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La Secchia Rapita 07-1

Post n°1303 pubblicato il 01 Marzo 2015 da valerio.sampieri
 

La Secchia Rapita
di Alessandro Tassoni

CANTO SETTIMO

ARGOMENTO

Rotti i Petroni da la destra parte,
sta in dubbio la vittoria ancor sospesa;
fin che scende dal ciel Iride, e Marte
fa ritirar da la crudel contesa.
Giugne Renoppia, e la smarrita parte
rinvigorisce;e giugne in sua difesa
Gherardo, che dal fiume a l'altra sponda
caccia i nemici e fa vermiglia l'onda.

        1
Il conte di Culagna era fuggito,
com'io narrai, di man di Salinguerra,
e quel fiero, da l'impeto rapito,
pedoni e cavalier gittando a terra,
morto Rainero e Bruno avea ferito
e mossa a un tempo a quella squadra guerra
che Voluce in battaglia avea condotta;
e già le prime file erano in rotta.

        2
Quando Voluce ode il rumore e vede
Salinguerra ch'i suoi rompe e fracassa,
salta in arcion, ché combatteva a piede,
e l'asta prende e la visiera abbassa,
sprona il cavallo, e tosto intorno cede
ognuno, e gli fa piazza ovunque passa:
Salinguerra a l'incontro i suoi precorre
e minaccioso a la battaglia corre.

        3
I magnanimi cor di sdegno ardenti
metton le lance a mezzo 'l corso in resta,
e vannosi a ferir come due venti
o due folgori in mar quand'è tempesta.
Lampi e fiamme gittâr gli elmi lucenti;
mugghiò tremando il campo e la foresta
a quel superbo incontro, e l'aste secche
volaro infrante in mille scheggie e stecche.

        4
Si fece il segno de la santa Croce
l'un campo e l'altro, e si fermò guardando
per meraviglia immoto, senza voce,
del periglio comun scordato; quando
l'uno e l'altro guerrier torse veloce
dispettoso la briglia, e tratto il brando,
fulminârsi a gli scudi ambi e a la testa
dritti e rovesci a furia di tempesta.

        5
Non stettero a parlar de' casi loro
come soleano far le genti antiche,
né se 'l lor padre fu spagnuolo o moro,
ma fecero trattar le man nemiche.
Le ricche sopraveste e i fregi d'oro,
i cimieri, gli scudi e le loriche
volan squarciati e triti in pezzi e 'n polve,
il vento gli disperge e gli dissolve.

        6
Tra mille colpi il conte di Miceno
colse in fronte il signor di Francolino
che gli fece veder l'arco baleno,
la luna, il ciel stellato e 'l cristallino.
D'ira, di sdegno e di superbia pieno
sollevò Salinguerra il capo chino,
e a la vendetta già movea repente
quando rivolse gli occhi a la sua gente.

        7
Sotto la scorta di sí chiaro duce
eran trascorsi i Ferraresi tanto,
che dietro a lui come a notturna luce
sconvolto avean tutto il sinistro canto:
ma poi ch'a Salinguerra il buon Voluce
si fece incontro, essi allentâr fra tanto
l'impeto loro: e videsi in figura
che trotto d'asinel passa e non dura.

        8
Manfredi, che cacciati i Milanesi
rotti e dispersi avea per la campagna,
e in aiuto venía de' Cremonesi
contra quei di Toscana e di Romagna;
poi che conobbe a l'armi i Ferraresi
ch'incalzavano i suoi de la montagna,
rivolto a lo squadron ch'intorno avea,
gli accennava col brando e gli dicea:

        9
- Vedete là quella volubil gente
che vaga ognor di Principi novelli
or piega al Papa e ne la vana mente
seco sognando va mitre e cappelli;
mirate com'è d'or tutta lucente,
come d'armi pomposa e di gioielli:
andiamo, valorosi, urtiam fra loro,
che nostre fien le gemme e l'armi e l'oro. -

        10
Cosí dice: e spronando il buon destriero
la spada stringe e 'l forte scudo imbraccia,
e tra le squadre de' nemici altero
con la man fulminando urta e si caccia.
Come al primo attizzar pronto e leggiero
corre stormo di bracchi a dar la caccia
al gregge vil, cosí da quegli arditi
i Ferraresi allor furo assaliti.

