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Il Malmantile racquistato 05-1

Post n°1771 pubblicato il 21 Giugno 2015 da valerio.sampieri
 

QUINTO CANTARE

Argomento

Vuol con gl'incanti dar la Maga aita
In Malmantile al popolo assediato;
Ma dagli spirti è così mal servita,
Che tra' nimici è il suo saper beffato.
Vien Calagrillo, e a duellar la 'nvita:
E lo 'nvito è da lei tosto accettato.
Il Fendesi, e altri due, com'è usanza,
Sparir di Piaccianteo fan la pietanza.


1
E' si trova talun che è sì capone,
Che ad una cosa che si tocca e vede,
E che di più l'afferman le persone,
Vuol essere ostinato e non la crede;
Un altro è poi sì tondo e sì minchione,
Che se le beve tutte e a ognun dà fede;
E ci son uomin tanto babbuassi,
Che crederebbon ch'un asin volassi.

2
Gli estremi non fur mai degni di lode:
Ci vuol la via di mezzo; e chi ha cervello,
Se vere o false novitadi egli ode,
A crederle al compagno va bel bello:
Le crede, s'elle son fondate e sode;
Ma s'elle star non possono a martello,
Non le gabella (512) mica di leggieri,
Come fa il Duca (513) a certi messaggieri.

3
Ma perchè chi m'ascolta intenda bene,
Tornare a Martinazza mi bisogna:
La qual dianzi lasciai, se vi sovviene,
Che in sul Caprinfernal, pigra carogna,
Quel popolaccio ha aggiunto e lo ritiene
Dal fuggir via con tanta sua vergogna;
Perchè, quando per lei la raffigura,
Rallenta il corso e piscia la paura.

4
E quivi, coll'affanno in sulla pena (514),
Tutto lamenti, condoglienze e strida,
Tremando forte come una vermena,
La prega, perchè in lei molto confida
E perchè addosso giunta gli è la piena
E lì tra lor non è capo nè guida,
A far in mo', se si può far di manco,
Ch'ei non s'abbia (515) a cacciar la spada al fianco.

5
Ella risponde allor, ch'è di parere
Che il pigliar l'arme faccia di mestiero;
Che per la patria par che sia dovere
Il farsi bravo, e diventar guerriero;
Sebben fra tanto vuole un po' vedere,
S'ella con Gambastorta e Baconero (516)
Trovar potesse il modo che costoro
Vadano a far il bravo a casa loro.

6
Ciò detto, balza in casa, e colà drento
Per ugnersi dispogliasi (517) in capelli;
E cacciatasi addosso quant'unguento
Aveva ne' suoi fetidi alberelli,
Un gran circolo fa nel pavimento,
E con un vaso in man, scritti e cartelli,
Borbottando parole tuttavia,
Che nè men si direbbono in Turchia,

7
Fa un salto a piè pari in mezzo al segno;
E quivi avendo all'ordine ogni cosa
Per mandare ad effetto il suo disegno,
Grida così con voce strepitosa:
O colaggiù dal sotterraneo regno
Cornuti mostri e gente spaventosa,
Filigginosi abitator di Dite,
Badate a me, le mie parole udite.

8
Vi prego, vi scongiuro e vi comando
Per la forza e virtù di questi incanti;
Per quest'acqua che a gocce in terra spando
Dagli occhi distillata degli amanti;
Per questa carta, ov'è stampato il bando (518)
Di quella porcheria de' guardinfanti
Che di portar le donne han per costume,
Ricettacol di pulci e sudiciume;

9
Per gl'imbrogli vi chiamo e l'invenzioni,
Che ritrova il legista ed il notaio,
Quando per pelar meglio i buon pippioni,
Gli aggira, che nè anche un arcolaio:
Orsù, pezzi di sacchi di carboni,
Per quei ladri del sarto e del mugnaio
Che ti voglion rubare a tuo dispetto,
Uscite fuor, venite al mio cospetto.

10
Tutto l'Inferno a così gran parole
Vien sibilando e intorno le saltella,
Come dall'alba al tramontar del sole
Fa quel ch'è morso dalla tarantella (519).
Domandale Pluton quel ch'ella vuole,
Chè stridendo ogni dì lo dicervella;
E lui, ch'or mai ha dato nelle vecchie,
Fa ire in giù e in su come le secchie;

11
Ed a far ch'ei si pigli quella stracca
Senza cagion, gli par ch'ell'abbia il torto;
Perchè dalla profonda sua baracca
A Malmantil non è la via dell'orto.
Corpo!... (dic'ella, ed al celon(520) l'attacca)
A venire insin qui tu sarai morto!
Ma senti, il mio Pluton, non t'adirare,
Chè venir non t'ho fatto sine quare;

12
Ma perchè tu mi voglia far piacere
Di darmi Baconero e Gambastorta,
Perch'io mi vo' dell'opra lor valere
In cosa che mi preme e che m'importa.
Plutone allor quei due fa rimanere,
E la strada si piglia della porta
Seguìto da' suoi sudditi, che tutti
Posson fondar la Compagnia de' Brutti (521).

13
Lascian Plutone e corron dalla druda
I due spirti, aspettando il suo decreto:
Ed ella allor, che fa da Cecco Suda (522)
Per far sì che Baldon dia volta a dreto,
Ed anche, se si può, ch'ei vada a Buda (523),
Gli prega che le dian qualche segreto,
Di far, senz'altre guerre ovver contese,
Che quelle genti sfrattino il paese.

