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La Secchia Rapita 08-1

Post n°1322 pubblicato il 06 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

La Secchia Rapita
di Alessandro Tassoni

CANTO OTTAVO

ARGOMENTO

Il corno manco alfin de' Gemignani
giugne a forza pugnando a' suoi steccati.
Vede Ezzelino in mostra a Padovani,
ch'a danno de' Petroni ha ragunati.
Fan tregua i campi: e con partiti vani
son da Bologna ambasciator mandati,
che di Rinoppia fra i ricami e l'armi
del cieco Scarpinello odono i carmi.

        1
Già la luce del sol dato avea loco
a l'ombra de la terra umida e nera;
e le lucciole uscían col cul di foco,
stelle di questa nostra ultima sfera,
quando le trombe in suon già lasso e fioco
a raccolta chiamar da la riviera.
Usciro i fanti e i cavalier de l'onda,
e si ritrasse ognuno a la su sponda:

        2
e quinci e quindi alzaro incontro al ponte
gli eserciti trinciere e padiglioni.
Tornaro intanto di Miceno il conte
e Manfredi e Roldano, i tre campioni
che le bandiere de' nemici conte
cacciate avean per boschi e per valloni;
e fu da loro in arrivando al lito
il suon de l'armi e de' cavalli udito.

        3
E poi che da le spie certificati
del vario fin de la battaglia fòro,
in dubbio se dovean per gli steccati
ripassar de' nemici al campo loro,
o guazzando in disparte i lor soldati
ricondur cheti a ripigliar ristoro;
a guazzo al fin passar fanti e somieri,
e al ponte si drizzâr co' cavalieri.

        4
E dato aviso al Potta in diligenza
perché le sbarre a tempo e loco alzasse,
de le spoglie de' vinti in apparenza
di Ferraresi armâr la prima classe;
e acciò che l'arte lor maggior credenza
tra gl'inimici a l'arrivar trovasse,
quando loro parve esser vicini assai
- Viva Frarra, gridar, guardai, guardai. -

        5
Gli abiti ferraresi e le favelle
nel fosco de la notte e 'n quel tumulto
ingannaron cosí le sentinelle,
che fu il pensier de' valorosi occulto.
Giunti nel campo, alzar fino a le stelle
i gridi e gli urli, e con feroce insulto
trasser le spade e apersero il cammino
dove piú il ponte a lor parea vicino.

        6
Eran confusi ancor gli alloggiamenti,
gli animi incerti e i corpi affaticati,
quando dal suon de' minacciosi accenti
d'improviso terror fur saettati;
come scossi dal ciel folgori ardenti,
venían di sangue e di sudor bagnati;
Manfredi e 'l buon Voluce a la frontiera
e in ultimo Roldan chiudea la schiera.

        7
Come pere cadean le genti morte
sotto il furor de le sanguigne spade.
Vede il conte Romeo ch'ad una sorte
pedoni e cavalier sgombran le strade;
onde il nipote suo Ricciardo il forte
chiamando, corre ove la gente cade:
ma l'impeto lo sbalza, e prigioniero
porta seco Ricciardo in su 'l destriero.

        8
Come suol nube di vapori ardenti
far ne' campi talor strage e fracassi
vomitando dal sen fulmini e venti,
e portar seco svelti arbori e sassi:
cosí porta il furor di que' possenti
seco ogn'incontro ovunque volge i passi:
cosí, secondo i greci ciurmatori,
porta l'ottavo ciel gli altri minori.

        9
Giunto al Potta fra tanto era l'aviso,
e Gherardo su 'l ponte avea mandato:
ma fu l'arrivo lor tant'improviso
che 'l ritrovaro ancor chiuso e sbarrato.
Quivi a Roldano fu il destriero ucciso,
e rimanea da tutti abbandonato,
se non si retraean fuora del ponte
i due guerrier che combatteano in fronte.

        10
L'uno di qua, l'altro di là si mosse
dove incalzar vedea l'ultima schiera,
e l'impeto in sé tolse e le percosse,
fin che tutti spuntar su la riviera.
Gherardo in tanto al giugner suo rimosse
le sbarre che piantate avea la sera,
e i suoi raccolse, e lasciò quei dal Sipa
con un palmo di naso a l'altra ripa.

