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La Secchia Rapita 09-1

Post n°1332 pubblicato il 08 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

La Secchia Rapita
di Alessandro Tassoni

CANTO NONO

ARGOMENTO

Melindo innamorato al ponte viene,
e tutti i cavalieri a giostra appella.
Su l'isola incantata il campo tiene,
e fa mostra di sé pomposa e bella.
Cadono i primi, e fan cader le spene
a gli altri ancor di dirmanere in sella.
Al fin da un cavalier non conosciuto
vinto è l'incanto, e 'l giovine abbattuto.

        1
Eran partiti già gli ambasciatori
venuti a procurar la pace in vano;
però ch'insuperbiti i vincitori
non si voleano il Re levar di mano;
e 'l Nunzio anch'egli entrato era in umori
ch'ei si mandasse al gran Pastor romano,
come in possanza di maggior nemico,
per piú confusion di Federico.

        2
Ma finita la tregua ancor non era,
quando pel fiume in giú venne a seconda
una barchetta rapida e leggiera,
che portava due araldi in su la sponda.
Giunti al ponte, smontar su la riviera,
l'uno di qua, l'altro dí là da l'onda:
e a giostra, poi che ne le tende entraro,
d'ambidue i campi i cavalier sfidaro.

        3
Contenea la disfida: - Un cavaliero,
per meritar l'amor d'una donzella
c'ha sovra quante oggi n'ha il mondo impero
in esser valorosa onesta e bella,
sfida a colpi di lancia ogni guerriero
finché l'un cada e l'altro resti in sella;
da l'abbattuto sol lo scudo ei chiede,
e 'l suo darà se per fortuna cede. -

        4
Accettâr la disfida i giostratori,
e quinci e quindi ognun stè preparato
con pensier di dover co' novi albori
del già cadente sol trovarsi armato.
Ma la notte avea a pena i suoi colori
tolti a le cose e 'l mondo attenebrato
spiegando intorno il taciturno velo,
ch'una tromba s'udí sonar dal cielo.

        5
Al fiero suon trecento schiere armârse
quinci e quindi confuse e sbigottite,
quando nel fiume una gran nave apparse,
che venía giú per l'onde intumidite,
e tanti razzi e tanti fuochi sparse,
che tolse il vanto a la Città di Dite.
Nave parea, ma in arrivando al ponte
isola apparve, e la sua poppa un monte.

        6
Orrido è il monte e di spezzati sassi,
e signoreggia un praticello ameno
che lungo è intorno a centoventi passi
e trenta di larghezza o poco meno;
la prora a combaciar col ponte vassi,
e quivi una colonna al ciel sereno
fiamme spargea con sí mirabil arte
ch'illuminava intorno in ogni parte.

        7
Da la colonna pende incatenato
un corno d'oro, e dice una scrittura
di ch'era il marmo lucido intagliato:
Suoni chi vuol provar l'alta ventura.
Piú in alto sovra il corno era attaccato
un ricco scudo, in cui da la scoltura
tolto era al puro argento il primo onore,
e scritto avea di sopra: Al vincitore.

        8
Avea l'egregio artefice ritratto
in esso la battaglia di Martano
col signor di Seleucia; e stupefatto
parea tutto Damasco al caso strano:
sta Griffone in disparte accolto in atto
d'uom di dolore e di vergogna insano;
ride la corte, Norandin si strugge,
ma il buon Martan facea come chi fugge.

        9
Era coperto il pian di verde erbetta,
e la riva di mirti ombrata intorno.
Smontâr molti guerrier ne l'isoletta
passeggiando il pratel di fiori adorno,
ma poiché la trovâr tutta soletta
trassero a gara a la colonna e al corno:
e quivi infra di lor nacque contesa
chi dovesse primier tentar l'impresa.

