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Il poeta di Trastevere: Romolo Lombardi

Foto di valerio.sampieri

Il poeta di Trastevere: Romolo Lombardi

Con Romolo Lombardi si è spenta anche l'ultima voce di quella stagione poetica cui diede impulso Giggi Zanazzo; voce della vecchia Roma fra le più sincere e immediate, che toccava il cuore dei romani, e in particolar modo dei trasteverini, con le espressioni ancor vive della tradizione e dei sentimenti e degli ideali genuinamente popolari. Di questa voce Ettore Veo notava gli accenti rudi, ma caratteristici e personali; Ceccarius la forte schiettezza di autentico figlio del popolo; Luigi Volpicelli, infine, per rilevarne la vivacità rappresentativa ed espressiva, narra d'aver visto popolani trasteverini trasfigurarsi, nell'ammirazione, mentre ascoltavano il poeta recitare le sue poesie.
Nato nel 1885 nel vecchio e glorioso Rione, Romolo Lombardi vi si radicò nella tradizione, abbeverandosi alla genuina e perenne polla dell'arte e dell'espressione popolari, ricercando e riscoprendo la poesia de «li cantoncelli », raccogliendo la voce delle leggende; facendo sua, in una parola, l'anima, la vita, la storia e la cronaca del Rione che poi diverrà per lui un mondo ideale, ma poeticamente e realisticamente vero.
Gli piacque di essere chiamato « er poeta de Trestevere »; ma non per ambizione; gli piaceva di essere così riconosciuto «tresteverino», poeta di sentimenti e di espressione trasteverini, perché aveva sicura e viva coscienza della sua arte, del suo mezzo espressivo e soprattutto della sua ispirazione. Cominciò a comporre versi ancora adolescente, in quegli anni in cui si andava spegnendo la musa del Pompieretto, altra autentica voce trasteverina, e a questo precoce inizio forse non è del tutto estranea l'ammirazione del giovinetto per l'infelice poeta che nel Rione era conosciuto e amato. Maestro in quei primi passi e per molto tempo ancora gli sarà Giggi Zanazzo, quello dei Fiori d'acanto, più che l'altro, cantore e dipintore della vita e degli usi popolari. Il lirismo e il sentimento pienamente effusi nei versi di questo libro erano tali da far presa nell'animo giovanile e istintivo del nostro poeta, che così lo vanta :

Ho letto, bene mio, "Fiori d'acanto",
che libbro, Teta mia, che sentimento ...
Che se potrebbe mai metteje accanto
a 'sto libbro che, crédime, è un portento?
Dove li fiori sò' sospiri ar vento,
e le fronne che sfronni, ognuna è un canto?

