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Il Malmantile racquistato 02-4

Post n°1576 pubblicato il 04 Maggio 2015 da valerio.sampieri
 

"Il Malmantile racquistato" di Lorenzo Lippi (alias Perlone Zipoli), con gli argomenti di Antonio Malatesti; Firenze, G. Barbèra, editore, 1861)

SECONDO CANTARE

63
Ed io, ch'ebbi mai sempre un tale scopo
D'accarezzar ognun, benchè nimico,
Come la gatta quando ha preso il topo,
Che, sebbene è tra lor quell'odio antico,
Scherza con esso alquanto, e poco dopo
Te lo sgranocchia come un beccafico;
Così, perchè più a filo tu mi metta (273),
Voglio far io, e poi darti la stretta.

64
Così spogliollo tutto ignudo nato:
E veduto ch'egli era una segrenna (274),
Idest asciutto e ben condizionato (275),
Snello, lesto e leggier come una penna;
Lo racchiuse, e lo tenne soggiornato (276)
Perch'ei facesse un po' miglior cotenna;
Perocchè a guisa poi di mettiloro (277)
Voleva dar di zanna al suo lavoro.

65
Amadigi, che andava per diporto
Due volte il giorno almeno a rivedere
La fonte e la mortella che nell'orto
Lasciò Florian per tante sue preghiere;
Trovato il cesto spelacchiato e smorto,
E l'acque basse, puzzolenti e nere,
Qui, dice, fratel mio, noi siam sul curro (278)
D'andare a far un ballo (279) in campo azzurro.

66
E piangendo diceva: o tato mio,
Se tu muori (che ver sarà pur troppo),
S'ha dire anche di me, te lo dich'io,
Itibus, come disse Prete Pioppo.
Così, senza dir pure al padre addio,
Monta sovra un cavallo, e di galoppo
Uscì d'Ugnano, molto bene armato:
E seco un cane alano avea, fatato.

67
E cavalcando colla guida e scorta
Del suo fedele ed incantato alano,
Che innanzi gli facea per la più corta
La strada per lo monte e per lo piano;
A Campi giunse, dove sulla porta
La morte si leggea di Florïano:
Chè, perchè fu creduta da ognuno,
Era la corte e tutto Campi a bruno.

68
L'apparir d'Amadigi agli abitanti
Raddolcì l'agro de' lor mesti visi,
Che, per la somiglianza, a tutti quanti
Parve il lor re creduto a' Campi Elisi;
Perciò, per buscar mance e paraguanti,
Andaron molti a darne al re gli avvisi,
Altri alla figlia: ed ambi a questi tali
Perciò promesser mille bei regali.

69
Doralice, brillando a tai novelle,
A rinfronzirsi andossene allo specchio;
Si messe il grembiul bianco e le pianelle,
Il vezzo al collo e i ciondoli all'orecchio:
E non potendo star più nella pelle,
Saltò fuor di palazzo innanzi al vecchio;
Ed incontro correndo al suo cognato:
Ecco Florian, dicea, risuscitato.

70
Noi vi facevam morto: o giudicate
Se la carota ci era stata fitta!
Pur noi ci rallegriam, che voi tornate
A consolar la vostra gente afflitta.
Domandar non occorre come state,
Perchè vo' avete buona soprascritta:
E siete grasso e tondo come un porco,
Per le carezze fattevi dall'Orco.

71
M'immagino così; perch'io non v'ero:
Tu sai com'ella andò, che fosti in caso:
So ben che mi dirai che non fu vero;
Ma la bugia ti corre su pel naso.
Or basta: tu ritorni sano e intero,
(Chè a pezzi tu dovevi esser rimaso)
Per la Dio grazia, e sua particolare,
Perchè te l'ha voluta risparmiare.

72
Dunque, s'ei fa così, gli è necessario
Ch'ei non sia là quel furbo che un lo tiene;
Anzi tutto il rovescio ed il contrario,
Mentre egli tratta i forestier sì bene.
Ed io, che già l'avea sul calendario (280),
Gli voglio, in quanto a me, tutto il mio bene,
Perch'ei non t'ingoiò; sebben da un lato
Ti stava bene, avendolo cercato.

73
Così nel mezzo a tutta la pancaccia (281),
Ch'è quivi corsa e forma un giro tondo,
La sua caponeria gli butta in faccia,
E quel ch'ei ne cavò po' poi in quel fondo:
Giacchè, diceva, coll'andare a caccia
A dispetto di tutto quanto il mondo,
Cavasti, senza fare alcun guadagno (282),
Due occhi a te, per trarne uno al compagno.

74
Mio padre te lo disse fuor de' denti,
Ed io pur te lo dissi a buona cera (283),
Non una volta, ma diciotto o venti,
Che l'Orco ti faria qualche billera (284);
Ma tu volesti fare agli scredenti (285),
Perchè te ne struggei come la cera:
E quasi un rischio tal fosse una lappola (286),
Volesti andarvi, e desti nella trappola.

75
Amadigi alla donna mai rispose,
E fece il sordo ad ogni suo quesito;
Ma sibbene attingea da queste cose
Quanto a Florian poteva esser seguito:
E venne immaginandosi, e s'appose,
Che ella fosse sua moglie, ei suo marito:
E ch'egli, essendo tutto lui maniato (287),
Fosse pel suo fratel da ognun cambiato.

