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« La bestia raggionevoleL'omo inutile »

La Secchia Rapita 12-2

Post n°1353 pubblicato il 11 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

La Secchia Rapita
di Alessandro Tassoni

        40
Il dí che venne, per trattenimento
le spoglie gli mostrâr del campo rotto,
prigioni, armi, bandiere e ogni stormento,
e fu in trionfo anch'egli il Re condotto.
Indi per allegrezza il Reggimento
gittò dalle finestre un porco cotto,
ordinando che 'l dí de la vittoria
cosí si fesse ogn'anno in sua memoria.

        41
Fece il Legato poi la sua ambasciata
nel publico Consiglio, e non fu intesa
con quella attenzion ch'imaginata
s'era nel cominciar di quella impresa.
Parea strano a ciascun che terminata
fosse con pari onor quella contesa,
e rivolean la Secchia ad ogni patto,
e non volean che 'l Re fésse riscatto.

        42
Proponeva il Legato un mezzo onesto,
che ritenendo il Re ch'avean prigione,
rimettessero poscia in quanto al resto
ne l'arbitrio del Papa ogni ragione.
E quando ancor gli trovò sordi in questo,
né gli poté mutar d'opinione:
- Dunque, disse sdegnato, i nostri amici
han minor fede in noi che gli nemici?

        43
Or vi farò veder quello ch'importe
il disprezzar l'autorità papale. -
Cosí disse, e non pur fuor de le porte
che chiudean le superbe e ricche sale,
ma di Bologna uscí con la sua corte;
e volgendo il cammin verso il Finale,
il Paulucci avisò ch'immantenente
il seguisse al Bonden con la sua gente;

        44
dove dovea trovarsi il giorno appresso
Azio d'Este figliol d'Aldobrandino,
e quivi esser da lui poscia rimesso
nel ferrarese antico suo domino;
come gli avea ordinato il Papa stesso
con un breve, da poi ch'ei fu in cammino:
e a un tempo fur da lui tutti chiamati
i cavalli ch'adietro avea lasciati.

        45
Salinguerra, ch'intese il suo periglio,
tosto del ponte abbandonò l'impresa,
e tornando a Ferrara, in iscompiglio
ritrovò la città già mezza presa.
Ma risoluti a non mutar consiglio
s'ostinaron via piú ne la contesa
i Petroni, e stimâr cosa leggiera
l'aver perduta e l'una e l'altra schiera.

        46
Da l'altra parte i Gemignani volti
al lor vantaggio, avean con segretezza
danari a cambio da i Lucchesi tolti
e assoldata milizia a l'armi avezza;
e avendo i Padovani in campo accolti
senza segno di tromba e d'allegrezza,
si mostravan d'ardir, di forze impari
per crescer confidenza a i temerari.

        47
E 'n tanto preparar feano in disparte
ordigni da trattar notturno assalto,
ponti da tragittar da l'altra parte,
saette ardenti da lanciar in alto,
fuochi composti in varie guise ad arte
ch'ardean ne l'acqua e su 'l terreno smalto,
falci dentate e machine diaboliche
che non trovaron mai le genti argoliche.

        48
Tre giorni senza uscir de la trinciera
stettero i Padovani e i Modanesi:
ed ecco il quarto con sembianza altiera
fuor de' ripari uscir de' Bolognesi,
e su 'l ponte calar da la riviera,
tutto coperto di ferrati arnesi,
un fanton di statura esterminata
nominato Sprangon da la Palata.

        49
Un celaton di legno in testa avea
graticciato di ferro, e al fianco appesa
una spada tedesca, e in man tenea
imbrandita una ronca bolognesa.
Quindi volto a i nemici egli dicea:
- O Pavanazzi da la panza tesa,
quando volidi uscir di quelle tane
valisoni da trippe trevisane?

        50
Fra tanti poltronzon j n'è neguno
ch'apa ardimento de vegnir qua fora
a far custion con mi, fina che l'uno
sipa vittorios e l'altro mora? -
Cosí dicea, né rispondeva alcuno
a la superba sua disfida allora:
ma non tardò ch'a rintuzzar quel fiero
da l'antenoree tende uscí un guerriero.

        51
Lemizio fu nomato o Lemizzone,
piccolo e grosso e di costumi antico,
avea ne la man destra un rampicone,
e sopra la celata un pappafico;
ne la manca una targa di cartone
foderata di scotole di fico:
del resto in giubberel con le gambiere
parea un saltamartin proprio a vedere.

        52
Rise Sprangon vedendolo su 'l ponte,
e motteggiollo e dileggiollo assai,
chiamandolo aguzzin di Rodomonte,
stronzo d'Orlando, ambasciator de' guai.
Volgendo Lemizzon l'ardita fronte
rispose: - Al cospettazzo, e che dirai
burto porco arlevò col pan de sorgo,
se te fazzo sbalzar zoso in quel gorgo? -

        53
Alza la ronca a quel parlar Sprangone,
e mena per dividergli le ciglia;
Lemizzone la targa al colpo oppone,
v'entra un palmo la punta e vi s'impiglia:
ei la targa abbandona, e 'l rampicone
gli avventa a l'elmo, e ne' graticci il piglia;
e tira con tant'impeto a traverso,
che 'n riva al ponte il fa cader riverso.

