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Il Pantheon (De Sade)

Post n°1653 pubblicato il 26 Maggio 2015 da valerio.sampieri
 

Il Pantheon

Ma è qui, signora contessa, è qui che il cuore si spezza; che le lacrime sgorgano nostro malgrado quando si vede quel famoso tempio di tutti gli dèi, quell'ammirevole Pantheon, capolavoro del secolo d'oro di Augusto e contenente le più belle statue del mondo, oggi mutato in una sventurata chiesa nuda e spoglia, nella quale la meschineria della superstizione moderna non compensa, tutt'altro, la magnificenza dell'A.I.D.E.M. Agrippa, che ordinò questo superbo edificio nell'anno 729 di Roma lo volle dedicare ad Augusto suo suocero, mala modestia di questo Imperatore si oppose, e Marco lo offrì allora a Giove Vendicatore, per conservare la memoria della battaglia di Azio. Mise in fondo, nella grande nicchia dove attualmente si trova l'altare maggiore, la statua di Cibele, madre di tutte le divinità. Il portico, che si crede sia stato aggiunto, è sostenuto da sedici belle colonne di granito, che Michelangelo considerava come impossibile di aver potuto elevare così vicine l'una all'altra e che tre uomini possono a stento abbracciare.

A fianco della porta principale vi sono due grandi nicchie, nelle quali Agrippa sistemò la statua di Augusto, entrando a destra, e a sinistra, la sua, entrambe colossali. Quella di Giulio Cesare fu posta nel tempio, come padre dell'Impero.

Questo edificio è di forma rotonda, di altezza pari al diametro,terminante con una cupola estremamente leggera, che lascia sulla superficie una apertura rotonda di grande diametro, praticata espressamente per godere della vista dell'interno di questo tempio, di questo luogo felice dove abitavano tutti gli dèi che si veneravano. Si contano sette nicchie intorno a questo tempio, formato da due pilastri laterali e due colonne, al centro di questi due pilastri, il tutto di ordine corinzio e di antico marmo giallo: ornamenti che non hanno sofferto il minimo danno e che sono assolutamente gli stessi dell'antico tempio degli dèi. Nelle sette nicchie, su altrettanti piedistalli, erano poste le divinità celesti. Le terrestri occupavano tutti i diversi spazi che si trovavano nelle colonne davanti alle nicchie, in numero di tre ogni nicchia; sotto l'edificio vi erano gli dèi infernali. Gli ornamenti della cupola sono certissimamente gli stessi dell'antichità, con la sola eccezione dei bronzi dei quali questi disegni erano rivestiti e che sono stati tolti, così come quelli che rivestivano la cupola all'esterno, in parte dai Goti, e in parte dell'ostrogoto Urbano vili che, più barbaro di questi barbari stessi, ne tolse i resti in tale quantità che le colonne e il pavimento di San Pietro in Vaticano, e quella che viene chiamata la cattedra di San Pietro, ne furono costruiti, e ciononostante ne restò ancora una tale quantità che con essa si riuscì a fondere gran parte dell'artiglieria di Castel Sant'Angelo.

Bonifacio IV ottenne nel 610 il permesso dall'imperatore Foca di mutare il tempio di tutti gli dèi in quello della Vergine e di tutti i martiri. E dopo il culto di tutti gli dèi venne quello di tutti i Santi, poiché non v'è dubbio che esso fu istituito in questa epoca.

Si vedono in questa chiesa alcuni monumenti di celebri artisti, che ricordano ancora la sua prima istituzione. Vi si notano quelli di Ferino del Vaga, di Annibale Carracci e del grande Raffaello. Carlo Maratta eresse a sue spese questi due ultimi monumenti e secondo me per questo generoso comportamento avrebbe meritato che gli venisse dedicato il tempio. Sotto l'iscrizione di quello di Raffaello, il celebre Cardinale Bembo, gran letterato, pose il seguente distico:

ILLE HIC EST RAPHAEL TIMUIT QUO SOSPITEVINCI RERUM MAGNA PARENS ET MORIENTE MORI

Esaminando questo edificio bisogna guardarsi da cadere nell'errore in cui qualche imbecille a Roma cerca di gettarvi, facendovi osservare le diverse nicchie, o finestre che sono sopra il fregio e che mi assicurano essere quelle che servivano agli dèi venerati in questo tempio. Il fatto è visibilmente falso e queste finestre sono modernissime. Ma ciò che si può considerare come molto antico, assolutamente appartenente alla stessa antichità del tempio, sono le parti rotonde in porfido che compongono un'ala del pavimento. È sicuro che si può dire camminandoci sopra: gli Imperatori furono qui con me!

Qualche altro ignorante della stessa stirpe vi farà cadere ancora in un altro errore facendovi osservare le immense porte di bronzo che servono a questo edificio e vi assicurerà che sono le stesse che pose il genero di Augusto. Anche questo è falso. Le porte attuali non sono affatto di bronzo, ma soltanto rivestite di bronzo. Le prime, che lo erano interamente, ornate di superbi bassorilievi, furono portate via che Genserico, re dei Goti, e si persero in fondo al mare in seguito al naufragio che subì il vascello sul quale questi le trasportava in patria. Quelle che vi si trovano attualmente appartenevano pure ad un tempio, ma si ignora da quale furono asportate. Lo stipite architettonico sul quale sono poste è di marmo africano tutto intero e della stessa antichità del tempio.

Davanti a questa chiesa, perché come chiamarla oggi?, vi è una piazza dove cresce parecchia erba, al centro della quale vi è una fontana su cui è stato posto come ornamento un piccolo obelisco ritrovato sotto il pontificato di Clemente XI e che questo Papa fece erigere qui.

Marchese De Sade (Donatien Alphonse François de Sade)
Tratto da "Viaggio in Italia"

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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