14
Io ho, dice un di lor, bell'e trovato
Un'invenzion, che ci verrà ben fatto;
Perchè il duca Baldone è innamorato
Della Geva di corte, e ne va matto:
Ma la furba lo tiene ammartellato,
E due tavole (524) dar vorrebbe a un tratto,
Tenendo il piè in due staffe, amando lui,
E parimente il duca di Montui (525).

15
Però, se noi finghiam ch'ella gli scriva
Che 'l suo rivale (adesso ch'egli ha inteso
Ch'ei s'è partito) colla gente arriva
Per volergliela su levar di peso;
E che se proprio è ver che per lei viva,
Com'ei spesso giurò, d'amore acceso;
E se gli è cara; lo dimostri, e prenda
Ed armi e bravi, e corra e la difenda.

16
Vedrai che 'l duca torna allotta allotta,
Correndo a casa come un saettone
Con quanta ciurma ch'egli ha qua condotta,
Per voler ammazzar bestie e persone.
Or dunque tu, che sei saputa e dotta
Che non la cedi manco a Cicerone,
Scrivi la carta; chè tu sai che noi
Siam tutti un monte d'asini e di buoi.

17
Non ti do contro, rispond'ella, a questo,
Ed ho gusto che voi vi conoschiate (526).
Orsù, dice il demonio, scrivi presto
Due parole in tal genere aggiustate.
Sì, dic'ella; ma vedi, io mi protesto,
Ch'io non portai mai lettere (527) o imbasciate.
Scrivi soggiunge quei; chè, quanto al porta,
Eccomi lesto qui con Gambastorta.

18
E per dare al negozio più colore,
In forma voglio ir io d'una comare
Della sua Geva, detta Mona Fiore,
Confidente del duca in ogni affare.
Gambastorta verrà da servitore,
Che mostri di venirmi a accompagnare;
E già per questo ho fatte far di cera
Due palle, una ch'è bianca, e l'altra nera.

19
Quand'un tien questa nera in una branca,
Di subito d'un uom prende figura;
E s'ei vi chiude quell'altra ch'è bianca,
In femmina si muta e trasfigura.
Sicchè riguarda ben s'altro ci manca,
E distendi mai più (528) questa scrittura;
Chè 'l mio compagno ed io qua per viaggio
Ci muterem l'effigie e il personaggio.

20
La nera a lui darò, ch'altrui lo faccia
Parere un uom di venerando aspetto;
La bianca terrò io, che membra e braccia
Della donna mi dia che già t'ho detto.
La strega qui gli dice ch'ei si taccia,
Perch'ella scrive, e guasto le ha un concetto;
Ma lo scancella, e mettelo in postilla:
Così piega la carta e la sigilla.

21
Le fa la soprascritta e poi finisce,
A piè d'un ghirigoro, in propria mano;
E con essa quel diavolo spedisce
Alla volta del principe d'Ugnano:
Là dove l'un e l'altro comparisce
Con una delle dette palle in mano,
Credendo l'un rappresentar la Fiore,
E l'altro il servo; ma sono in errore.

22
Chè Baconero, il quale è un avventato,
Nel dar la palla all'altro di nascosto,
Senza guardarla prima, avea scambiato
E preso un granchio e fatto un grand'arrosto.
Perciò quand'a Baldone egli è arrivato,
Dice cose dal ver troppo discosto;
Mentr'egli afferma d'esser donna, e sembra
Uomo alla barba, all'abito e alle membra.

Note:
(512) GABELLARE. Ammettere una cosa; dalla gabella delle porte.
(513) IL DUCA. Baldone.
(514) IN SU LA PENA. L'affanno del correre aggiunto alla paura.
(515) CH'EI NON S'ABBIA a trar dal fodero la spada che è al fianco.
(516) GAMBASTORTA ecc. _Nomi immaginari di due diavoli.
(517) DISPOGLIASI ecc. Dice il Minucci che spogliarsi in capelli oltre a significare Spogliarsi ignuda e sciogliersi le trecce, vale anche, Adoperare ogni suo sapere per fare una tal cosa.
(518) IL BANDO ecc. In tutti i tempi si è fatta guerra al cerchio, ma il cerchio trionfa, a dispetto anche dei bandi imperiali e delle congiure mazziniane.
(519) TARANTELLA o tarantola è un ragno il cui morso produce una pericolosa enfiagione. Ma l'effetto che qui si descrive non so so sia vero. Forse da questo fatto, o da questa opinione, è venuto il nome ad un certo ballo napoletano.
(520) IL CELONE. (cielo), È una specie di panno e coperta da letto.
(521) DE' BRUTTI. Fu in Firenze una compagnia o accademia così chiamata.
(522) CECCO SUDA. (sudare) Che s' affanna, s'affatica.
(523) A BUDA. Vada per non più tornare, muoia; dal fatto dei molti Cristiani che morirono nella guerra fra i Turchi e Lodovico re d'Ungheria, circa il 1626.
(524) A DUE TAVOLE ecc. Fare un viaggio e due servizi, tener due a bada; tratto da uno dei giuochi che si fanno sul tavoliere.
(525) MONTUI, Montughi, villaggio vicino a Firenze.
(526) VI CONOSCHIATE per quegli asini e buoi che siete.
(527) NON PORTO LETTERE ecc. Dire a una donna che porta lettere e ambasciate, è quanto dirle ruffiana.
(528) MAI PIÙ. Una volta, finalmente.

Lorezo Lippi
Da "Il Malmantile racquistato" di Lorenzo Lippi (alias Perlone Zipoli), con gli argomenti di Antonio Malatesti; Firenze, G. Barbèra, editore, 1861)

(segue)

 
 
 
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