        10
Giucaro al tocco, e sopra Galeotto
cadde la sorte, il giovinetto ardito;
quegli il bel corno d'ôr prese di botto,
e sonò sí ch'ognun ne fu stordito.
Tremò l'isola tutta, e tremò sotto
il letto e l'onda, e tremò intorno il lito:
sparve il foco ch'ardea, sparver le stelle,
e perdé il ciel le sue sembianze belle.

        11
E mentre ancor durava il gran tremore,
ricoperse ogni cosa un nuvol denso,
e balenò improviso, e a lo splendore
seguí uno scoppio orribile ed immenso
che strignendo gli spirti e 'l sangue al core
fe' rimanere ognun privo di senso;
e giú col tuono un fulmine discese,
che percosse nel monte, e quel s'accese.

        12
S'accese il monte, e tutto in fiamma viva
fu convertito in un girar di ciglio,
e in mezzo de la fiamma ecco appariva
mirabilmente un padiglion vermiglio.
Il nobil lin, di cui già tele ordiva
l'antica età d'incombustibil tiglio;
tal fra le pompe regie in oriente
fu visto rosseggiar nel foco ardente.

        13
Lasciò la fiamma il monte incenerito,
e 'l ciel tornò seren com'era pria;
e in tanto fu di cento trombe udito
un misto suon di guerra e d'armonia.
Il lume ritornò, ch'era sparito,
su la colonna; e 'l padiglion s'apría,
e n'uscían cento paggi in bianca vesta,
tutta di fiori d'ôr sparsa e contesta.

        14
Bruni i fanciulli avean le mani e 'l viso,
e parean tutti in Etiopia nati;
un poeta gli avrebbe a l'improviso
a le mosche nel latte assomigliati.
Fuor di due porte il nero stuol diviso
uscí con torce accese; e in ambo i lati
si distinse con lunga e dritta schiera,
e lasciò vota in mezzo una carriera.

        15
Su l'altro capo intanto avea portato
copia di lance un provido scudiero;
e Galeotto era comparso armato
con sopravesta verde, armi e cimiero;
maneggiando un cavallo in Tracia nato,
da tre piedi balzàn, di pelo ubero,
che curvettando alzava da l'arena
al tocco de lo spron salti di schiena.

        16
Era ogni cosa in punto, e solamente
mancava il cavalier de la ventura;
quando iterâr le trombe, immantinente
uscí del padiglion su la pianura.
di bianca sopravesta e rilucente
di gemme era vestito, e l'armatura
di puro argento avea, bianco il cimiero,
ma nero piú che corvo era il destriero.

        17
Alta avea la visiera, e giovinetto
d'età di sedici anni esser parea:
biondo era e bello e di gentile aspetto,
e grazia in lui quell'abito accrescea.
Salutò intorno ognun con grato affetto,
e 'l feroce destrier che sotto avea,
su l'orme fe' danzar che pria distinse
col piè ferrato, indi la lancia strinse.

        18
Abbassò la visiera, e attese intento
che la canora tromba il moto accenne;
ed ecco suona, e come fiamma o vento
l'uno di qua l'altro di là se 'n venne.
Scontrarsi a mezzo il campo, e rotte in cento
tronchi e scheggie volâr le sode antenne,
gittò faville l'uno e l'altro elmetto,
e Galeotto uscí di sella netto.

        19
Vago di contemplar vista sí bella
stava l'un campo e l'altro in ripa al fiume,
e le due podestà sotto l'ombrella
miravano la giostra al chiaro lume.
Videro Galeotto uscir di sella,
e vider l'altro con gentil costume
stendere al fren la generosa mano
e tenergli il destrier che gía lontano.

        20
Galeotto confuso e vergognoso
lo scudo al vincitor partendo cesse,
nel cui lembo dorato e luminoso
subito il nome suo scritto si lesse.
In tanto un cavalier tutto pomposo
d'azzurro e d'oro una gran lancia eresse,
e un leardo corsier di chioma nera
spronò contra il campion de la riviera.

