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latte e pastori

Post n°579 pubblicato il 14 Febbraio 2019 da diogene51
 

 

Molti di noi hanno visto la protesta dei pastori sardi con il latte versato per strada e molti si sono ribellati a ciò che vedevano: il latte è cibo primario, come il pane. Buttarlo per strada è sembrato a molti un sacrilegio.

Però da un lato è indubbio che se i pastori avessero organizzato diversamente la loro protesta, magari regalando il latte agli angoli delle strade, chi se ne sarebbe accorto? Con questa protesta i pastori hanno raggiunto una audience mediatica molto alta.

E d'altra parte loro, i pastori, sono l'anello debole della catena alimentare, come lo sono gli agricoltori per tanti altri prodotti. Il latte viene ora pagato ai pastori a 35 centesimi di euro al litro. Il latte sardo serve a produrre il formaggio (quello che si beve è una parte insignificante) il famoso pecorino sardo dop e non dop che costa nei negozi dai 15 euro al chilo in su. L'anno scorso il prezzo pagato ai produttori era di 1 euro al litro, poi è sceso a 0,65 e poi ancora sotto. In quel 0,35 ci deve stare la cura del bestiame, il foraggio, eventuali cure e il mantenimento del pastore e della sua famiglia. Non sono grandi aziende che producono il latte, sono una massa di piccoli imprenditori che vivono accanto al loro gregge con il sole e la pioggia.

Per converso i caseifici (che pagano i 35 centesimi) stanno in piedi, possono anche alzare il prezzo del formaggio agli intermediari e gli viene pagato, comunque sono aziende medie. C'è stata una crisi perché gli USA hanno richiesto meno formaggio e pur di piazzarlo alcuni caseifici hanno venduto prezzi bassi, così il prezzo del latte si è abbassato e siamo giunti alla situazione attuale.

E' chiaro che non basta alzare politicamente il prezzo del latte. Occorrerà un lungo lavoro per far sì che i pastori si riuniscano in cooperative così da poter meglio sostenere le crisi e anche da avere il potere di imporre un maggior prezzo.

Noi consumatori siamo contenti quando i prezzi si abbassano. Ma quando succede, per esempio con la frutta e la verdura, non è il supermercato che ci perde, è l'intermediario che comprime il prezzo pagato agli agricoltori. La politica di abbassare i prezzi serve essenzialmente a fidelizzare i clienti dei negozi. A noi consumatori fa piacere perché spendiamo meno ma prima o poi il sistema salta. Non per niente in Francia hanno emanato una legge che impone di vendere ad almeno il 10% in più del prezzo di acquisto.

 

 
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