76
Ma perch'ei non credea veder mai l'ora
D'avere il suo fratello a salvamento,
Dà un ganghero (288) a tutti, e torna fuora
Dietro al suo can, veloce come il vento:
Ned era un trar di mano andato ancora
A caccia all'Orco, ch'ei vi dette drento,
Come il fratel vedendo un bel cignale;
Ma non fu quanto lui dolce di sale.

77
Chè seguitollo anch'ei per quelle strade
Donde ei conduce l'uomo alla sua tana:
Ove, mentre diluvia e dal ciel cade
E broda e ceci, il cristianello (289) intana;
Ed egli tanto poi lo persuade,
Ch'ei (290) lega i cani, e posa Durlindana (291).
Avendo avuto innanzi la lezione,
Si stette sempre mai sodo al macchione.

78
E quando l'Orco poi venne anco a lui
A dar parole con quei tempi strani,
Ed all'uscio facea Pin da Montui (292),
Affinchè 'l cane e l'arme egli allontani,
Ei disse: su piccin(293), piglia colui:
E chiappata la spada con due mani,
Si lanciò fuora, e quivi a più non posso
Gli cominciò a menar le man pel dosso.

79
E mentre che or di punta ed or di taglio
Di gran finestre fa, di lunghe strisce,
Più presto che non va strale a berzaglio
Il can s'avventa anch'egli, e ribadisce;
Talchè tutto forato come un vaglio
Il pover'Orco al fin cade, e basisce:
E lì tra quelle rupi e quelle macchie
Rimase a far banchetto alle cornacchie.

80
Amadigi dipoi fece pulito (294);
Perchè, trovato avendo il suo fratello
Con una barba lunga da romito
E più lordo e più unto d'un panello (295),
Lavatolo e rimessogli il vestito,
Ch'era ancor quivi tutto in un fardello,
Lo ricondusse a Campi, ove la moglie,
Di lui già pregna, appunto avea le doglie.

81
Corse la levatrice, ed in effetto
Fra mille oimè, se' soldi (296), e doglien'ora,
Partorìgli una bella piscialletto,
Che fusti tu, poi detta Celidora:
E maritata al re, come s'è detto,
Di Malmantil, del qual tu sei signora:
Ne sei, e ne sarai, io lo raffibbio (297);
Sebben non puoi per or dir come il nibbio (298).

82
Ma presto come lui, potrai dir mio.
Or senti pur: basito Perïone,
Anco Amadigi subito tuo zio
Venne a tôr donna, e n'ebbe un bel garzone,
Che Baldo fu chiamato: e quel son io,
Che poi cresciuto detto son Baldone.
Or eccoti dal primo al terzo grado
Narrato tutto il nostro parentado.

Note:

(273) METTER A FILO. Aguzzare la voglia; dall'affilare i coltelli
(274) SEGRENNA. Magrissimo. Come avente il solo dintorno, senza esser il disegno incarnato. (Salvini.)
(275) ASCIUTTO ecc. Questa è frase de' mercanti colla quale avvisano i loro corrispondenti della diligenza usata dal portatore della merce. La parola asciutto, dunque, usata ìn senso di magro, si trascina dietro il resto della frase, che qui vale Magro, ma in buona Salute.
(276) SOGGIORNATO. Ben pasciuto.
(277) METTILORO ecc. I doratori, per dare il lustro alle dorature, le fregano con una zanna d'animale: ma quello è un dar di zanna assai diverso da quello che ognuno qui intende.
(278) CURRO. Rullo, Siamo sul punto.
(279) FARE UN BALLO ecc. Dar de' calci al rovaio, essere impiccato. Il campo azzurro è l' aria.
(280) L'AVEA SUL CALENDARIO. Lo aveva a noia. Forse Kalendarium, Libro di cambi, che presso gli antichi erano dodici per cento in capo all'anno: e se ne pagava uno alle calende di ciascun mese: e per chi pativa cambi era libro odioso. (Salvini.)
(281) PANCACCIA. La panca ove s'adunan brigate a passare il tempo novellando, e la brigata stessa dei pancaccieri, o pancacciai.
(282) CAVASTI ecc. Facesti a te molto male, e pochissimo al nemico.
(283) A BUONA CERA. Con animo riposato.
(284) BILLERA. Brutta burla.
(285) FARE AGLI SCREDENTI. Frase analoga a Fare a non s'intendere, Fare alla palla, Fare all'amore.
(286) LAPPOLA. Bagatella.
(287) MANIATO. Miniato; e così legge un testo a penna.
(288) DÀ UN GANGHERO. Dà volta, torna indietro; dall'andare obbliquo del granchio.
(289) IL CRISTIANELLO. Ora si direbbe, un povero diavolo
(290) CH'EI Il cristianello
(291) DURLINDANA. La celebre spada di Orlando, per qualunque spada.
(292) PIN DA MONTUI. Capolino; da una canzonetta della Tancia del Buonarroti che comincia: E Pin da Montui - Fa capolino.
(293) PICCIN. Così dice al cane per aizzarlo.
(294) FECE PULITO. Fece il negozio aggiustatamente, e come andava fatto.
(295) PANELLO. Viluppo di cenci intrìso nell' olio e in altre materie bituminose per arderlo poi.
(296) SE' SOLDI. Questo sei soldi propriamente qui non significa nulla, ma vi è messo per poter poi dire dogliene (glie ne do) cioè doglie; ed è una di quelle omofonie che s'odono per celia in bocca al popolo, come mattematico per matto, e simili.
(297) RAFFIBBIO. Ripeto
(298) NIBBIO voce di questo uccel di preda è Mio mio.

 
 
 
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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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