        21
Ruppe la lancia al sommo de lo scudo,
e fe' i tronchi ronzar per l'aria scura;
ma fu colto da lui d'un colpo crudo
che lo stese tra i fiori e la verdura:
cadde a pena, che trasse il ferro ignudo
e volle vendicar sua ria ventura;
ma l'altro si ritrasse, ed ecco un vento,
e fu ogni lume intorno a un soffio spento:

        22
e tremò l'isoletta, e fiamma viva
vomitando e tonando a un tempo fuore,
quindi un gigante orribile n'usciva
ch'a la terra ed al ciel mettea terrore;
questi al guerrier che contra lui veniva
s'aventò dispettoso, e con furore
lo ghermí come un pollo, e a spento lume
lui col cavallo arrandellò nel fiume;

        23
onde a fatica ei si salvò notando:
restò lo scudo, e 'n lui si lesse: Irneo.
Allor di nuovo l'isola tremando
s'aperse, e il gran gigante in sé chiudeo:
e 'l chiaro lume, ch'era gito in bando,
tornò a le torce spente e l'accendeo;
tacque il tremito e 'l vento: e nuova giostra
chiamando, il cavalier fe' di sé mostra.

        24
Il terzo giostrator fu Valentino,
che passeggiando venne un destrier sauro:
e 'l quarto il valoroso Giacopino
sopra un ginetto altier del lito mauro,
ch'avea ferrato il piè d'argento fino
e sella e fren di perle ornati e d'auro:
ma l'uno e l'altro uscí de l'isoletta
senza lo scudo, e dileguossi in fretta.

        25
Il quinto fu il signor di Livizzano;
ch'innamorato di Celinda altera,
e per lei colto in fronte e messo al piano,
ebbe a perir de la percossa fiera.
L'asta rotta si fesse, e 'l colpo strano
fe' le scheggie passar per la visiera;
ond'ei cadde trafitto il destro ciglio,
de l'occhio e de la vita a gran periglio.

        26
Il Potta rivoltato a Zaccaria
che gli sedea vicin, disse: - Messere,
quest'è certo un incanto e una malía
ognun quel cavalier farà cadere. -
Rispose il vecchio allor: - Per vita mia
ch'a me l'istesso par, né so vedere
che possan guadagnar questi briganti
a cozzar col demonio e con gl'incanti;

        27
però se stesse a me, farei divieto
che nessuno de' miei con lui giostrasse. -
Prese il Potta il consiglio, e fe' un decreto
che ne l'isola alcun piú non entrasse,
e se ne stette poscia attento e cheto
mirando ciò che l'inimico oprasse,
e vide due, vestiti a bruno ed oro
appresentarsi co' cavalli loro.

        28
L'un d'essi corse, e tócco a pena fue
ch'uscí di sella e si distese al piano;
e pur mostrava a le sembianze sue
d'esser di core indomito e di mano.
Secondò l'altro, e per la groppa in giue
restò cadendo al suo caval lontano.
Risorse il primo, e a quel de la riviera
disse con voce e con sembianza altera:

        29
- Guerrier, se tu non sei per via d'incanto
prode con l'asta, or de l'arcion discendi
e con la spada che tu cigni a canto
a trarmi in cortesia d'inganno imprendi;
e s'hai timor di non turbar fra tanto
la giostra, a tuo piacer pugna e contendi;
pur ch'io ti provi un colpo o due col brando:
ecco lo scudo e piú non t'addimando. -

        30
Rispose il cavalier de l'isoletta:
- A dismontar sarei forse ubbligato,
s'a combatter per odio o per vendetta
fossi venuto in questo campo armato.
A giostrar venni e solo amor m'alletta,
e 'l mio disegno a tutti ho palesato:
sí ch'io non son tenuto a uscir di questa,
per variar tenzone a tua richiesta.