        54
Sprangon tocca del cul su 'l ponte a pena,
che balza in piedi, e la sua ronca gira
con quella targa infitta, e su la schiena
ferisce Lemizzon che si ritira.
Lemizzon de l'uncino a un tempo mena,
ma non va il colpo ove drizzò la mira;
segnava a la visiera, e giú discese,
e ne la stringa de' calzoni il prese.

        55
Con le ginocchia e con le mani in terra
Lemizzon cade, e fa cader con esso
le brache di Sprangon, ch'a sorte afferra
col raffio ch'abbassò nel tempo stesso:
ma da la ronca a quel colpir si sferra
lo scudo del carton spezzato e fesso:
onde l'ardito Lemizzon che vede
il rischio, salta in un momento in piede;

        56
e Sprangon, ch'a sbrigar le gambe attende,
urta per fianco e giú da l'orlo il getta.
Sprangon cadendo in una mano il prende,
e 'l rapisce con lui per sua vendetta.
ravviluppato l'un con l'altro scende;
ma nel cader si distaccaro in fretta:
batton su l'onda e vanno al fondo insieme;
l'acqua rimbalza e 'l lido intorno freme.

        57
Lemizzon, ch'è piú sciolto e piú spedito,
soffia le spume e 'l volto alza da l'onda,
e poi ch'ha scorto ov'è sicuro il lito,
passa notando in su l'amica sponda:
ma da le brache sue l'altro impedito
e da l'armi, restò ne la profonda
voragine affogato e quivi giacque,
cibo de' pesci e impedimento a l'acque.

        58
Ramiro Zabarella, un cavaliero
il piú gentil che fosse a' giorni sui
ma disdegnoso e furibondo e fiero
con chi volea pigliar gara con lui,
comparve armato sopra un gran destriero,
dopo che Lemizzon chiarí colui;
e disse: - O Bolognesi, oggi la vostra
disfida féste, e noi farem la nostra.

        59
Però doman su questo ponte stesso
tutti vi sfido a singolar battaglia
con lancia e spada, acciò che meglio espresso
si vegga chi di noi piú in armi vaglia. -
Qui tacque il Zabarella, e seguí appresso
il grido universal de la canaglia:
e fu accettata la disfida altiera
da i cavalier de la contraria schiera.

        60
Era ne la stagion ch'i sensi invita
a ristorarsi omai la notte bruna,
e con luce scemata e scolorita
s'era congiunta al sol l'umida luna:
la gente di Bologna, insuperbita
dal passato favor de la fortuna,
dormía secura in aspettando l'ora
ch'esca Ramiro a la battaglia fuora.

        61
Quand'ecco a l'arma a l'arma, e d'oriente
volando il grido a mezzogiorno arriva,
a l'arma a l'arma s'ode a l'occidente,
rimbomba l'aria e fa tremar la riva.
La sonnacchiosa e spaventata gente
sorgea confusa; e quinci e quindi giva,
ravvolgendo e intricando ordini e schiere,
e cercando a lo scuro armi e bandiere.

        62
Avean taciuto i Modanesi un pezzo
per cogliere il nemico a l'improviso,
e da piú parti riserrarlo in mezzo
per farlo rimaner vie piú conquiso,
parendo lor che la vittoria avezzo
l'avesse a trascurar quasi ogn'aviso.
Presero il tempo e 'l ritrovâr distratto
e da simil pensier lontano affatto.

        63
Correano a gara i capitani al ponte,
dove maggior periglio esser parea:
e quivi il furibondo Eurimedonte
col destriero ingombrato il varco avea;
e in minacciosa e formidabil fronte,
con la spada a due man ferendo, fea
smembrati e morti giú da l'alta sponda
cavalli e cavalier cader ne l'onda.

        64
A Petronio Casal divise il volto
fra l'uno e l'altro ciglio in fino al petto;
a Gian Pietro Magnan, ch'a lui rivolto
già tenea per ferirlo il brando eretto,
troncò la mano e aperse il fianco, e sciolto
trasse lo spirto fuor del suo ricetto;
e partito dal collo a una mammella
Ridolfo Paleotti uscí di sella.

        65
Ma di gente plebea n'uccide un monte
che s'erge sovra l'onda e innanzi passa;
seguono i Padovani; e già del ponte
le steccate e le sbarre addietro lassa.
Quindi ne le trinciere urta per fronte
e le rompe, le sparge e le fracassa;
si rinforza il nemico, e fa ogni prova
contra tanto furor, ma nulla giova;

        66
ché da levante vien per fianco il forte
Gherardo a un tempo, e da ponente viene
Manfredi, e l'uno e l'altro ha in man la morte,
e fa di sangue rosseggiar l'arene.
trasser le genti lor con pari sorte
di là da l'onda, e per le rive amene
taciti costeggiando a un punto furo
sopra i nemici incauti al ciel oscuro.