Ma il grande e vero maestro di Lombardi sarà poi il Belli, dal quale apprenderà tutto, la concretezza del linguaggio e dei fatti, la validità e l'efficacia di alcune parole ed espressioni, la struttura della strofe e la robustezza del verso; e sul Belli, inoltre, scoprirà la propria vocazione e si farà una personalità poetica, originale e spiccata.
Al concorso per una poesia romanesca, bandito dal giornale Il Messaggero, nel 1911 in occasione dei festeggiamenti per il cinquantenario della proclamazione di Roma capitale d'Italia, Romolo Lombardi s'impone in modo assoluto: vince il primo premio con la poesia Er carettiere a vino, nella quale già le migliori qualità del poeta si rivelano complete e artisticamente mature. Un nuovo e vero poeta è stato laureato. La poesia era allora nel pieno suo splendore: Trilussa e Pascarella hanno fama nazionale; Armando Luciani, Luigi Ghilardi, Orazio Giustiniani, Augusto Jandolo e molti altri, v'introducono motivi e accenti insueti, ne fanno una espressione di sincera liricità. Lombardi entra nel novero con pieno riconoscimento: il poeta collabora ai fogli dialettali e in giornali quotidiani, è presente nelle feste delle canzoni per le quali scrive versi che, a dirla con Veo, sono espressione anch'essi d'un vivo lirismo (basta ricordare: Er serciarolo romano del 1924): una vasta produzione che poi sarà in gran parte raccolta nei seguenti volumi: L' orìggine de Roma, Sotto ar celo de Roma, Un caffè ... quasi storico, Pinelli, Trestevere mio, Amore amaro- Colloqui spirituali.
Che cosa ci dice, che cosa canta dunque la voce di Romolo Lombardi?
Ci dice e canta del mondo caro d'una volta; un mondo d'immagini e visioni vive e belle, dove sorgono figure e personaggi e riaccadono fatti di attraente e immediata realtà; un mondo che continuamente rinasce e vive nella concretezza esistenziale, contemporanea e presente; un mondo infine di verità e di sentimento che prende un nome - Trestevere - e che si configura nello spazio e nei limiti di una topografia ideale. Dentro questo mondo il poeta vive, si muove, cerca: cerca dietro il richiamo della bellezza e del passato. Il vecchio e caro- rione per il poeta è sempre una presenza reale e un ricordo, contemporaneamente; quella e questo si sovrappongono, o si sostituiscono a vicenda, dando vita a vere ed efficaci situazioni poetiche, liricamente valide. È un gioco a volte meraviglioso, nel quale realtà e fantasia, epoca storica e tempo lirico si accavallano, come è dato avvertire nelle poesie La Fionna, Rot,nani der Seicento, Er poeta a braccio, Giustizia a Ponte, o in quella che fu davvero la prima lirica di Lombardi: Er carettiere a vino. Un « cantoncello )), un vicoletto, una finestrella, un mignano visti in un'ora o nell'altra della giornata o della notte; un rintocco di campana, una voce o una canzone di donna; un viso che ricordi « l'accimatura de la razza nostra»; il cigolio, in lontananza, d'un carretto; il sussurrare notturno e lo scorrere limaccioso del fiume, o altre cose, bastano al poeta, perché dalla sua fantasia nascano, o ritornino a popolare il mondo reale che ne circonda, figure come il fromboliere, come il poeta, come il carrettiere; o per dipingere infine scene e paesaggi ideali, del rione e della campagna e a rievocare avvenimenti, a commentare e a narrare.
Luigi Volpicelli, nell'episodio già ricordato, riferisce che uno degli ascoltatori, nel suo entusiasmo, si rivolse al poeta dicendogli: - Sei un mago! - Il popolano colpiva nel segno, rilevando sinteticamente e istintivamente la vivezza rappresentativa con la quale il nostro Romolo evoca e ci ripresenta persone, fatti e cose, di realtà storica o di pura invenzione.
Come tutti i veri poeti Lombardi s'era creato un suo mito: il mito «de Trestevere »; e più che mito vorrei dire che s'era creata la ricordanza «de Trestevere », il lievito fecondo della sua poesia. La trasfigurazione della realtà oggettiva, attraverso il sentimento e il ricordo, è viva e operante in questo poeta di popolo ed è veramente notevole come egli sappia attentamente controllarsi, così che non lo vediamo mai cadere nel facile sentimentalismo, o nella vacua verbosità, come invece suole spesso succedere ad altri.
In questa posizione poetica di Lombardi si può ritrovare capovolta quella òel Pompieretto. Al contrario di questi che sente il richiamo d'un ideale, ma impreciso e inafferrabile e perciò non riferibile a una realtà propria, di fatto o d'invenzione, e quindi motivo di disperata e cupa malinconia, Lombardi dal proprio canto idealizza la realtà, quella d'una volta, « er Trestevere lontano», dove tutto si ricolloca e prende significato, e la contempla in piena espansione e felicità lirica.
L'ultimo volume, Amore amaro- Colloqui spirituali, apparve nel 1958: vi sono raccolti versi della gioventù, dedicati all'amore, e versi di questi ultimi anni, dedicati al ricordo di amici poeti scomparsi. Mettendolo insieme il poeta ha voluto riaccostarsi coi primi alla fresca polla della giovanile ispirazione e con gli altri guardare avanti, ancora più lontano, verso la sorgente della vita e della poesia: l'Eternità. Il libro si chiude con una visione, ora non più del Trestevere lontano, ma di una luminosa Regione, dove ormai desidera approdare:

... là su le rive de la «Città Nova»
a beve l'acqua limpida, serena,
che, in eterno, zampilla e se rinnova
inzino a che la tromba dell' Arcangiolo
- resurrezione! - nun sarà de scena!

Caro Lombardi! Sentiva arrivarla la sua ora e attendeva serenamente. Inviando, poco tempo prima, al nostro Ceccarius la sua poesia per la Strenna, gli scriveva che questa sarebbe stata proprio l'ultima volta che lo faceva e lo pregava di salutare tutti gli amici romanisti. Si congedava così, in piena coscienza, e con immutata fedeltà, dal suo caro mondo e dalla sua poesia.

Vittorio Clemente da Strenna dei Romanisti, 1962, pagg. 13-16.

Bibliografia di Romolo Lombardi (1885-1962), tratta da "Un libbro va, uno vié - Bibliografia della letteratura romanesca dal 1870 al Duemila" di Giulio Vaccaro, Aracne Editrice S.r.l., giugno 2007:
Amore amaro: colloqui spirituali. Poesie romanesche - Roma, Tip. B. Fogar, 1958, pagg. 118
L'origgine de Roma. Nel Natale de Roma dell'Anno 1927 - Roma, Off. Scuola Tipografica dell'Istituto di S. Michele, 1927, pagg. 16
Pinelli: poemetto in versi romaneschi - Roma, C.S.C., 1948, pagg. 43
Sott'ar Celo de Roma - Roma, Unione storia ed arte, 1928, pagg. 155
Trestevere mio! - Roma, Tip. U. Pinto, 1953, pag. 172, ill. Edizione stampata in 100 esemplari in carta Fabriano numerati e firmati dall'Autore, con Prefazione di Ceccarius.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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