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Il Malmantile racquistato 11-2

Post n°1928 pubblicato il 16 Agosto 2015 da valerio.sampieri
 

UNDECIMO CANTARE

28.
Che là nel mezzo a' suoi nemici zomba,
Di modo ch'essi sceman per bollire (1165);
Chè dove i colpi ella indirizza e piomba,
Te gli manda in un subito a dormire
Che nè meno col suon della sua tromba
Camprïan(1166) gli farebbe risentire:
E quanto brava, similimente accorta,
A combattere i suoi così conforta:

29.
Su via, figliuoli: sotto, buon piccini;
Facciam di questi furbi un tratto ciccioli (1167):
Non temete di questi spadaccini
Ch'al cimento non vaglion poi tre piccioli (1168):
E se in vista vi paion paladini,
Han facce di leoni e cuor di scriccioli (1169):
E se 'l gridare e il bravar lor v'assorda,
Il can ch'abbaia raro avvien che morda.

30.
In quel ch'ella da ritto e da rovescio,
Così dicendo, va sonando a doppio,
Dà sul viso al Cornacchia un manrovescio
Che un miglio si sentì lontan lo scoppio;
Di modo ch'ei cascò caporovescio,
Pigliando anch'egli un sempiterno alloppio;
Ma il sapor non gustò già de' buon vini,
Come chi prese (1170) il suo de' cartoccini.

31.
Sperante per di là gran colpi tira
Con quell'infornapan della sua pala;
Ne batte in terra, sempre ch'ei la gira,
Otto o dieci sbasiti per la sala;
Talchè ciascuno indietro si ritira
O per fianco schifandolo fa ala;
E chi l'aspetta, come avete inteso,
Ha, come si suol dir, finito il peso (1171).

32.
Amostante, che vede tal flagello
D'un'arme non usata più in battaglia,
Alza la spada, e quando vede il bello,
Tira un fendente e in mezzo gliela taglia.
Riman brutto Sperante, e per rovello
Il resto che gli avanza all'aria scaglia;
Vola il troncone, e il diavol fa ch'ei caschi
Sulla bottiglieria tra vetri e fiaschi.

33.
Dalle diacciate bombole (1172) e guastade
Il vino sprigionato bianco e rosso
Fugge per l'asse, e da un fesso cade
Giù dov' è Piaccianteo, e dàgli addosso.
Ei che nel capo ha sempre stocchi e spade,
A quel fresco di subito riscosso,
Pensando sia qualche spada o coltello,
Si lancia fuora, e via, sarpa (1173), fratello.

34.
Ma il fuggir questa volta non gli vale,
Perch'Alticardo, ch'al passo l'attende,
Il gozzo gli trafora col pugnale
E te lo manda a far le sue faccende;
Così dal gozzo venne ogni suo male,
Per lui fallì, per lui la vita spende;
E vanne al diavol, che di nuovo piantalo
A ustolare (1174) a mensa appiè di Tantalo.

35.
Era sua camerata un tal Guglielmo
C'ha la labarda (1175) e i suoi calzoni a strisce;
Un bigonciuolo ha in capo in vece d'elmo,
E tutto il resto armato a stocchefisce (1176);
Alemanno è costui berneiter scelmo (1177),
E con quel dir che brava ed atterrisce,
Sbruffi fetenti scaricando e rutti
In un tempo spaventa e ammorba tutti.

36.
Costui, che a quel ghiottone a tutte l'ore
Fu buon compagno a ber la malvagía,
Per non cadere adesso in qualche errore
E fare un torto alla cavalleria (1178),
Pur anco gli vuol far mentre ch'ei muore,
Con farsi dar due crocchie, compagnia
E non durò molta fatica in questo,
Ch'ei trovò chi spedillo e bene e presto.

37.
Perchè voltando il ferro della cappa (1179)
Verso Alticardo a vendicar l'amico,
Quei gliele (1180) scansa, e gli entra sotto e 'l chiappa
Colla spada nel mezzo del bellico;
Onde il vin pretto in maggior copia scappa,
Che non mesce in tre dì l'Inferno e il Fico (1181);
Ma non va mal, perch'ei caduto allotta,
Mentre boccheggia, tutto lo rimbotta.