        67
A prima giunta in cento parti e cento
acceso fu ne' palancati il foco:
crebbe la fiamma e la diffuse il vento,
e l'inimico a quel terror diè loco.
Urtando i Gemignani, e al violento
impeto loro ogni riparo è poco.
Da l'altra parte i Padovani anch'essi
hanno già i primi in su l'entrata oppressi.

        68
Varisone, fratel di Nantichiero,
che Barisone ancor fu nominato,
uccise Urban Guidotti e Berlinghiero
dal Gesso, e 'l Manganon da Galerato.
Seco avea Franco e 'l valoroso Alviero
e don Stefano Rossi, a cui fu dato
il cognome a l'uscir di quel periglio,
perché tutto di sangue era vermiglio.

        69
Al pretor di Bologna intorno stanno
tutti i primi guerrier del campo armati:
egli che vede la ruina e 'l danno
e non può riparar da tanti lati
esce da tramontana; e se ne vanno
di Castelfranco a i muri abbandonati:
e si riparan quivi, e quivi accolte
sono le genti rotte in fuga volte.

        70
Il popolo di Fano e di Cesena
restò col fior de' Milanesi estinto;
de' Ravennati e Forlivesi a pena
fu ricondotto a Castelfranco il quinto;
preso il carroccio, ogni campagna piena
di morti, ogni sentier di sangue tinto;
gli alloggiamenti e la nemica preda
restaro al foco e a le rapine in preda.

        71
Piú non tornaro al ponte i Modanesi,
ma a Castelfranco fêr passar la gente:
e quivi furo i padiglioni tesi
poco distanti al lato di ponente,
dove ancor sono i margini difesi
da una trinciera quadra ed eminente,
che può veder passando in su la strada
qualunque dal castello al fiume vada.

        72
Tiraro il dí seguente una trinciera
i Bolognesi fuor de la muraglia,
e quivi usciro armati a la frontiera
contra i nemici in atto di battaglia:
ma stetter poi cosí fino a la sera,
per mostrar di non ceder la puntaglia.
E in tanto il Reggimento avea mandato
un messo in fretta al Cardinal Legato;

        73
cui chiedendo perdon del folle eccesso,
d'aiuto il supplicava e di consiglio
con libero e assoluto compromesso,
pur che levasse i suoi fuor di periglio.
Egli, dissimulando il gusto espresso
di vedergli abbassato il superciglio,
mostrò dolersi de l'avuta rotta;
e fe' ritorno a la città del Potta.

        74
Quivi accolto in Senato ei disse: - Amici,
io torno a voi con quell'istessa fede
ch'io ritrassi l'altrier, che i benefici
non mi faceano ancor sperar mercede.
Voi, ch'io credea di ritrovar nemici,
féste donna di voi la Santa Sede;
e i nostri amici vecchi insuperbiti
mutaron fede e ne lasciar scherniti.

        75
Or ha l'orgoglio lor Dio rintuzzato:
io che 'l sentiero a la vittoria ho fatto,
che 'l terzo di Perugia ho lor levato,
che Salinguerra fuor del campo ho tratto,
l'arbitrio che da voi pria mi fu dato
vi ridomando, ma però con patto
che debba l'onor vostro esser securo;
e cosí vi prometto e cosí giuro. -

        76
Il Mirandola allora alzato in piede
gli rispose: - Signor, la patria mia
né per incontro a la fortuna cede,
né per felicità sé stessa oblía.
L'arbitrio che da prima ella vi diede,
l'istesso or vi conferma, e sol desía
che siate voi magnanimo in usarlo,
com'ella è pronta e generosa in darlo. -

        77
Ringraziò que' signori, e fe' partita
da Modana il Legato il giorno stesso:
e conchiusa la pace e stabilita
fra le parti in virtú del compromesso,
con gaudio universal, con infinita
sua lode publicolla il giorno appresso;
riserbando ne' patti a i Modanesi
la Secchia e 'l Re de' Sardi a i Bolognesi.

        78
Nel resto si dovean tutti i prigioni
quinci e quindi lasciar liberamente,
e le terre e i confini e lor regioni
ritornar come fur primieramente.
Cosí finîr le guerre e le tenzoni,
e 'l giorno d'Ogni Santi al dí nascente
ognun partí da la campagna rasa,
e tornò lieto a mangiar l'oca a casa.

        79
Voi buona gente che con lieta ciera
mi siete stati intenti ad ascoltare,
crediate che l'istoria è bella e vera;
ma io non l'ho saputa raccontare.
Paruta vi sar?ia d'altra maniera
vaga e leggiadra, s'io sapea cantare;
ma vaglia il buon voler, s'altro non lice,
e chi la leggerà viva felice.

FINE

 
 
 
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