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Pensieri e parole...

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Il post elezioni in pillole!

Post n°1341 pubblicato il 26 Settembre 2022 da scricciolo68lbr

L’esito delle elezioni politiche del 25 settembre 2022 è in linea con le aspettative: nessun risultato a sorpresa. Provo a trarne un primo bilancio.

È stato scongiurato, paventato da molti, il rischio di un Draghi bis; c’e stato un vero e proprio tracollo dei Dem con probabile conseguente ricambio (minimo) nella gestione del potere all’interno; si registra una sostanziale tenuta dei 5S, grazie a una campagna elettorale incentrata sui temi sociali, sul “ni” all’invio di armi in Ucraina e sull’autonomia dal PD, e grazie anche, naturalmente al consenso di cui gode, ancora oggi, Giuseppe Conte; Ilaria Cucchi in Senato e la Caporetto personale dell’ex Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che esce di scena in modo, direi, inequivocabile.

Ancora: la cosiddetta “Agenda Draghi” continuerà a sopravvivere nei fatti? Attendiamo per dirlo, le nomine nei Ministeri che contano, quali, ad esempio, Economia ed Esteri (in poche settimane si capirà se questo mini-sconvolgimento politico sarà una mera cosmesi). Preoccupa inoltre il ruolo che giocherà Berlusconi (ad esempio sulla Giustizia) e il constatare quel che resta della Lega di Salvini, così ridimensionata a vantaggio della Meloni (c’è stato un evidente travaso di voti dalla prima verso FdI).

Mai così alta l’astensione (36,1%, la più alta dal Dopoguerra), percentuale che esprime una sfiducia radicale su cui ci sarebbe moltissimo da dire e soprattutto da riflettere: una vera e propria secessione di chi si sente ai margini delle istituzioni e dalle formule rinsecchite della post-democrazia senza popolo. Al punto che verrebbe da chiedersi: voteranno alla fine solo le ztl, i paladini di single-issue e i settori più ideologizzati?

Deludente è stato anche il risultato delle cosiddette “forze antisistema” che non sono riuscite a mobilitare gli scontenti e il voto in uscita dallo zoccolo più intransigente dei 5S. Pesano certo i tempi ristretti della campagna elettorale, la frammentazione e soprattutto l’oscuramento mediatico a loro riservato, ma anche i troppi elementi di settarismo e di minoritarismo che non consentono di parlare oltre singole nicchie.

Il tema vero è però a mio avviso, il seguente: come poter rimotivare un pezzo sempre più consistente di società frastornato e disilluso, che non crede più nella possibilità di cambiare la realtà attraverso i canali tradizionali della partecipazione politica, anche alla luce dei fallimenti e dei tradimenti dei presunti “homines novi” della politica italiana?

Ovunque aleggia un senso da odissea senza approdo e di chiusura asfittica degli orizzonti, fra senso di fine imminente e schiacciamento sul quotidiano. Ma queste sensazioni nascondono forse anche una traccia, una memoria, una nostalgia dell’attesa per una “rivoluzione” in grado di avviare una profonda trasformazione sociale che si riferisca al “destino dell’uomo” e non a suoi particolari problemi. Ed è a questo sentimento che bisogna, a mio avviso, fare appello.

Naturalmente, questa rivendicazione di forme inedite di partecipazione e contestazione dell’ordine costituito e di nuove “visioni radicali” capaci di riannodare il legame sociale, può funzionare solo se l’azione politica viene sottratta alle mani della “neutralizzazione tecnocratica”, di matrice finanziaria globalista e neoliberale. Quel che è certo è che non esisterà salvezza per le istituzioni se esse non saranno in grado di riconquistare un rapporto profondo con la vita reale e popolare del Paese, in modo tale da intercettare tanto le condizioni concrete di vita delle persone quanto le istanze legittime, che sono anche e soprattutto domande di una “qualità di vita” diversa, di un diverso modo di relazionarci agli altri e verso noi stessi.

La prospettiva, più nel concreto, almeno per quanto mi riguarda, rimane sempre la stessa: incalzare quella risicata fetta di politica ancora sana su una linea di piena autonomia dalla “falsa contrapposizione” centrodestra/centrosinistra (entrambe in realtà prigioniere di un’interpretazione subalterna del vincolo esterno verso europa e patto atlantico e del paradigma neoliberale), sulla base di una piattaforma che, molto semplificando, si potrebbe definire “neosocialista”, poiché collocata dalla parte del nucleo sociale della Costituzione e del senso dell’autonomia della politica.

 
 
 
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