        31
Ma perché non m'imputi a codardia
il rifiutar la prova de la spada,
lasciami terminar l'impresa mia,
poi ti risponderò come t'aggrada.
Lo scudo se 'l mi chiedi in cortesia
io lo ti lascierò; per altra strada
non ti pensar di ritenerlo, o ch'io
a tuo voler sia per cangiar desio. -

        32
- Il cangerai, soggiunse, al tuo dispetto, -
l'altro guerrier, malvaggio incantatore. -
E del tronco de l'asta in su l'elmetto
ferillo, e trasse a un tempo il brando fuore;
tremò l'isola al colpo, e tremò il letto
del fiume, e sparve tosto ogni splendore;
balenò il cielo, e con orrendo scoppio
s'aprí la terra e n'uscí un fumo doppio.

        33
Sfavillò il fumo; ed ecco immantenente
due tori uscir d'insolita figura
che con occhi di foco e fiato ardente
parean seccare i fiori e la verdura.
S'uniro i due guerrier, tratte repente
le spade, e non mostrâr di ciò paura.
Vengono i tori, e l'uno e l'altro campo
trema de gli occhi al formidabil lampo.

        34
Il cavalier de l'isoletta s'era
tratto in disparte a rimirar la guerra;
come saetta, l'una e l'altra fera
col biforcuto piè trita la terra.
S'apre a l'arrivo lor la coppia altera;
passa il corno incantato e non gli afferra;
menano entrambi, e 'l taglio de la spada
par che su lana o molle piuma cada.

        35
Tornano i tori, e i cavalier rivolti
son loro incontro e menano a la testa;
lampeggiaron le fronti ove fur colti:
ma l'impeto e 'l furor per ciò non resta:
i cavalier su 'l corno a forza tolti
fur portati nel fiume a gran tempesta;
restar gli scudi, e scritti i nomi loro
Perinto e Periteo ne gli orli d'oro.

        36
Balzâr ne l'onda a precipizio i tori
co i cavalieri; e quivi uscîr di vista:
si ravvivaro i soliti splendori,
depose il ciel quella sembianza trista;
l'isoletta cessò da' suoi tremori,
lieta tornando come prima in vista;
e 'l cavalier che ritirato s'era,
tornò a mettersi in capo a la carriera.

        37
E nuova giostra in vano un pezzo attese,
ch'ognuno era confuso e spaventato,
fin che dal ponte un cavalier discese
maneggiando un corsier falbo dorato
che la briglia d'argento e 'l ricco arnese
avea d'oro trapunto e ricamato.
Questi in pensier di cambiar lancia venne,
e ne fe' inchiesta, e la richiesta ottenne.

        38
Diede il segno la tromba: e come vanno
per gli campi de l'aria i lampi ardenti
ch'a terra e cielo e mar dar luogo fanno
e portano con lor grandine e venti;
tal vannosi i guerrier, con l'aste c'hanno
abbassate, a ferir gli elmi lucenti.
Volâr le scheggie e le faville al cielo,
né vi fu cor che non sentisse gielo.

        39
Cozzarono i destrier fronte con fronte;
e quel del cavalier de l'isoletta
lasciò col suo signor l'altro in un monte,
e via dritto passò come saetta.
Tosto risorse il cavalier del ponte
bramando far del suo caval vendetta:
e a nuova lancia il giostrator richiese,
ed ei gli fu di ciò molto cortese.

        40
Venne un altro corsier di pel roano,
e su montovvi il cavalier d'un salto;
sospese il fren con la sinistra mano
e con lo sprone il fe' guizzare in alto;
e poiché si rimise in capo al piano
lo sospinse di corso al fiero assalto:
ma nell'incontro fu toccato a pena
che si trovò rovescio in su l'arena.

        41
Levossi e disse: - Ecco lo scudo mio,
ch'or veggio che se' mago e incantatore,
né teco vo' né col demonio rio
mettere in compromesso il mio valore:
forse avverrà ch'ancor tu paghi il fio
per altre mani, e con tuo poco onore,
del mal acquisto; or qui ti resta intanto
col diavolo, ch'eletto hai per tuo santo. -

 
 
 
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