Pensieri vaganti

Un vecchio ai tempi del coronavirus - terza puntata


Gli esami al tempo del coronavirus Per gli esami di maturità si è parlato di rito di passaggio e mi è sembrato giusto che la prova sia svolta di persona, faccia a faccia, anche se in forma molto, ma molto, ridotta. Un vecchio che ha fatto l’esame di maturità nel 1967 (all’epoca si chiamava anche esame di Stato) lo ricorda ancora con una certa nostalgia. A cominciare dalla preparazione. Non potrò mai dimenticare quel giorno. Doveva essere metà aprile. Eravamo tutti il fila sulle scale, in attesa di uscire. Ad in certo punto Titina mi chiese se volevo studiare con lei. Non ricordo esattamente quali parole usò, ma ancora oggi mi rendo conto dello sforzo immane che dovette fare per farle uscire di bocca. Lei era timidissima, così timida che, quando i professori la chiamavano a conferire, arrossiva immediatamente e si schiariva solo dopo alcuni minuti. Quel giorno il suo viso era rosso, ma proprio rosso rosso rosso! Arrivare a casa di Titina non era per me facilissimo perché abitava lontano da casa mia e dovevo prendere ogni volta l’autobus. Durante quelle due/tre ore di studio preparavamo le lezioni del giorno e approfondivamo le parti di programma già svolto. Nell’ultimo mese eravamo diventati in tre a ballare l’hully gully perché a noi si era aggiunto anche Giorgio, che non voleva prepararsi da solo per la grande prova. Fu una sensazione strana trovare le aule vuote e i banchi nel corridoio: due file e una bella distanza tra un banco e l’altro. Alle nove in punto fu aperta la busta con le tracce dei tre temi di Italiano e iniziò la partita. Col senno di poi posso dire che fu l’ultimo anno di esame “tradizionale” con tre prove scritte e tutte le materie all’orale. Dall’anno successivo saremmo passati alle due prove scritte e al colloquio orale. Anche con le date eravamo alla preistoria: si iniziava Il primo luglio e si finiva dopo una ventina abbondante di giorni. Il giorno prima dell’esame orale di Titina terminammo di studiare all’una di notte e quella volta il fratello mi accompagnò a casa con la macchina. Gli esami andarono bene, per tutti. Dopo tutto, eravamo una buona classe. Il nostro rapporto con i professori era corretto e costruttivo. Per noi il Professore era ancora un’Autorità, con la A maiuscola e ad ogni cambio di lezione la classe aspettava in piedi l’ingresso del professore. La contestazione non era ancora arrivata….