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Il Malmantile racquistato 01-4

Post n°1564 pubblicato il 02 Maggio 2015 da valerio.sampieri
 

"Il Malmantile racquistato" di Lorenzo Lippi (alias Perlone Zipoli), con gli argomenti di Antonio Malatesti; Firenze, G. Barbèra, editore, 1861)

PRIMO CANTARE

66
Gobba e zoppa è costei, orba e mancina,
Ha il gozzo, e da due sfregi il viso guasto:
Scorse in Firenze ognor la cavallina (147)
Ne' lupanari, con gran pompa e fasto:
E perchè ossequi avea sera e mattina,
E il titol di Signora a tutto pasto,
Fatta arrogante, alfine alzò il pensiero
A voler questi onori da dovero.

67
Così la mira ad alto avendo messa,
A' suoi frustamattoni (148) un dì ricorsa,
Bramar dice una grazia, e che in essa
Non si tratta di scorporo di borsa,
Ma perchè aspira a farsi Principessa,
Desidera da loro esser soccorsa,
Col loro aiuto, volendo, e consiglio
Provar, se a Malmantil può dar di piglio.

68
Pronto è ciascuno, e vuol tra mille stocchi
Esporre il ventre, come un paladino;
Chè, per servire a dame, tali allocchi
Cercan l'occasïon col fuscellino;
Ma non si parli o tratti di baiocchi,
Perchè non hanno un becco d'un quattrino,
E credon, promettendo Roma e Toma (149),
Di spacciar l'oro della bionda chioma (150).

69
Era tra' molti suoi più fidi amanti
Un ciarlon, che però detto è il Cornacchia (151):
Ed è di quei pittor che i viandanti
Collo stioppo dipingono alla macchia (152):
E perchè nella lingua ha il suo in contanti,
Molto si vanta, assai presume e gracchia:
E finalmente colorisce e tratta
Questo negozio come cosa fatta.

70
Scrive un viglietto poi segretamente
Ad un compagno suo capobandito;
Dicendo, che veduta la presente,
Il suo bagaglio subito ammannito,
Di notte tempo meni la sua gente
A Rimaggio (153), alla Svolta del Romito;
Ma vada alla spezzata e pe' tragetti:
E senza pensar altro ivi l'aspetti.

71
Andò la carta: e quei ch'ebbe l'intesa,
Come quel che invitato era al suo giuoco,
Andonne e guidò seco a quell'impresa
Cent'uomin, colle lor bocche di fuoco.
Quivi il Cornacchia e quella buona spesa (154)
Di Bertinella giunsero fra poco,
Anch'eglino con grossa e folta schiera
D'una gente da bosco e da riviera.

72
Dopochè insieme tutti fur costoro,
Si fece de' più degni una semblea,
Del come, discorrendo fra di loro,
Sorprendere il castello si dovea;
Onde il Cornacchia, in mezzo al concistoro
Rizzato in piè, con gran prosopopea,
Ed una toccatina di cappello,
In tal modo cavò fuora il limbello (155):

73
Io so che a un ignorante, a un idiota
L'esser il primo a favellar non tocca;
Ma perdonate a questa zucca vota,
Signori, s'io vi rompo l'uova in bocca.
Scricchiola sempre la più trista ruota;
Così la lingua mia più rozza e sciocca
V'infastidisce, è ver, ma v'assicura
Che Malmantile è nostro a dirittura.

74
Credete a me: ciascun si stia nascosto
In queste macchie, in questi boschi intorno:
Ed io da voi frattanto mi discosto,
Nè questa notte farò più ritorno.
Rivedrenci colà doman sul posto;
Perchè, vicino al tramontar del giorno,
Vi farò cenno; or voi ponete mente,
E poi venite via allegramente.

75
Parte il Cornacchia, e corre presto presto
Da certi suoi amici contadini,
Da' quali le lor bestie piglia in presto,
E carica più some di buon vini:
E di soppiatto, come fante lesto,
Cavò di tasca certi cartoccini
Pieni d'alloppio: e dentro al vin gli pone,
Quello impepando (156) senza discrizione.

76
Così carreggia: e giunto a Malmantile,
All'aprir della porta la mattina,
Scarica in piazza il vino: ed un barile
A regalar ne manda alla regina.
Poi vende il resto a prezzo tanto vile,
Che ognun ne compra: e infin chi n'ha in cantina,
Per rivenderlo altrui il fiasco attacca (157):
Si cala al buon mercato, a quella macca (158).

