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La Secchia Rapita note 7-9

Post n°1359 pubblicato il 13 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

La Secchia Rapita
di Alessandro Tassoni

DICHIARAZIONI DI GASPARE SALVIANI ALLA SECCHIA RAPITA

[dall'edizione del 1630, attribuite ad A. Tassoni]

CANTO SETTIMO

S. 5a, v. 1.
Omero finge ragionamenti tra colpo e colpo, e in particolare fa narrare la stirpe loro agli stessi combattenti nell'atto del menar le mani. Però se Aristotile fosse stato soldato non l'avrebbe lodato né in questo né in molte altre cose, dove parla della milizia bamboleggiando.

S. 9a, v.1
Parla come nemico; e attribuisce a mancamento ai Ferraresi quello ch'era lode loro, cioè il tener col papa. Cosí Enzio nel canto precedente come nemico chiama papisti i guelfi; e il poeta deve imitare chi favella.

S. 16a, v. 1.
Nel poema dell'innamoramento d'Orlando si legge che combattendo quel paladino col re Agricane, e vedendo quel barbaro i suoi che fuggivano, pregò Orlando che glieli lasciasse rimettere in battaglia, che poi ritornerebbe a duellare con esso lui: e Orlando se ne contentò. Ma qui Voluce dice ch'Orlando è morto, e non è piú quel tempo.

S. 21a, v. 8.
Un tal principe greco, che si vantava della stirpe di Costantino Magno, e mostrava privilegi di cartapecora vecchia, veggendo l'ambizione degl'ltaliani, dava loro titoli a decine senza risparmio per ogni minima mercede. E a Ferrara fe' gran profitto, dove infeudò le terre del Turco.

S. 27a, v. 1.
Veramente Bosio Duara signor di Cremona rimase anch'egli prigionièro de' Bolognesi in quella guerra.

S. 29a , v. 2.
Questi versi non diceano cosí nella prima stampa, ma il poeta volse onorare Omero Tortora istorico amico suo e gli mutò.

S. 34a,v. 1.
Nomi perugini accorciati.

S. 34a, v. 8.
Questi professava di parlar peruginissimamente secondo il volgare del popolo, e si poteva imparar da lui il parlar perugino.

S. 39a, v. 1.
Favella della guerra della Garfagnana tra i Lucchesi e i Modanesi, nella quale que' popoli montagnoli per odio si tagliavano le viti e si scorticavano i castagni l'un l'altro con vendetta montanaresca.

S. 42a, v. 1.
Questi era un personaggio mandato dal governator di Milano per veder d'acquetar que' popoli; e salvò la piazza di Castiglione spiegando una bandiera del re Cattolico, alla quale i Modanesi fecero di berretta.

S. 42a, v. 3.
Alcuni dicono che fu un pezzo di tela rossa, e che i Modanesi si lasciarono ingannare dal colore. Nella edizione di Parigi i versi furono mutati da un Lucchese che assisteva alla stampa, e voltati a favore della sua nazione. Ognuno procura suo vantaggio.

S. 48a,v 1.
Parla secondo gli astrologi. L'aspetto quadrato è infelice, e tanto piú ne' pianeti maligni come Marte.

S. 53a, v. 1.
Questo è un consiglio imitato in Petronio Arbitro, dove i consiglieri contendono a chi dice peggio.

S. 53a, v. 6.
A quel tempo Modana era stata tutta piena di masse di stabbio: oggidí le strade ne sono meno adorne, ma non però in tutto prive. Da Omero sarebbe stata detta urbs bene stabalata.

S. 54a, v. 8.
È un verso di lingua pretta modanese.

S 55a, v. 5.
L'antichità di Modana si conosce dalle fabbriche particularmente de' portici su i balestri, che mostrano d'esser stati fatti assai prima che Vitruvio scrivesse d'architettura.

S. 55a, v. 8.
Le canalette sono le cloache, delle quali è piena quella città: e quando le votano, non si può passar per le strade per rispetto della lordura che si diffonde, oltre il puzzo che appesta.

