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Dinosaur Jr - Live al Bloom, 15 Febbraio 2013

Post n°299 pubblicato il 17 Febbraio 2013 da syd_curtis
 

 

Avevo scritto orecchie in fiamme, ed è quanto ho puntualmente portato via dal Bloom nella serata di Venerdì. Non so come facciano J Mascis e soci a sopravvivere, al ritmo di un concerto a sera e a quei volumi; vengono in mente le parole di Thurston Moore (così per lo meno vuole la leggenda, chissà se poi le abbia mai pronunciate), riferite ai Dinosaur Jr degli inizi, ma tutt'ora valide: volumi spaventosi, mai sentito niente del genere. Viene anche in mente Bob Mould, e il tinnitus di cui soffre (confida nella sua recente biografia), dopo una vita passata su palchi squarcia-timpani. Bisogna pur dire che, nel nostro caso, molto fa anche la metratura del Bloom, assai ridotta, che amplifica il frastuono. La dimensione anche fisica del volume di suono la dava del resto, prima ancora che attaccassero a suonare, il muricciolo di Marshall-spia che stava alle spalle del terzetto.

Sia quel che sia, rumore volevamo e tanto ci ha dato il Dinosauro. Un'ora e mezza abbondante di vecchie e nuove canzoni, da The Lung che ha aperto il concerto, a Almost Fare (dal riff very very catchy), da Watch The Corners a niente meno che Training Ground, cover dei Deep Wound, il primo gruppo fondato da Mascis e Barlow nei primissimi anni Ottanta, quando erano ancora studentelli delle scuole superiori: I played guitar and J played drums, dirà Barlow presentando il brano come very very slow (in realtà un feroce supertreno hardcore da un minuto e mezzo).

Barlow ha il compito di intrattenere, si fa per dire, il pubblico (in realtà qualche battuta qua e là, frammista a grugniti: è tutto), mentre il contributo di public relation di Mascis è racchiuso in una mezza frase pronunciata tra una canzone e un'altra e in un accenno di falsetto, surreale, durante un altro intermezzo. Gente di pochissime parole, si sapeva, e dai modi un po' rudi. J Mascis, come già era accaduto in occasione del Live in solitario di un paio di anni fa, sempre al Bloom, dà l'impressione di estraniarsi da ciò che accade sul palco e davanti ad esso. Se Barlow vive il live con evidente agitazione (a tratti pareva volesse arrampicarsi sui Marshall alle sue spalle o zompare sulle spalle di Murph, che di agitarsi non può proprio fare a meno), J suona muovendosi appena. Come massima apertura alla danza, si produce in una rotazione sul bacino che ricorda, chessò, una ragazzina implume dello Zecchino D'Oro. Lunghi capelli bianchi, barba, panciona da quinto sesto mese, Mascis ruota sull'asse, chitarra in mano, mentre suona e canta (e stona) e tutt'intorno viene giù il locale: impagabile, buon vecchio J.

Come da copione, lo show si chiude sui brani che amiamo di più, la gloriosa Freak Scene (una lacrima, sob), il riff sempre scintillante che apre Forget the Swan e l'unico bis, concluso senza un saluto (così si fa, tiè!), di Just Like Heaven e Sludgefeast. Poi è solo tempo di far guarire i timpani, che fischiano come sirene, e di ringraziare il cielo della venuta del Dinosauro, qui a Monza Brianza. Fa tanto specie al sottoscritto che i tre, Mascis, Barlow e Murph, siano ancora assieme dopo quasi trent'anni e che non si siano (mi pare palese) ancora stancati. Vi divertite ancora a suonare ogni sera?, chiedeva Henry Rollins nell'intervista di cui al post precedente. More than ever, rispondeva Lou Barlow, con tutti i riccioli sugli occhi. C'è di che credergli: lunga vita al Dinosauro!

 
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