38.
Gira Sperante peggio d'un mulino,
Perch'arme alcuna in man più non gli resta;
Pur trova un tratto un piè d'un tavolino
E Ciro incontra e gli vuol far la festa;
Ma quei preso (1182) di quivi un sbaraglino,
Una casa con esso a lui fa in testa;
Perchè passando l'osso oltr'alla pelle,
Nel capo gli raddoppia le girelle.

39.
Ritrasse già Perlone un certo matto,
Ch'aveva il naso da fiutar poponi;
E perch'ei nol pagò mai del ritratto,
Però fa seco adesso agli sgrugnoni (1183);
E dieglien'un sì forte, che in quell'atto
Gli si stiantò la stringa de' calzoni,
Che qual tenda (1184) calando alle calcagna,
Scoprì scena di bosco e di campagna.

40.
Tosello, che in fierezza ad uom non cede,
Riesce adesso qui tutto garbato;
Perch' ei risana un zoppo da un piede,
Ch'ognor su quella parte andò sciancato;
Mentre di taglio un sopramman gli diede
In quel che sano avea dall'altro lato,
Che pareggiollo; ond'ei fu poi di quei
Che dicon: qui è mio (1185), e qua vorrei.

41.
Grazian di sangue in terra ha fatto un bagno,
Ond'egli è forza a chi va giù che nuoti:
Affetta un salta (1186) e un birro col compagno,
E stroppia un tal che fa le gruccie (1187) a' boti,
Che vien(1188) da un trombettier di Carlo Magno
Quando le mosse dar fece a' tremoti;
Toglie ad un l'asta il qual fa il paladino;
Sebben con essa fu spazzacammino (1189).

42.
Tutto tinto (1190) ne va Puccio Lamoni
Stoccheggiando nel mezzo della zuffa;
E in Pippo un tratto dà del Castiglioni
Che mascherato ancor tira di buffa (1191):
Ed ei che nel sentir quei farfalloni (1192)
Venir piuttosto sentesi la muffa,
Passandolo pel petto banda banda,
A far rider le piattole (1193) lo manda.

43.
Nanni Russa ha più là pien di ferite
Pericolo che fu scopamestieri;
Fu pallaio, sensale, attor di lite,
Stette bargello ed abbacò di zeri
Prese l'appalto alfin dell'acquavite,
Ma con essa svaniro i suoi pensieri,
Non più il vino stillando ma il cervello,
Per mettervi (1194) poi il mosto e l'acquerello.

44.
Con Dorïano il Furba ecco alle mani,
Di ferro da stradieri impugna un fuso;
E l'altro una paletta da caldani,
E con essa a lui cerca e sbracia il muso
Ma perchè quei le (1195) scuote come i cani,
Gli scarica il suo solito archibuso
Ch'egli ha a' monnini (1196), e vanne un sì terribile
Che lo flagella e mandalo in visibile (1197).

45.
Maso di Coccia avria colla squarcina (1198)
Fatto d'ognun polpette e cervellata,
Se a tanto mal non fea la medicina
Col dar sul grifo a lui Salvo Rosata,
Che sapendo ch'ei fa la contadina (1199),
Vuol ch'e' faccia però la tombolata;
Ch'essendo presso all'uscio della sala
Lo spinge fuori a tombolar la scala.

46.
Palamidone intanto colla mano
In tasca a Belmasotto andava in volta (1200),
Per tirarne la borsa in su pian piano
Per carità che non gli fosse tolta;
Ma il buon pensier ch'egli ha riesce vano,
Perch'egli col pugnal se gli rivolta
E fa per caritade anch'ei che muoia,
Acciò la vita non gli tolga il boia.

47.
Quasi di viver Batistone stufo,
Egeno affronta con un punteruolo;
E perchè quei l'uccella (1201) come un gufo,
Salta ch'ei pare un galletto marzuolo.
E tanto fa, ch'Egeno il mal tartufo
Manda (1202) con un buffetto a far querciuolo;
E poi lo piglia, e in tasca se l'impiatta
Per darlo per un topo a una gatta.

48.
Romolo infilza per lo mezzo al busto
Sgaruglia, che in un canto era fuggiasco,
Ed ei ne muor con molto suo disgusto,
Perch'egli aveva a essere (1203) a un fiasco.
Tira in un tempo stesso a un bell'imbusto,
E passagli un vestito di dommasco;
E quei gli duol(1204), chè 'l rinnovò quell'anno,
E se e' si muor, vuol che gli paghi il danno.

