Quid novi?

Le Filippiche


Secondo voi, leggendo il brano riportato qui sotto, è cambiato qualcosa negli ultimi 400 anni?"E fino a che segno sopporteremo noi, o prencipi e cavalieri italiani, di essere non dirò dominati, ma calpestati dall'alterigia e dal fasto de' popoli stranieri, che, imbarbariti da costumi affricani e moreschi, hanno la cortesia per viltá? Parlo ai prencipi ed ai cavalieri; ché ben so io che la plebe, vile di nascimento e di spirito, ha morto il senso a qualsivoglia pungente stimolo di valore e di onore, né solleva il pensiero piú alto, che a pascersi giorno per giorno, senza aver cura se mena la vita a stento, come gli animali senza ragione, nati per faticare. Ma negli animi nobili non credo che sieno ancora svaniti affatto quelli spiriti generosi, che giá dominorno il mondo, benché i nostri nemici gli abbiano con gli artifici loro quasi tutti infettati di non meno empi che servili pensieri; empi e servili, dico: imperoché l'accettar promesse di previsioni e croci e titoli vani, per dovere ad arbitrio loro impugnar l'armi contra la propria nazione, non si può scusar d'empietá; né sono cotesti, segni o fregi d'onore; ma vili premi di servitú patteggiata.Tutte l'altre nazioni, quante n'ha il mondo, non hanno cosa piú cara della lor patria, scordandosi l'odio e l'inimicizie che regnano fra loro, per unirsi a difenderla contro gl'insulti stranieri; anzi i cani, i lupi, i leoni dell'istessa contrada, del medesimo bosco, della foresta medesima, si congiungono insieme per la difesa comune; e noi soli italiani, diversi da tutti gli altri uomini, da tutti gli altri animali, abbandoniamo il vicino, abbandoniamo l'amico, abbandoniamo la patria, per unirci con gli stranieri nemici nostri! Fatale infelicità d'Italia, che dopo aver perduto l'imperio, abbiamo parimenti perduto il viver politico; e senza riguardo di legge umana o divina, abbiamo in costume di abbandonare i nostri e aderire all'armi straniere per seguitar la fortuna del piú potente; sì che se il Turco medesimo passasse (che Dio nol voglia) in Italia armato, in cambio di unirci tutti contra di lui, ci troverebbe in gran parte seguaci suoi. Cosí è cresciuta la viltá e la dappocaggine in noi, che siamo piú avidi di soggettarci, che non sono i nemici nostri di riceverne in soggezione; e ci rallegriamo d'essere comandati da coloro, che giá solevano gloriarsi d'essere nostri vassalli.Io non favello a quelli infelici popoli o prencipi, i quali col mal governo loro furno giá i primi a tirarsi addosso questa ruina; imperoché il lor male giá si è convertito in natura; e sono sforzati, quando anco ciò non fosse, di accomodarsi al tempo; ma parlo a' sani e incontaminati dalla superba tirannide, che tutti biasimano e tutti adorano, chi per timore, chi per ambizione, chi per avarizia, e corrono a truppe nell'esercito regio per venturieri, non s'accorgendo i miseri, che tanto le minacce quanto le promesse, che di lá vengono, sono larve notturne che spariscono al tocco".Alessandro Tassoni (Modena, 28 settembre 1565 - Modena, 25 aprile 1635)Da: Le Filippiche (1614). Incipit della Filippica Prima.