        11
Manfredi a Pasqualin di Pocointesta
tagliò d'un sottobecco il mento e 'l naso,
e fece rimaner con mezza testa
Piero Simon di Gasparin Pendaso.
Contra Manfredi con la lancia in resta
venía spronando il Mozzarel Tomaso;
quand'ecco l'afferrò con un uncino
Archimede d'Orfeo Cavallerino.

        12
Correa l'inaveduto a tutta briglia
senza badar s'alcun gli movea guerra;
e Archimede l'apposta e l'arronciglia
e 'l fa cader d'arcion col culo in terra.
Per la coda il destrier Tomaso piglia
per ritenerlo; ed egli i piè diserra
con grazia tal, ch'in cambio di confetti
gli fa ingoiar dodici denti netti.

        13
Giannotto Pellicciar con un'accetta
spaccò la testa a Gabrio Calcagnino;
Obizo Angiari e Baldovin Falletta
uccisi fur da Gemignan Porrino;
con un colpo di mazza Anteo Pinzetta
ammaccò la visiera ad Acarino
nato del seme altier di Giliolo,
e gli fece del naso un raviggiolo.

        14
Ma questo è un gioco a quel che fa Manfredi
che tutta fracassata ha quella schiera,
Galasso Trotti ha morto e Gotifredi
Gualengui e Perondel di Boccanera;
e 'l Rosso Riminaldi ha messo a piedi
passato d'una punta a la gorgiera;
onde, d'ardire e d'ordinanza tolta,
la gente di Ferrara in fuga è volta.

        15
Salinguerra, ch'i suoi vede fuggire
dal nemico valor che gli sbarraglia,
ferma la spada in atto di ferire,
e dice al conte: - Tua bontà mi vaglia,
sí che la gente mia possa seguire
tanto ch'io la rivolga a la battaglia;
ché s'io resto qui sol cinto da' tuoi,
né tu meco pugnar con laude puoi. -

        16
Voluce rispondea: - Signor Marchese,
è morto Orlando e non è piú quel tempo:
ma per non vi parer poco cortese,
se volete fuggir, voi siete a tempo;
seguite pur, ch'io non farò contese,
la gente vostra, e non perdete il tempo,
perché mi par che corra come un vento;
ma vo' venir anch'io per complimento. -

        17
- Oh questo no, rispose Salinguerra,
io non partirò mai, s'ella non resta. -
E in questo dire un colpo gli diserra
a mezza lama al sommo de la testa:
perdé le staffe e quasi andò per terra
il conte a quella nespola brumesta;
strinse le ciglia, e vide a un punto mille
lampade accese e folgori e faville.

        18
Allora Salinguerra il tempo piglia,
sprona il cavallo e si dilegua ratto,
e là dove Manfredi i suoi scompiglia,
d'ira avvampando e di furor s'è tratto;
grida, rampogna, e or questo e or quel ripiglia,
mena la spada a cerco e a chi di piatto,
a chi coglie di taglio, a chi minaccia;
e non può far ch'alcun volga la faccia.

        19
Voluce intanto si risente, e gira
il guardo, e vede il principe lontano.
Tosto dietro gli sprona, e poi che mira
chiusa la strada e che s'affanna in vano,
urta fremendo di disdegno e d'ira
tra i Ferraresi anch'ei col brando in mano,
e fa volare al ciel membra tagliate
e piastre rotte e pezze insanguinate.

        20
Tagliò una spalla a Tebaldel Romeo,
e a Buonaguida Fiaschi un braccio netto;
la gamba manca a Niccolin Bonleo
troncò dove finía lo stivaletto;
e mastro Daniel di Bendideo
pieno d'astrologia la lingua e 'l petto
uccise d'una punta, ond'ei s'avvide
che del presumer nostro il ciel si ride.

        21
Voluce fe' quel dí prove mirande
e uccise di sua man trenta marchesi,
però che i marchesati in quelle bande
si vendevano allor pochi tornesi;
anzi vi fu chi per mostrarsi grande
si fe' investir d'incogniti paesi
da un tal signor, che per cavarne frutto
i titoli vendea per un presciutto.