49.
L'armi Papirio ad un Fiandron(1205) guadagna
Che fa il Tagliacantoni e lo Smillanta:
Ma se a parole egli è Spaccamontagna,
All'ergo poi riesce Spadasanta:
Perch'ei (1206), fattegli al ciel dar le calcagna
Non una volta dice ma cinquanta:
Sta' su, chè in terra i pari miei non danno (1207)
Ed ei risponde: s'io sto su, mio danno!

50.
Da Enrico il Mula e l'oste degli Allori
Son mandati per sempre a far un sonno;
Miccio e 'l Baggina da Strazzildo Nori
Sono inviati dove andò il lor nonno;
E nelle parti giù posterïori
Panfilo aggiusta Meo che vende il tonno,
Talchè se allor putiva, or chi s'accosta
Sente che raddoppiata egli ha la posta.

51.
In abito Scarnecchia da Coviello
Tinta ha di brace l'una e l'altra guancia,
E per sua spada sfodera un fuscello
C'ha 'l pome d'una bella melarancia;
Rivolto con quest'armi a Sardonello,
Ferma! gli dice: guárdati la pancia!
Ed ei risponde: questo è pensier mio;
E dàgli un colpo e te lo manda a Scio (1208).

52.
Gustavo Falbi con un soprammano
Di netto il capo smoccola a Santella,
Scaramuccia si muor sotto Eravano,
Ch'ammazza anche Gaban da Berzighella,
E sventra quel birbon dell'Ortolano
Che fa il minchion per non pagar gabella;
Ma colto poi vi resta ad ogni modo,
Mentre adesso gli va la vita in frodo.

53.
Armato a privilegi omai Rosaccio (1209)
Marte sguaina (1210) e Venere influente;
Ma presto Sardonello sul mostaccio
Gli fece colla spada un ascendente,
Che piove al collo e privalo d'un braccio
Ond'ei in quel punto andando all'occidente,
Vede le stelle e l'una e l'altra sfera,
Nel viso eclissa e dice: buona sera.

54.
Mein per fianco sentesi percosso
Dallo stidion del cucinier Melicche
Parasitaccio, porco grande e grosso,
Perchè il ghiotto si fa di buone micche (1211).
Si rivolta Meino, e dà al colosso
Nella gola che ha piena di pasticche;
Talchè morendo dolcemente il guitto:
Addio cucina, dice, ch'io ho fritto.

55.
Già per la stanza il sangue era a tal segno
Ch'andar vi si potea co' navicelli;
Istrïon Vespi (1212), tutto furia e sdegno
Rinvolto ha quivi il povero Masselli;
E col coltel da Pedrolin di legno
Su pel capo gli squotola (1213) i capelli,
Acciò, trattane poi la lisca (1214) e il loto,
Più bella faccian la conocchia a Cloto (1215).

56.
Il Gatti e Paol Corbi inveleniti,
Quasi villan che i tronchi ed i rampolli
Taglin di Marzo a' frutti ed alle viti,
Potan da' busti braccia, gambe e colli;
A tal ch'ai paesani sbigottiti
E dal disagio sconquassati e frolli,
Oltre che a pochi il numero è ridotto,
Cominciaron le gambe a tremar sotto.