        11
De l'orribile pugna il gran successo
sparse intorno la fama in un momento,
onde ne giunse a Federico il messo
che sospirò del figlio il duro evento.
Scrisse a gli amici e maledí sé stesso,
che fosse stato a quell'impresa lento:
ma sopra tutti scrisse ad Ezzelino
che di Padova allor tenea il domino.

        12
Ezzelin, come udí che prigioniero
del suo signore era il figliolo, in fretta
armò le sue milizie, e fe' pensiero
di farne memorabile vendetta.
Avea allor seco un principe straniero,
cui per fresco retaggio era suggetta
la nobil signoria de la Morea,
e a cui sposata una nipote avea.

        13
In tutto l'Oriente uom di piú core
di lui non era o di miglior consiglio:
fu detto Eurimedonte, e 'l suo valore
fea tremar da l'Eusino al mar vermiglio.
Or a questi Ezzelin diede l'onore
di liberar di Federico il figlio:
e con piú ardor, quand'egli udí, si mosse,
ch'era infreddato e ch'egli avea la tosse.

        14
Dieci schiere ordinò, ciascuna d'esse
di ducento cavalli e mille fanti,
e ghibellini capitani elesse,
perché fosser piú fidi e piú costanti.
Musa, tu che migliacci e caldalesse
vendesti lor, déttami i nomi e i vanti
che fer dal piano a gli ultimi arconcelli
l'alta torre tremar de gli Asinelli.

        15
Già l'uscio aperto avea de l'Oriente
la puttanella del canuto amante,
e 'n camicia correa bella e ridente
a lavarsi nel mar l'eburnee piante;
spargeasi in onde d'oro il crin lucente,
parea l'ignudo sen latte tremante,
e a lo specchio di Teti il bianco viso
tingea di minio tolto in paradiso:

        16
quando a la mostra uscí tutta schierata
la gente. E prima fu l'insegna d'Este
che l'aquila d'argento incoronata
portar solea nel bel campo celeste;
or d'uno struzzo bianco è figurata,
impresa del tiranno e di sue geste;
di Sant'Elena il fiore indi seconda,
terra di rane e di pantan feconda,

        17
e Castelbaldo, a cui tributa rena
l'Adige che fa quindi il suo cammino.
Savin Cumani è il duce, e da l'amena
piaggia di Carmignano e Solesino
e dal Deserto e da Valbona mena
gente, dove costeggia il Vicentino:
l'armi ha dorate, ne l'insegna al vento
spiega un nero leon sovra l'argento.

        18
Schinella e Ingolfo, onor di Casa Conti,
gemelli e dal tiranno ambiduo amati,
da la Creola e da' vicini monti
guidano dopo questi i lor soldati;
San Daniel, Baone, e le due fronti
che toccano del ciel gli archi stellati,
Venda e Rua, Montegrotto e Montortone
Gazzuolo e Galzignano e Calaone.

        19
Abano va con questi in una schiera
e quei di Montagnon seco conduce.
L'aria e la terra affumicata e nera
di sulfureo color gente produce.
Quivi l'orrendo albergo è di Megera,
che di foco infernal tutto riluce,
e v'era Pietro allor, co' fieri carmi
traeva i morti regni al suon de l'armi.

        20
A liste di color vermiglio e bianco
segnata de' due conti è la bandiera:
Nantichier di Vigonza è loro al fianco,
e conduce con lui la terza schiera;
Vighezzolo e Vigonza e Castelfranco
seco ha in armi e, di là da la riviera
de la Brenta, le terre ove serpeggia
la Tergola e 'l Muson fremendo ondeggia.

        21
Camposanpier, Balò, Sala e Mirano,
Strà, la Mira, Oriago, il Dolo e Fiesso,
Arin, Caltana, Melareo, Stigliano,
e 'l popol di Bogione era con esso.
Ne lo stendardo il cavalier soprano
l'antico segno ha di sua schiatta impresso,
ch'una sbarra di vaio è per traverso
in campo d'oro, e 'l fregio è bianco e perso.

        22
Passa il quarto Inghelfredo, uomo che nato
d'ignota stirpe e a ministerio indegno
da prima eletto, a poco a poco alzato
s'è per occulte vie con cauto ingegno.
Tesoriero fu dianzi, or è passato
a grado militar piú illustre e degno:
ma superbo al sembiante e al portamento,
sembra scordato già del nascimento.

