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L'angolo di Jane

Tutto su Jane Austen e sui libri che mi piacciono!

L'ANGOLO DI JANE

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Questo spazio è dedicato a recensioni di libri e film, ai miei racconti,  a riflessioni personali di varia natura e soprattutto a Jane Austen, una delle mie scrittrici preferite.

Sono una stella del firmamento
che osserva il mondo, disprezza il mondo
e si consuma nella propria luce.
Sono il mare che di notte si infuria,
il mare che si lamenta, pesante di vittime
che ad antichi peccati, nuovi ne accumula.
Sono bandito dal vostro mondo
cresciuto nell'orgoglio e dall'orgoglio tradito,
sono il re senza terra.
Sono la passione muta
in casa senza camino, in guerra senza spada
e ammalato sono della propria forza.

(Hermann Hesse)

 


 

 

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Il fattore umano - Graham Greene

Post n°952 pubblicato il 01 Gennaio 2013 da bluewillow
 

Titolo: Il fattore umano Titolo originale: The Human Factor Autore: Graham Greene Traduzione: Adriana Bottini Casa editrice: Mondadori pag: 315 formato: e-book costo: 6,99 €


Se qualcuno coltiva la romantica idea che lavorare come agente segreto al servizio di sua maestà la regina d'Inghilterra abbia qualche cosa a che fare con le avventure di James Bond, si ricrederà di certo leggendo “Il fattore umano” di Graham Greene.
Dimenticate penne stilografiche che sparano proiettili, avventurosi inseguimenti in località turistiche alla moda e schiere di fotomodelle arruolate per corrompere agenti con licenza di uccidere.
Il protagonista Maurice Castle dice infatti: “Qui non c'è mai stata una mentalità alla James Bond. Non ero abilitato a girare armato e l'unica automobile che abbia mai posseduto era una Mini Minor di seconda mano.”
Secondo Grahame Greene, che nei servizi segreti MI6 lavorò davvero durante la seconda guerra mondiale, prima di dedicarsi all'attività di giornalista e scrittore a tempo pieno (ma qualcuno sospetta che non abbia mai smesso: spia una volta, spia per sempre), la gran parte del lavoro non svolto “sul campo”, come agente infiltrato, consiste soprattutto nel leggere ed archiviare un mare di scartoffie, rapporti magari noiosissimi sull'andamento della coltivazione di noccioline in qualche paese sperduto del globo.
Eppure anche da una simile sonnacchiosa postazione è possibile influire su flussi di informazioni globali, spostando, anche se di poco, gli equilibri di forze in campo.
Il libro fu scritto nel 1978, ma è ispirato ad alcuni clamorosi casi di defezione nei servizi segreti britannici avvenuti negli anni '60, quando la guerra fredda era al suo culmine, uno dei quali riguardò addirittura un ex-capo spia dello scrittore, Kim Philby, un agente doppiogiochista che passò molte importanti informazioni ai sovietici, venne scoperto nel 1963, ma riuscì a fuggire a Mosca.
Simili situazioni si erano verificate più volte e il governo dell'URSS ne aveva dato ampia pubblicità, per dimostrare come la causa del comunismo potesse conquistare anche i cuori ritenuti più fedeli e come dimostrazione di forza nei confronti del “nemico”. A Philby, ad esempio, fu addirittura dedicato un francobollo dai servizi postali russi.
Lo scopo di Graham Greene in “Il fattore umano” sembra quello di rivelare la vera natura del tipo di lavoro dei servizi segreti, sia britannici che russi, privandoli di ogni alone di romanticismo: molta meno azione che non al cinema, ma non per questo meno violenza. Se una cosa hanno in comune le spie di celluloide e quelle reali, secondo Greene, è la scarsa considerazione attribuita alla vita umana, quando questo possa interferire con un obiettivo da raggiungere o con la reputazione dei servizi stessi. Altro fondamentale tema di fondo è invece quello dell'indagine su cosa possa spingere un individuo, al di là del fanatismo ideologico o del denaro, a buttarsi “dall'altra parte”, tradendo il proprio paese: è questo “il fattore umano”, l'elemento imprevisto ed imprevedibile dalla più accurata delle analisi.