Note:
(1166) CAMPRIANO. V'è una Storia di Campriano, astuto contadino, di cui, fra le altre frottole, si racconta che aveva una tromba colla quale resuscitava i morti.
(1167) CICCIOLI. Lardinzi, larderelli di maiale.
(1168) PÍCCIOLO. La quarta parte del quattrino.
(1169) SCRICCIOLO. Uccello piccolissimo.
(1170) COME CHI PRESE ecc. Vedi c. I, 75.
(1171) FINITO IL PESO. Il cómpito, la vita; dal lavoro di lana o altro, che si dà a fare, e che pesa quel tanto.
(1172) BOMBOLE. Vedi c. VIII, 44.
(1173) SARPA. Salpa, se ne va. L'aggiunta della voce fratello è posta per enfasi, e quasi per un giuro. (Minucci.)
(1174) USTOLARE. Si dice propriamente de' cani che mangian quasi le vivande cogli occhi. È noto come Tantalo fu condannato anch'egli a ustolar sempre in inferno.
(1175) LABARDA. Intende il Ferraiuolo o cappa. Vedi c. IX, 48.
(1176) STOCCHEFISCE. Pesce salato. Vuol dire che costui era ingordo e sudicio.
(1177) BERNEITER SCELMO. Briccone, scellerato.
(1178) CAVALLERIA. Grado di cavaliere.
(1179) CAPPA, qui, per converso, è preso in senso di alabarda. Vedi sopra 35.
(1180) GLIELE, Come oggi gliene in Firenze, è relativo di nome in qualsiasi genere e numero.
(1181) L'INFERNO ecc: Nomi di due osterie che furono in Firenze.
(1182) PRESO ecc. Nel giuoco di sbaraglino. Fare una casa, vuol dire Raddoppiar le girelle o rotelline, come nella dama. Girelle poi qui è preso nel senso di Giri di cervello.
(1183) SGRUGNONE. Pugno dato nel viso.
(1184) TENDA. Sipario.
(1185) QUI È MIO ecc. Si dice di quegli sciancati che ad ogni mossa di piede sembrano voler prendere una nuova direzione.
(1186) SALTI chiamavansi donzelli dell'Ufizio dell'Onestà, il quale s'occupava di meretrici.
(1187) FA LE GRUCCE ecc. Uno scultore dappoco. Vedi c. III, 27; e IV, 17.
(1188) CHE VIEN ecc Esprime con questi due versi la prosunzione di costui, il quale si credeva un Buonarrotì e si piccava di nobile.
(1189) GLI SPAZZACAMMINI portavano già una pertica in ispalla.
(1190) TUTTO TINTO  perchè il Minucci (Puccio Lamoni) fu di faccia bruna.
(1191) TIRA DI BUFFA. Fa il buffone. Le Buffe erano un simile degli aliossi, che son giuoco da fanciulli; onde, il modo può equivalere a Fanciulleria. Ma Buffa è anche la visiera dell'elmo: e perciò Tirar giù buffa a suona Operare senza riguardo.
(1192) FARFULLONI. Gli spropositi che dice il Castiglioni.
(1193) LE PIATTOLE. Vermi che stanno negli avelli. (Minucci.)
(1194) METTERVI ecc. Consumarvi tanto le buone che le cattive sustanze. (Minucci.)
(1195) LE. Le percosse.
(1196) MONNINI. Vedi c. I, 44. Dà a questi monnini il potere di uccidere, per la loro scipitaggine e pel fastidio che ingenerano.
(1197) IN VISIBILE o piuttosto in invisibile, cioè tanto lontano da non vederlo piú mai.
(1198) SQUARCINA. Spada corta e larga.
(1199) CONTADINA. Specie di danza.
(1200) IN VOLTA. Attorno frugando.
(1201) L'UCCELLA. Lo schernisce come gli uccelli fanno al gufo.
(1202) MANDA ecc. Lo manda a gambe all'aria.
(1203) AVEVA A ESSERE ecc. Aveva promesso di trovarsi a bere in comitiva.
(1204) E QUEI GLI DUOL. E quei se ne lagna.
(1205) FIANDRON. Uomo di Fiandra, Ammazzasette.
(1206) EI. Papirio.
(1207) NON DANNO colpi.
(1208) LO MANDA A Scio. Vedi c. V, 13.
(1209) ROSACCIO (Vedi c. III, 63) ciarlatano che mostrava privilegi di principi per accreditare i suoi rimedi.
(1210) SGUAINA. Cava fuori. Il resto dell' ottava è pieno di allusioni equivoche prese dal linguaggio astrologico.
(1211) MICCHE. Minestre.
(1212) ISTRION VESPI. Cognato dell'autore, scrisse piacevoli commedie nelle quali recitava, facendo in ispecie la parte di Pedrolino, servo sciocco, armato di un coltello di legno.
(1213) SQUOTOLARE. Battere il lino.
(1214) LA LISCA. La parte legnosa e dura.
(1215) CLOTO è una delle tre Parche.

"Il Malmantile racquistato" di Lorenzo Lippi (alias Perlone Zipoli), con gli argomenti di Antonio Malatesti; Firenze, G. Barbèra, editore, 1861)

 
 
 
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