        23
Dichiarato è baron di Terradura,
e la Battaglia va sotto il suo impero
dove fa risonar l'antiche mura
l'incontro di due fiumi e 'l corso fiero:
tempestata di gigli ha l'armatura,
e un levriere d'argento ha su 'l cimiero:
e 'l tiranno Ezzelin l'ha fatto duce
del patrimonio suo, ch'egli conduce.

        24
Le bandiere d'Onara e di Romano,
quelle di Cittadella e Musolente
regge, e di Fontaniva e di Bassano
e de la Bolzanella arma la gente.
Va con questi Campese a mano a mano;
Campese la cui fama a l'occidente
e a' termini d'Irlanda e del Cataio
stende il sepolcro di Merlin Cocajo,

        25
latino autor di mantuani versi,
per cui la donna sua Cipada agguaglia
e i monti di Cucagna e i rivi tersi
levan la palma a quei de la Tessaglia.
Erano i Campesani in Lete immersi,
or li solleva al ciel l'onda castaglia:
e forse ancor su questi scartafacci
faran del nome lor diversi spacci.

        26
Brunor Buzzaccarini è il quinto, e a gara
vanno seco Conselve e Bovolenta,
Are, Cona, Tribano e l'Anguillara,
quei di Sarmasa e di Castel di Brenta,
di Pontelungo e quei di Polverara,
dov'è il regno de' galli e la sementa
famosa in ogni parte: e questa schiera
dogata a verde e bianco ha la bandiera.

        27
L'altra che segue, ove congiunte a stuolo
vanno Pieve di Sacco e Saponara,
Montemerlo, Sanfenzo e di Brazolo
la gente, e seco in un Camponogara,
San Bruson e Cammin, guida un figliolo
de l'antico signor di Calcinara,
che Franco Capolista è nominato,
e porta un cervo rosso in campo aurato.

        28
De la Riviera e de la Mandra ha unite
ereditarie e bellicose genti;
quelle di Paluello instupidite
furo ad armarsi allor sí negligenti,
ch'eran le guerre già tutte finite
quando spiegaron la bandiera a i venti:
onde i vicini lor ridono ancora
del soccorso che dier que' sciocchi allora.

        29
Con la settima squadra Aicardo passa
Capodivacca, e seco ha Montagnana;
Monterosso e Zoone a dietro lassa,
e guida Revolon, Torreggia e Urbana,
Meggiaino e Merlara in parte bassa,
Luvigliano piú in alto a tramontana,
Seivazzan, Saccolungo e Cervarese,
Saletto e Praia e tutto quel paese.

        30
Ma di Teolo la famosa insegna
fra l'altre a grand'onor splender si vede;
Teolo ond'uscí già l'anima degna
che 'l glorioso Livio al mondo diede.
Lo stendardo vermiglio Aicardo segna
di tre spade d'argento; e in guisa eccede
ogn'altro coll'altezza de le membra,
ch'eccelsa torre in umil borgo ei sembra.

        31
Vien poi Monselce, incontra l'armi e i sacchi
securo già per frode e per battaglia,
sotto la signoria d'Alviero Zacchi,
e 'l popol di Casale e di Roncaglia.
Ha l'insegna costui dipinta a scacchi
azzurri e bianchi, e Gorgo e Bertepaglia
e Corneggiana e Montericco ha drieto
e Carrara e Collalta e Carpineto.

        32
Il nono duce Ugon di Santuliana
de le vicine ville avea la cura,
Terranegra conduce e Brusegana
dove Antenore fe' le prime mura,
Villafranca, Mortise e Candiana,
San Gregorio, Sant'Orsola e Cartura,
le Tombelle, Noventa e Villatora,
ed altre terre che fioríano allora;

        33
e de' vassalli suoi non poca parte,
ché Pernumia e Terralba ei signoreggia
e 'l bel colle d'Arquà poco in disparte,
che quinci il monte e quindi il pian vagheggia;
dove giace colui, ne le cui carte
l'alma fronda del sol lieta verdeggia,
e dove la sua gatta in secca spoglia
guarda da i topi ancor la dotta soglia.

 
 
 
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