77
Due o tre fiaschi davane a quattrino,
Ed a' poveri davalo a isonne (159);
Talchè tutti tuffandosi a quel vino
S'imbriacaron come tante monne (160):
E subito dal grande al piccolino,
Tanto degli uomin, quanto delle donne,
Cascaro in sonnolenza sì gagliarda,
Che desti non gli avrebbe una bombarda.

78
Quando il Cornacchia vedde il suo disegno
Già riuscito, andò sopr'alle mura,
Ed a' compagni fece il detto segno;
Che bene avendo al tutto posto cura,
Saliro al poggio senz'alcun ritegno,
Senza sospetto aver, senza paura:
Dietro al Cornacchia, lor guidone (161) e scorta,
Dentro al castello entraron per la porta.

79
E perchè ognun dormiva come un tasso (162),
La donna fece farne una funata,
E condursegli a' piedi a baciar basso (163),
E renderle il tributo ognun pro rata.
A Celidora poi restata in Nasso (164),
Cioè da' suoi vassalli rinnegata,
Giacchè tutti voltato avean mantello,
Comandò che baciasse il chiavistello (165).

80
Ella ubbidì, temendo ancor di peggio:
E benchè fosse un pezzo in là di notte,
Il pigliarsene subito il puleggio (166)
Un zucchero le parve di tre cotte (167).
Così finito il solito corteggio,
Con due strambelli (168) e un par di scarpe rotte,
Trista e strascina poi, per la boccolica
Un tozzo mendicava all'accattolica.

81
Intanto Bertinella del Reame
Garbatamente fecesi padrona:
E de' villaggi e d'ogni suo bestiame
Prese il possesso in petto ed in persona (169);
Poi per letizia cavalieri e dame
Regalò di confetti (170) e di pattona (171):
E segue ogn'anno di mandarne attorno,
«per la dolce memoria di quel giorno»(172).

82
Tostochè v'ebbe fitto il capo (173), volle
Che ognun serrasse il traffico e il negozio,
Donando a ciascheduno entrate e zolle,
Acciò se la passasse da buon sozio,
Ed allegro, a piè pari, ed in panciolle (174),
Senza briga vivesse in pace e in ozio.
Ognun vi s'arrecò di buona gana (175);
Chè la poca fatica a tutti è sana.

83
Così mai sempre in feste ed in convito
Tirano innanzi questi spensierati:
Nè moverebbon, per far nulla, un dito,
Bench'ei credesson d'essere impiccati.
Non teme della corte (176) chi è fallito;
Chè tutti i giorni a lor son ferïati (177):
Non v'è giustizia nè il bargel va fuora,
Se non per gastigar chiunque lavora.

84
Ma, s'io non erro, il tempo è già vicino
Che n'ha a venir la piena de' disturbi;
Mentre doman, per fare un buon bottino,
Andremo a dar addosso a questi furbi.
Così panno sarà di Casentino (178):
Nè si lamenti alcuno, o si sconturbi;
Chè chi nuoce al compagno in fatti o in detti,
Deve saper che chi la fa, l'aspetti.

85
Qui tacque il duca: e subito rattacca,
Col dire alla cugina in voce bassa,
Che, perch'egli ha la bocca asciutta e stracca
Il soggiungere a lei qualcosa lassa.
Non ho che dir, gli rispond'ella, un'acca;
Oltrechè la sarebbe carne grassa (179).
Di' piuttosto in che mo' noi siam parenti,
Ch'io non paia a costor degl'Innocenti.

86
Ed io, che non ne ho gran cognizione,
E sempre me ne sono stata a detta,
(Chè tutta la mia gente andò al cassone (180),
Come tu sai, ch'io ero fanciulletta)
T'udirò volentieri. Allor Baldone
Soggiunse: Or or ti servo: e a tanta fretta (181),
Perchè non gli moría la lingua in bocca,
Ricominciò quest'altra filastrocca.