Maurice Castle è un uomo di mezza età, sposato con una donna sudafricana di colore, Sarah e con un figlio, Sam, che lavora in un ufficio dell'MI5 (se vi state chiedendo la differenza fra MI5 e MI6, vi illumino, perché finalmente l'ho capita: MI6 spionaggio all'estero, MI5 controspionaggio, quindi operante soprattutto in patria) insieme ad Arthur Davis, suo più giovane collega.
Fra i due, Castle è senz'altro quello che verrebbe ritenuto più affidabile: non beve, è parsimonioso, non ha vizi di sorta, dedito solo a famiglia e lavoro, un uomo per il quale sarebbe impensabile un tradimento.
Arthur Davis è invece un individuo insoddisfatto: entrato nei servizi credendo di vivere una avventura alla “Bond”, si ritrova invece a dover leggere rapporti noiosissimi, per di più ignorato dalla bella Cynthia, segretaria dei servizi, della quale è perdutamente innamorato. Davis è un lavoratore distratto, beve e spende troppo per le sue possibilità.
Il mondo dell'MI5 è quello di un comune ufficio statale, nel quale però sembra vigere un certo snobismo e in cui il personale è spesso scelto, giudicandolo un criterio di affidabilità, per amicizia e conoscenza, cosa che semplifica la verifica delle credenziali.
Quando si verifica una fuga di notizie nel reparto di Castle e Davis, è proprio quest'ultimo ad essere  il maggiore sospettato, ma la realtà non è ovviamente come sembra.
Il passato di agente in Sud Africa di Castle, l'esperienza del razzismo e della crudeltà dell'apartheid, vissuta attraverso la moglie Sarah, hanno profondamente cambiato la psicologia dell'uomo, portandolo ad agire in nome di una morale che non risponde ad alcuna nazione.
“Il fattore umano”  è un piccolo trattato romanzato sul lavoro di spia più che un classico libro di spionaggio, una occupazione che prevede, secondo Graham Greene, molte difficoltà nel privato: non rivelare mai la propria vera occupazione (anche se da banalissimo impiegato), non parlare mai, nemmeno in privato, della vita d'ufficio, attendersi perquisizioni in casa, telefoni sotto controllo, continue verifiche sulla propria affidabilità e addirittura temere per la propria vita se per caso nel proprio reparto c'è sospetto di tradimento.
In effetti, verrebbe da chiedersi (e io me lo sono chiesto) cosa mai possa spingere qualcuno che abbia titoli di studio impeccabili, relazioni sociali influenti e anche, si suppone, una certa agilità mentale, a intraprendere il lavoro di spia, visti tutti i problemi che comporta: sarà davvero per colpa della “propaganda” di James Bond? Chi può dirlo!
Il quadro dipinto da Grahame Greene dell'MI5 è molto simile a quello tratteggiato da Ian McEwan nel più recente “Miele”, altro libro sullo spionaggio ambientato più o meno nello stesso periodo storico, che pure non indulge troppo in violenza ed azioni mozzafiato ed è imperniato piuttosto sulla psicologia dei personaggi, descrivendo uno spionaggio “impiegatizio”.
“Il fattore umano” non manca anche di un inquietante lato noir: secondo un motto ricorrente fra le spie, ognuno deve restare solo nella propria casella, incurante di ciò che le proprie azioni possano comportare per altri, cosa difficile da fare se questo implica la perdita di vite umane, magari sacrificate con la massima leggerezza.

Un libro interessante, con un Greene molto meno scanzonato ed ironico che non in “Il nostro agente all'Avana”, ma in compenso pronto a citare in gran numero i propri libri preferiti dal Trollope di “Il modo in cui viviamo oggi” e “Le torri di Barchester” al “Robinson Crusoe” di Daniel Defoe: in questo libro si parla ampiamente di classici, mai abbastanza curati e pubblicati, e possiamo addirittura leggere di un libraio che si lamenta che diventino introvabili se per caso se ne trae uno sceneggiato in TV che li rende popolari.
Forse, però, un pizzico di azione in più non avrebbe guastato.

Di Graham Greene ho recensito anche:

Il nostro agente all'Avana

 
 
 
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