Il Diavolo in Corpo

Nel giorno della legalità.."Felicia Impastato"


La fiction, con Lunetta Savino nei panni di Felicia, si racconta anche il lato umano della donna, moglie di un mafioso e madre di un nemico di Cosa nostra. Nel film  si evidenzia la solitudine di questa madre ma allo stesso tempo il suo coraggio. Felicia è stata un esempio di svolta della coscienza,  lei era la moglie di un mafioso ma allo stesso tempo la mamma di un militante che combatteva la mafia. In questa situazione difficile, questa donna, cattolica, che credeva molto nei valori della famiglia, scelse di rispettare il marito ma quando fu costretta a fare una scelta non si schierò dalla parte della mafia ma da quella del figlio, della giustizia, della legalità. Ieri sera, Venerdì la Rai ci ha deliziato con questo film "Felicia Impastato", con Lunetta Savino, Carmelo Galati, Barbara Tabita, Antonio Catania e Giorgio Colangeli.La fiction, si racconta anche il lato umano della donna, moglie di un mafioso e madre di un nemico di Cosa nostra; nel film si evidenzia la solitudine di una madre ma allo stesso tempo il suo coraggio. Felicia è stata un esempio di svolta della coscienza, lei era la moglie di un mafioso ma allo stesso tempo la mamma di un militante che combatteva la mafia. In questa situazione difficile, questa donna, cattolica, che credeva molto nei valori della famiglia, scelse di rispettare il marito ma quando fu costretta a fare una scelta non si schierò dalla parte della mafia ma da quella del figlio, della giustizia, della legalità”.Un film emozionante, che attraverso la figura di Felicia, fiera e determinata, interpretata da Lunetta Savino ripercorre le tappe della vicenda di Peppino, ucciso per mano mafiosa. Nessuno dà credito a Felicia, solo il Magistrato Rocco Chinnici le crede, riprende in mano le carte, cerca i riscontri. Lo capisce anche la mafia che quel servitore dello Stato non è disposto a mollare per arrivare alla verità. Il 29 luglio 1983 Chinnici viene ucciso in un attentato, ma la sua passione civile ha contagiato Francesca Imbergamo, studentessa di Giurisprudenza che diventa Magistrato, è lei a riaprire i faldoni, a riannodare i fili. Sono due donne a chiedere giustizia e a ottenerla. Il 25 ottobre del 2000 Felicia Impastato entra nell’aula di tribunale per guardare in faccia, in videoconferenza il boss Gaetano Badalamenti, condannato all’ergastolo.
"E tu ammazzasti a me figghiu" guardandolo dritto negli occhi!"
La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.