S. 68 a, v. 1.
Chi desidera di saper meglio l'istoria di Telessilla, legga il Leonico, De varia historia.

S. 74a, v. 7.
Séguita l'opinione di coloro che dissero che i pianeti erano come lampade attaccate al cielo.


CANTO OTTAVO

S. 1a, v. 3.
Chiama il poeta le lucciole stelle della terra, e le stelle lucciole del cielo, perché fanno l'istesso effetto di volar per l'aria e di non risplendere se non di notte.

S. 8a, v. 7.
Chiama ciurmatori i filosofi greci, che persuasero al popolo che ogni pianeta avesse un cielo da sé, e che gl'inferiori fossero rapiti dall'ottava sfera da oriente in occidente. Perciò che il poeta fu sceptico, e tenne che le cose de' cieli, quanto a noi, consistessero tutte in opinione e probabilità. E ne portò egli ancora una nuova nel terzo libro de' suoi Pensieri.

S. 11a, v. 7.
Ezzelino da Romano era allora signor di Padova, e dipendente da Federico imperatore. Veggansi l'istorie di quei tempi.

S. 15a, v. 7.
È descrizione dell' aurora fatta a concorrenza di quella di Dante nel IX del Purgatorio:

La concubina di Titone antico
Già s'imbiancava al balzo d'oriente
Fuor de le braccia del suo dolce amico.

Veggasi l'una e l'altra.

S. 19a, v. 7.
Parla di Pietro d'Abano, tenuto per mago; il quale, se allora fosse stato quivi, avrebbe armata qualche compagnia di demoni in favore de' Modanesi.

S. 22a, v. 1.
Dicono che veramente costui fosse uno de' favoriti d'Ezzelino, e alzato da lui a' primi gradi d'onore, d'uomo basso ch'egli era.

S. 25a, v. 2.
La donna di Cipada è Mantova, illustrata dai versi di Vergilio, come Cipada da quei di Merlino poeta sepolto nella terra di Campese con famosa sepoltura fabbricatagli dal padre don Angelo Grillo, poeta famoso anch'egli, e principalissimo soggetto della religione benedettina.

S. 26a, v. 6.
Le galline di Polverara e la razza loro e famosa per tutta Italia.

S. 28a. v. 7.
In quelle parti, quando si vuol significare qualche aiuto fuora di tempo e tardo, si dice il soccorso di Paluello, come in Toscana il soccorso di Pisa.

S. 30a, v. 3.
È opinione che Tito Livio istorico fosse da Teolo.

S. 32a, v. 3.
Quivi dicono che Antenore fondasse la sua prima città chiamata Urbs euganea, che poi è stato corrotto dagl'idioti in Brusegana.

S. 33a, v. 7.
La pelle della gatta del Petrarca s'è conservata fino a' tempi nostri, e continuamente viene illustrata dai versi e dai componimenti de' begli ingegni.

S. 36a, v. 1.
Descrive l'arciprete Gualdi amico suo.

S. 37a, v. 5.
Le rime burlesche in lingua padovana di Menone e Begotto sono assai note in tutto lo stato veneto.

S. 41a, v. 7.
Non erano veramente ancora signori di Rodi i cavalieri di san Giovanni, ma furono poco dopo: e 'l poeta parla secondo quello che fu poi.

S. 47a, v. 1.
Il poeta fu poco amico d'Omero, e disprezzò le sue invenzioni come rozze e di cattivo costume: nondimeno, per mostrare -che conobbe il buono e'l cattivo di quel poeta, introduce questo cieco a cantare all'omerica.

S. 51a, v. 4.
Le compagne mirò ecc. Cosí è stampato in tutte le copie: nondimeno il testo manuscritto di mano del poeta dice Le campagne e non Le compagne; e cosí dev'essere scritto e stampato, non ostante che anche si possa intendere che Le compagne significhi le stelle compagne della Luna. Ma il poeta vuol significare che la Luna mirò in terra, e non in cielo.

