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« Quale dei due?Una fiaba »

De claris mulieribus 13

Post n°1872 pubblicato il 28 Luglio 2015 da valerio.sampieri
 

CAPITOLO XIII.
Ipermnestra, Reina d’Argo.

Ipermnestra, famosa per nazione e per dignità, fu figliuola di Danao, re degli Argivi, e fu moglie di Linceo. E trovasi per le antiche storie, che già furono in Egitto due fratelli figliuoli del primo Belo, e furono maravigliosi per eccellenza di signoria, dei quali l’uno fu chiamato per nome Danao, l’altro Egitto. E benchè egli avessino uguali signorie non ebbero uguale fortuna di figliuoli; perchè Danao ebbe cinquanta figliuole, e Egitto altrettanti figliuoli maschi. E avendo Danao per augurio, dovere essere morto per mano d’uno di que’ nipoti, e nascosamente essendo stimolato da molta paura, non sapendo quali egli dovesse avere sospetti per sì gran moltitudine; avvenne, che cominciando ad essere grandicelli quelli figliuoli, e quelle figliuole, Egitto domandò che tutte le figliuole di Danao fossero date ai figliuoli, alla qualcosa (pensando Danao orribile peccato) volentieri consentì. E di più dando le figliuole ai nipoti, apparecchiandosi lo sacrificio delle nozze, informò tutte quelle con gran sollecitudine, che se volessero la sua salute, ciascuna la prima notte uccidesse con ferro lo suo marito quando ella lo vedesse gravato di vino e di vivande, e legato di grave sonno. Le quali tutte portati i coltelli nascosamente nelle camere, di comandamento di lor padre li uccisero, essendo quelli giovani matti di grave ebrietà. Ma sola Ipermnestra s’astenne del peccato, perchè già la fanciulla avea posto l’animo al marito, il quale avea nome Linceo; secondo l’usanza delle fanciulle, siccome il vide l’amò, e così avendogli compassione, con grandissima sua lode si astenne di ucciderlo, e confortò lo giovine che si fuggisse, per lo quale fuggire egli campò. E, facendo la mattina lo crudel padre festa per lo commesso peccato, sola Ipermnestra fu presa e messa in prigione, dove per alcuno spazio ella pianse la pietosa opera. Oh miseri uomini con quanto cupido animo, e come caldo, desideriamo noi le cose che deono perire! e per che maledette vie, dispregiando il fine, montiamo noi all’alte cose, e con che peccato serviamo noi quelle quando vi siamo montati! come noi pensiamo, con perverse opere potere mutare la mutabile fortuna! E (che è da ridere) con quali scellerati peccati noi ci ingegniamo fare perpetua questa piccola giornata di vita mutabile e debile, vedendo tutti gli altri correre alla morte! con quali detestabili consigli, con quali opere dispreggiamo lo giudizio di Dio! E sia testimonio lo crudele Danao, lo quale con molto sangue sforzandosi accrescere i suoi tremanti anni, discorse in perpetua infamia. E lo malvagio uomo pensò che si dovesse mettere innanzi i pochi e freddi anni della sua vecchiezza, ai fiorenti della gioventù dei suoi nipoti, perchè forse altri gli avrebbe pensati più utili, purchè egli gli avesse salvati onestamente. Ma avere cercato di allungare la sua vecchiezza con le piaghe dei viventi figliuoli, giustamente può parere crudeltà; e, che più aggiunse all’ingiuria, non armò le mani dei famigli, ma delle figliuole a commettere quel peccato, acciocchè non solamente ei facesse morire i nipoti, ma col peccato fece scellerate le figliuole, le quali con la pietà egli poteva avere oneste. E volendo con quello peccato salvare la vita, non pensò quanto obbrobrio, quanto inganno, detestabile esempio d’obbrobrio, egli lasciasse alle figliuole a dovere esser perverse. Egli fece rompere la fè del matrimonio con la crudeltà; dove, pietoso padre, doveva comandare che portassero nelle camere le sacre faci, comandò che portassero coltelli; dove noi abbiamo per usanza confortare le figliuole all’amore dei mariti, egli le inanimò ad odio e omicidio; e quello che non avrebbe ardito a fare in tutti, comandollo particolarmente alle figliuole; quello che non avrebbe tentato di dì, volle che fusse fatto di notte, quello che non avrebbe ardito a campo, comandò che fosse fatto nelle camere, non pensando che quanti anni egli toglieva alla verde gioventù de’ nipoti, per crudeltà e inganno, tanti secoli s’avea per sè bruttati d’odiosa sua opera. Egli il quale giustamente poteva avere cinquanta generi, fugli salvato per esso giustamente un nimico, delle cui mani finalmente per giusto giudizio di Dio quello crudele vecchio non potè campare, sicchè il suo nocivo sangue non fosse sparso, il quale egli avea salvato con tanto sangue dei nipoti. Il quale finalmente, o che fusse cacciato, o che fuggisse, o che egli fusse chiamato, passò in Grecia, e tenne lo regno degli Argivi occupato per lo ingegno e per la forza; dove, dicono alcuni, che fu commesso lo detto peccato da Danao, ma dove quello, di crudel memoria, fu morto da Linceo, e in luogo di quello regnò Linceo ad Argo. E Ipermnestra fa tratta di prigione, e congiunta di matrimonio a migliore uomo, alla quale egli fece parte del regno: la quale non solamente ebbe fama di reina, ma fatta sacerdotessa di Iunone a Argo, fu gloriosa di doppia fama; e rimanendo le sorelle di vituperosa infamia, ella per la lodabile pietà ha condotto il suo nome, degno di lode, famoso infino al nostro tempo.

Giovanni Boccaccio

De claris muljeribus
VOLGARIZZAMENTO
DI MAESTRO DONATO ALBANZANI DA CASENTINO
[ca. 1336 - fine secolo XIV]

 
 
 
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