello, dove il protagonista cerca in tutte le maniere di coinvolgere il figlio nella costruzione del presepe, senza però ottenere alcun risultato. “Te piace ‘o presepe?” “No!” A lui, il figlio interessava solo il fatto che a Natale avrebbe avuto qualche lira in regalo da spendere.A pensarci bene, e volendo essere un po’ critico con me stesso, debbo ammettere a malincuore che il tempo passa, inesorabile, per tutti e per tutto. Anche le tradizioni hanno fatto il loro tempo, e questo nonostante l’impegno economico che viene messo da chi, dal Natale, ricava bei guadagni. Fra qualche giorno inizierà il bombardamento pubblicitario annuale. Sempre i soliti spot. Sempre i soliti prodotti, sempre i soliti personaggi, sempre i soliti film. Niente di nuovo. Però, a pensarci bene, un personaggio nuovo che da qualche anno ci augura Buone Feste, c’è.  Non veste la casacca rossa e grossolana di Babbo Natale (i suoi abiti sono fatti su misura adoperando stoffe particolarmente morbide e calde), non ha barba e capelli bianchi, anzi i suoi capelli sono frutto di uno studiato e costoso trapianto. Neanche il sorriso, a sessantaquattro denti, lo fa somigliare a Babbo Natale. All’angolo della bocca ha un ghigno sospetto che non riesce, per quanti sforzi faccia, a nascondere.  Ci parlerà di sacrifici a cui andremo incontro (come se non bastassero quelli che abbiamo fatto fino ad ora); di progetti per il futuro  (sperando in cuor suo che qualche rimbambito ancora gli creda);  ci racconterà quello che è stato fatto di buono da lui e da chi gli sta intorno (e questa parte sarà la più corta del suo discorso); cercherà, per ciò che non è stato fatto, di dare la colpa a chi non la pensa nel suo stesso modo (così farà sentire in colpa tre quarti dell’Italia); racconterà delle sue disgrazie giudiziarie, e del fatto di essere continuamente perseguitato dalla Magistratura. Avete capito certamente che sto parlando del primo burattinaio e, nello stesso tempo, burattino italiano. Al termine, dirà a tutti: “Buon Natale e Felice anno nuovo.” Lo dirà con quel suo sorriso che sorriso non è perché vorrebbe anche aggiungere: “… a tutti meno che a chi non la pensa come me.” Ma non può farlo altrimenti perderebbe del tutto il consenso popolare che gli è rimasto. Ma state tranquilli che quello che non può dire, lo pensa. Però mi permetto di dare un suggerimento a chi avrà la disgrazia di sentire le sue baggianate: toccatevi dove sapete, perché secondo me, il tizio porta anche disgrazia e, allora, meglio prevenire che curare.Poi prenderà la via di casa dove ad attenderlo non troverà figli o nipoti intorno al presepe e all’albero pieno di luci e regali. Ma tante belle escortine travestite da Babbo Natale, pronte a togliersi, come regalo di Natale, quell’ingombrante casacca rossa. Enrico