Note:

(147) SCORRER LA CAVALLINA vale pigliarsi tutti i suoi gusti sfrenatamente; ma qui l'aggiunto  ne' lupanari gli dà un senso più particolare.
(148) FRUSTAMATTONI. Consumatori di mattoni, cioè tali che bezzican sempre ad una casa o bottega, senza spendervi mai un soldo.
(149) ROMA E TOMA. L'origine di questo detto, di cui a tutti è noto il valore, è molto incerta. V'è chi pensa che la parola Toma non abbia senso alcuno, e sia messa lì per fare rima con Roma; altri la vuol derivata dallo spagnolo tomar, pigliare, quasi dicesse: Ti si promette Roma? e tu toma, cioè piglia. Altri la crede una corruzione di timé onore; altri, plurale di tomo (volume o caduta da alto, precipizio); altri finalmente, e questa è la più probabile, crede che venga dal latino, Promittere Roman et omnia.
(150) L'ORO DELLA BIONDA CHIOMA. Credono rendersi accetti con niente altro che le loro lisciature.
(151) IL CORNACCHIA visse realmente e fu ladro e spia; e però dice il Poeta, che ebbe tutti i suoi capitali in contanti nella lingua.
(152) DIPINGERE ALLA MACCHIA un ritratto è farlo senza avere l'originale davanti, ma qui intende che il Cornacchia assaltava, o almeno era tale da assaltare, i viandanti per derubarli.
(153) RIMAGGIO (Rio Maggio, cioè rivo maggiore, come Via Maggio, cioè via maggiore) è presso a Malmantile dalla parte di Firenze meno d'un miglio: quivi presso è pure la Svolta del romito.
(154) QUELLA BUONA SPESA. Quella buona lana.
(155) LIMBELLO e limbelluccio. Pezzo o ritaglio di pelle. Qui lingua. Cavare il limbello per lo più significa parlare o scriver contro qualcuno
(156) IMPEPANDO. Per catacresi, spargendo di quella polvere d'oppio.
(157) IL FIASCO ATTACCA sopra la porta di casa per indicare che quivi si vende il vino a fiaschi. Questo si fa tuttora in Firenze.
(158) MACCA. Abbondanza.
(159) A ISONNE. Per niente, senza spesa. È detto plebeo.
(160) MONNA propriamente vale bertuccia, scimia. Vedi sopra, st. 10.
(161) GUIDONE. Guidatore, guida; ma con doppio senso Vedi sopra, st. 63.
(162) COME  UN SASSO. Più comunemente: come un ghiro.
(163) BASSO. Baciare il piede.
(164) IN NASSO. nota la favola d'Arianna abbandonata da Teseo nell'Isola di Nasso. Di questo modo pare che sia corruzione l'altro più comune: Restare in asso, cioè abbandonato, senza aiuto nè consiglio, che dicesi anche Rimanere nelle secche di Barberia, restare in isola.
(165) BACIARE IL CHIAVISTELLO. Andarsene senza speranza di ritornare.
(166) PIGLIARE IL PULEGGIO. Andarsene.
(167) DI TRE COTTE. Raffinatissimo. Le parve d'averla a buon mercato assai.
(168) STRAMBELLI. Vesti vecchie e lacere.
(169) IN PETTO ED IN PERSONA: Latinamente:animo et corpore.
(170) CONFETTI di montagna, cioè castagne secche sbucciate.
(171) PATTONA. Polenda o polenta che in Toscana si fa con farina di castagne.
(172) PER LA DOLCE ecc. PETRARCA, Trionfo d'Am.
(173) V'EBBE FITTO IL CAPO. Ebbe preso possesso di Malmantile.
(174) A PIÈ PARI ED IN PANCIOLLE. Poltroneggiando: ma questo detto valeva anche, ritto e col corpo in avanti.
(175) DI BUONA GANA. Di buona voglia. La voce gana di origine spagnola ora è antiquata.
(176) CORTE di giustizia.
(177) FERIATI sono i giorni, ne quali, ancorchè non festivi, non si tien ragione dai magistrati.
(178) PANNO SARÀ DI CASENTINO. Casentino è una regione di Toscana ove si fabbricava certo panno che, bagnato, rientrava molto. Un tale ne comprò, e credè di avere ingannato il mercante nella misura. Ma dopo che fu bagnato, il panno rientrò tanto che fu anche meno della misura giusta, e così il mercante fu vendicato. Di qui il detto che viene a valere: Ci vendicheremo.
(179) LA SAREBBE CARNE GRASSA. Farei al popolo come la carne grassa a chi la mangia che gli cagiona nausea.
(180) CASSONE. Qui, Sepolcro, e il detto vale Morire.
(181) A TANTA FRETTA. In tutta fretta, subito..

 
 
 
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