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Sonoviva

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IL GIORNO DI DONALD TRUMP

 

Una giornata a dir poco strana quella di oggi, 9 Novembre 2016, nella quale milioni di persone, ognuno nel proprio fuso orario e con i propri tempi di reazione, si è risvegliata. Una giornata che per tanti non ha avuto alcuna soluzione di continuità con quella precedente nella quale i cittadini americani sono stati chiamati ad eleggere il loro 45esimo Presidente: Il Presidente e non Un Presidente, la figura ritenuta la più importante nel panorama politico mondiale, colui che tiene o che fino ad oggi ha tenuto nelle proprie mani i fili delle diverse storie di Paesi molto lontani, molto diversi, ma sui quali nulla accade senza che ne sia parte. La sfida tra Trump, - il buffone, il cafone, l’antipolitico, il puttaniere che si vanta delle molestie denunciate da ben 11 donne lacrimose e lacrimanti – e la signora Hillary Clinton, - donna, da cinquant’anni in politica, moglie di un ex Presidente, anche lui discretamente puttaniere, del quale non ha inteso separare la storia neanche nel cognome, Clinton appunto, sacrificando il suo di cognome – si è conclusa con il trionfo del primo, Donald Trump appunto, che da oggi è il nuovo Presidente degli Stati Uniti.

Perché è avvenuto questo? Con quale ragionamento in testa, semmai uno ce n’è stato, gli americani si sono recati in massa alle urne? Partiamo dal carattere dei due protagonisti – antagonisti e da quello che rappresentavano per il variegato popolo americano. Hillary, in quanto moglie di Bill Clinton e First lady, ebbe già un gran ruolo durante la presidenza di suo marito, dovendosi occupare anche delle non proprio nobili pratiche sessuali del marito, consumate peraltro nello Studio Ovale della Casa Bianca. E’ vero, lei sarebbe stata la prima donna presidente e questo già sarebbe stato un evento, ma la maggior parte dell’elettorato maschile non desiderava affatto che, dopo un Presidente nero, ma pur sempre maschio, si potesse passare addirittura ad un presidente donna. Le donne, dal canto loro, non vedevano in lei quel modello aderente a quello proposto dalle femministe: non veniva dal basso, era una donna di potere anche ben oltre quello del marito, era stata Segretario di Stato di Obama ed aveva dovuto lasciare l’incarico dopo la morte del giovane ambasciatore Christopher Stevens, avvenuta durante l’attacco al Consolato di Bengasi, e la cui responsabilità era in parte attribuita a negligenza da parte della signora Clinton. In realtà il caso era stato chiuso proprio quest’anno e l’allora Segretario di Stato era stata ritenuta del tutto incolpevole nel rapporto stilato, dopo l’indagine, da parte dei Parlamentari Repubblicani. Una carta a suo favore dunque, questo era sembrato, ma quanti sono gli Americani che sanno tutto ciò? Per quanti è prioritaria l’informazione quando tutti i giorni ci si deve confrontare con ciò che manca, con ciò che non c’è e che prima c’era. Prima si era più ricchi e l’America era il modello di versatilità e di possibilità infinite per ognuno. La crisi finanziaria ha impoverito le famiglie e le varie comunità e sui sentimenti di frustrazione hanno fatto ben presto presa le istanze populiste che vedono spesso nei più poveri un rischio, un sopruso, un possibile ulteriore impoverimento per sé. Ma sto divagando perché, nel parlare della signora Clinton, mi sono fermata al fatto che fosse una donna e, possibilmente la prima a poter diventare Presidente degli Stati Uniti: ma quanti americani hanno visto i propri figli partire per guerre dalle quali, spesso, sono tornati cadaveri o ancora distrutti nella psiche dall’enorme uso di droghe, necessarie per sopprimere le pesanti conseguenze del vivere da vicino una guerra, con tutto il suo carico di morte e di dolore. Sono i reduci, quelli che non sono più nulla, che sono partiti sentendosi dei Rambo, e che giunti nelle terre di Afghanistan o Iraq, si sono ritrovati a dover affrontare davvero quel videogioco che era forse per loro, fino a qualche giorno prima, la guerra. Lasciati andare mentre la forza, il potere, i soldi, la finanza, tutto girava per i soliti noti; e girava alla grande arricchendo sempre meno ed impoverendo sempre più la maggioranza. Una storia uguale ovunque, perché tutto il mondo è paese da quando il mondo si è globalizzato e da quando lo ha fatto non per migliorare le condizioni di vita di tutti, ma creando al contrario un’incredibile quantità di diseguaglianze, le più profonde che non ci siano mai state. Perché questo popolo, così variegato, avrebbe dovuto votare dunque una donna così coinvolta nel potere come Hillary Clinton che segna il passo a tutto quello detto finora? Che ha fortemente voluto la guerra in Libia, che sostiene gli Emirati Arabi rimpinguandoli perché acquistino armi destinate ai Jihadisti? Questo ed altro ha pesato ed ha determinato il risultato che ha fatto vivere a noi tutti una giornata strana, incomprensibile a pelle, ma di cui capiremo i contorni solo a partire da domani.

 
 
 
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