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A streetcar named desire..

Post n°8219 pubblicato il 03 Dicembre 2017 da nina.monamour

 

 

Il 3 dicembre 1947 andava in scena a Broadway il dramma di Tennesse Williams, poi portato al cinema nel '51 conquistando quattro Oscar e lanciando la carriera del protagonista. In Italia andò in scena nel '49 diretto da Luchino Visconti con Gassmann e Mastroianni.

La leggenda vuole che fosse proprio su un tram, su cui girovagava da studente, che il giovanissimo e inquieto Tennessee Williams si facesse l'idea di un dramma che svelava il lato oscuro del sogno americano. Forse i tram non c'entravano proprio niente, ma quel che è certo è che quella storia divenne il capolavoro di Williams, un testo amato, odiato, comunque conosciuto in tutto il mondo, una pietra miliare del teatro e del cinema che ancora oggi si continua a leggere e a vedere rappresentato con interesse ed emozione.


Settant'anni fa debuttava a New York , al Barrymore Theatre, una delle grandi sale di Broadway, Un tram che si chiama desiderio, (il titolo originale è A streetcar named desire), una storia in tre atti che alzava il velo sulla macchina oppressiva della famiglia, sull'anima ipocrita dei pregiudizi, la feroce stupidità delle paure morali. Williams, che scriveva drammi teatrali dal '36, veniva dal successo, nel '44, di Zoo di vetro, chiamato a collaborare per alcune sceneggiature per Hollywood (cosa che fece malvolentieri), aveva conosciuto una serie di registi, tra cui Elia Kazan.

È lui a firmare il primo esordio sulla scena del Tram, quattro anni prima del film che diventerà un cult assoluto della cinematografia di tutti i tempi. Si racconta che Kazan avesse finito il cast per la scelta degli interpreti abbastanza deluso, senza essere convinto di chi potesse prendere il ruolo del protagonista Stanley Kowalsky, uomo complesso, nevrotico, spigoloso, quando gli si presentò davanti, affannato e in ritardo per via di vari problemi con i mezzi di trasporto, un giovane attore, il miglior allievo dell'Actor's Studio di New York, che conquista subito tutti, regista e autore. Era Marlon Brando che con Jessica Tandy (Blanche),  Kim Hunter (Stella) e Karl Malden (Mitch) portò al successo il dramma.

Tutto si svolge in un quartiere popolare della chiassosa New Orleans, negli stessi anni in cui il testo viene scritto. Nel modesto appartamento di Stanley e Stella, una coppia della working class, si annuncia l'arrivo della sorella di lei, Blanche, donna strana, borghese, vedova di un marito omosessuale, interessi culturali, ma anche molti lati oscuri, con una sensualità spiccata in odore di ninfomania, con parecchi scandali alle spalle, qualche disagio psichico evidente. Decisamente fuori posto in quella casa.

Tra lei e Stanley, reduce di guerra di origini polacche, maschilista, prestante ma prepotente, rude, si innesca un rapporto di attrazione e opposizione, da subito sottilmente violento, sfocerà in una sorta di stupro, che porterà Blanche in manicomio e lascerà Stanley e Stella, intanto rimasta incinta, nella loro instabile relazione.  

Il debutto a Broadway fu un successo di pubblico enorme, 855 repliche, mentre la critica si divise tra chi parlava di un lavoro di grande spessore e chi di uno da "oltraggio al pudore". Quel che è chiaro a tutti è che il dramma, Premio Pulitzer sempre nel '47, mette per la prima volta l'America allo specchio su cose come omosessualità, sesso, disagio mentale, famiglia come luogo non proprio raccomandabile, maschilismo, femminilità maltrattata, ipocrisia sociale.

Temi autobiografici, perché il povero Williams, omosessuale, subì, non senza danni interiori, una figura paterna autoritaria, una famiglia opprimente e tradizionalista e riversò nella follia di Blanche la fragilità della sorella, una ragazzina fuori norma, che venne lobotomizzata perdendo per sempre il senno.

 

 

 

 
 
 
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