Pensieri vaganti

Un vecchio ai tempi del coronavirus - quarta puntata


 Ultimo giorno di scuolaCi stiamo avvicinando all’ultimo giorno di scuola A dire il vero, in alcune Regioni, l’ultimo giorno di scuola è stato ieri, ma in altre deve ancora venire. Negli ultimi giorni se ne è parlato. Sì, no, dove? Ma non mi pare sia stata trovata una soluzione. Perchè bisogna celebrare l’ultimo giorno di scuola e non lasciarlo passare come un giorno qualunque? Perchè anche questo, come l’esame, è un rito di passaggio, ed è anche un rito importante. Pensate ai nostri ragazzi, che in quest’anno di pandemia hanno condiviso solo sei mesi di scuola. Sei mesi in cui sono stati sempre insieme. Hanno sofferto, gioito, cazzeggiato insieme, si sono divertiti, si saranno anche divisi in gruppetti e presi reciprocamente a parolacce, ma il tutto nell’ambito della classe, loro piccola comunità di riferimento, con tutte le cose piacevole e spiacevoli che questo comporta. Soprattutto quelli della quinta elementare e quelli della terza media non torneranno più nelle loro scuole e l’anno prossimo faranno parte di nuove comunità. Vi pare giusto, alla fine dell’anno dire: “ragazzi, le cose sono andate come sono andate, la scuola è finita, arrivederci e grazie”? Eh, no, proprio no! Ci vuole un momento in cui questi ragazzi si possano di nuovo guardare in faccia e salutarsi. C’è bisogno di un momento che segni, in maniera visibile e concreta, il cambiamento di stato che ci sarà per loro l’anno prossimo. E i professori? I maestri e i professori hanno il diritto di guardare in faccia per l’ultima volta questi ragazzi. Dopo tutto sono stati quelli che li hanno visti, giorno dopo giorno, cambiare. Li hanno visti trasformarsi da bambini dell’asilo in preadolescenti e da preadolescenti in ragazzi e ragazze oramai autonomi e con una loro personalità. Li hanno trasformati in giovani cittadini pronti ad affrontare la vita sociale e impegni sempre più importanti. Anche loro hanno diritto a vedere questi giovani che se ne vanno e prepararsi a quelli che verranno. Ma deve essere necessariamente a scuola? Direi proprio di no. Motivi di prudenza fanno propendere per un no alla celebrazione nel chiuso di un’aula scolastica. Ma se questo incontro fosse in uno spazio aperto? Potrebbe essere il cortile della scuola, se sufficientemente ampio, o una palestra scoperta. Potrebbe andar bene anche un’area verde, una piazza, un posto qualunque dove poter stare una mezz’ora, anche se con la mascherina e ad un metro di distanza uno dall’altro. Un metro non è poi una distanza così grande per potersi guardare negli occhi e dire: “Ciao, non so se ci rivedremo ancora nella vita, ma questi anni vissuti con te sono stati comunque importanti”.