S. 57a, v. 1.
Finge il poeta ch'Endimione donasse a Diana una benda bianca che portava armacollo fregiata di perle, per adornare il dono che finsero i poeti antichi esserle stato donato da quel pastore, e per mostrar che le femmine, comunque innamorate, sempre vogliono qualche cosa dall'amante.

S. 65a, v. 7.
Gli anacronismi, quando sono lontanissimi e cadono opportunamente come questo, parturiscono anch'essi il ridiculo.

S. 68a, v. 4.
I poveri d'una famiglia hanno sempre per grazia che i ricchi gli vogliano riconoscere per parenti: perciò che la povertà è un argomento di demerito, e per questo i poveri sono sprezzati.

S. 71a, v. 8.
Vedi Livio, ché '1 poeta sta su 1'istoria.


CANTO NONO

ARGOMENTO.
Questo canto par avere poco del comico, e nondimeno tutto è comico: perciò che tien sospeso l'uditore sino al fine; poi in aspettazione di cosa grave e seria finisce in un ridicolo.

S. 8a, v. 2.
Vedi l'Ariosto.

S. 10a, v. 1.
Questi è Galeotto figliolo del signore della Mirandola, di cui si favellò di sopra nel canto 111.

S. 12a, v. 5
Questo è il lino asbestino, di cui favella Plinio. Gli antichi ne filavano tele incombustibili, che, quando si voleano imbiancare, si gittavano nel foco; ed erano stimate al pari delle gioie piú preziose. Il cavalier Gualdi ne ha mostra in Roma tra le sue curiose anticaglie. È pietra venata con certa lanugine per le vene,simile all'allume di piuma che non si consuma nel foco. Ma la maniera di filar tal materia noi non l'abbiamo, benché forse non mancherebbe l'industria quando se ne trovasse quantità sufficiente e che ci fosse il premio. Tiglio e tiglioso significa materia atta a filarsi.

S. 25a, v. 7.
Questo fu accidente vero, accaduto al signor Ippolito Livizzani nel giostrar contra il conte Alfonso Molza in Modana.

S. 44a, v. 1.
Qui si descrive il ritratto d'un zerbino affettato romanesco, nato di casa nuova, arricchito per strada obliqua, che fa del cavalierazzo e del bravo mentre conosce d'aver a fare con persona inferiore e di poco polso.

S. 58a, vv. 6-8.
Questi versi dicevano prima cosí:

. . onde a veder correa
la fiorentina e perugina gente,
tratta da natural impeto ardente.

Ma i vizii quanto piú si diffondono nel generale, tanto meno offendono i particolari; e però fu mutato.

S. 67a, v. 2.
La pantera è bellissimo animale; ma dicono che sia d'animo molto vile.

S. 72a, v. 5.
Le prodezze di don Chisotto della Mancia cavalier errante impazzito sono note per l'istorie delle sue geste.

S. 76a, v. 1.
Gli Aigoni e i Grisolfi erano in quel tempo capi delle fazioni. I Grisolfi erano imperiali, e avevano cacciati gli Aigoni eh'erano ecclesiastici e guelfi: oggidí si chiamano gl'Ingoni, e ce ne sono pochi; ma i Grisolfi sono annullati.

S. 76a, v. 3.
È fama che nel monte di Vallestra sia un tesoro guardato dai diavoli; però il poeta si serve dell' opinione del vulgo a formare questo episodio.

S. 80a, v. 5.
Per questo fu finto che quando Tognone cambiò lancia non cadesse, perché aveva la lancia incantata, e Melindo non l'avea.

S. 81a, v. 5.
Il maggior segno di codardia è insuperbire e fare il bravo con le genti che non possono competere. Vedi appresso il Boccaccio le prove che faceva maestro Simone quand' era scolare.

 
 
 
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Data di creazione: 26/04/2008
 

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