        22
Come nube di storni, a cui la caccia
lo sparvier dava dianzi o lo smeriglio,
se l'audace terzuol per lunga traccia
le sovraggiugne col falcato artiglio,
raddoppia il volo e quinci e quindi spaccia
le campagne del ciel volta in scompiglio;
or s'infolta, or s'allarga, or si distende
in lunga riga e i venti e l'aria fende:

        23
tal la gente del Po, che pria fuggiva
da la tempesta di Manfredi irato,
poiché Voluce anch'ei le soprarriva
e 'n lei doppia il terror freddo e gelato,
con disordine tal fuggendo arriva
tra il popol di Fiorenza a destra armato,
che seco lo trasporta e lo sbarraglia
e lo fa seco uscir de la battaglia.

        24
Segue Manfredi, e d'armi e di bandiere
resta coperto il pian dovunque passa;
fende Voluce or queste or quelle schiere
e memorabil segno entro vi lassa,
Pippo de' Pazzi e Cecco Pucci ei fere,
Beco Stradini e Pier di Casabassa.
Seco è il Duara, e per foreste e boschi
fuggon dispersi i Ferraresi e i Toschi.

        25
Ma non fuggon cosí già i Perugini
né la cavalleria del Malatesta;
anzi, come fu noto a i pellegrini
fregi il Duara e a la pomposa vesta,
l'arroncigliâr con piú di cento uncini
ne le braccia, né fianchi e ne la testa.
- Fate pian, grida Bosio, aiuto, aiuto;
non stracciate, ché 'l saio è di veluto:

        26
fermate i raffi, ch'io mi do per vinto;
non tirate, canaglia maledetta:
che malann'aggia il temerario instinto,
Perugini, ch'avete, e tanta fretta. -
Cosí dicendo fu subito cinto
e fatto prigionier da la cornetta
del capitan Paulucci; indi legato
sopra un roncino a Crespellan menato.

        27
La prigionia del duca lor commosse
a furore e vendetta i Cremonesi;
spinsero innanzi e rinforzâr le posse
e s'uniron con loro i Frignanesi;
ma il Perugino audace il piè non mosse
e stettero in battaglia i Riminesi,
dal valor proprio e da l'esempio degno
de' capitani lor tenuti a segno.

        28
Il capitan Paulucci a Perdigone,
fratel di Bosio che 'l destrier gli uccise,
tirò d'una balestra da bolzone,
e con due coste rotte in terra il mise.
Indi ammazzò col brando Ercol Pandone
che se l'ebbe per male in strane guise;
perch'era vecchio in guerra e buon soldato
e nissuno mai piú l'avea ammazzato.

        29
Aveva in tanto Alessio di Pazzano
il buon Omero Tortora assalito,
istorico famoso e capitano
che le ninfe d'Isauro avean nudrito;
quando d'una zagaglia sopra mano
fu dal signor di Rimini ferito,
e 'l ferro al vivo penetrò di sorte
che 'l trasse de l'arcion vicino a morte.

        30
E già per ispogliarlo era smontato,
quando ei si volge e 'n su 'l morir gli dice:
- O tu che godi or del mio acerbo fato,
sappi che morirai via piú infelice,
vicina è la tua sorte, e 'l tuo peccato
già prepara per te la mano ultrice,
dove meno la temi, e quel ch'importa,
teco la fama tua fia spenta e morta. -

        31
Qui chiuse i lumi Alessio, e 'l Malatesta
frenò la mano, e ritirando il passo:
- Col mal augurio tuo, disse, ti resta,
e va' giú a profetar con Satanasso:
l'armi e la ricca tua serica vesta
portale teco pur, ch'io le ti lasso
con questi annunzi tuoi sciaurati e rii,
o poeta o stregon che tu ti sii. -

        32
E in questo dire in su 'l destrier salito
a la pugna volgea senza soggiorno,
dal magnanimo cor tratto a l'invito
del suon de l'armi che fremea d'intorno:
quando il tergo de' suoi vide assalito
dal feroce Roldan che fea ritorno
da la campagna, e seco avea Ramberto
di sangue e di sudor tutto coperto.

        33
Onde contra il furor de le balestre
che scoccava ne' suoi la gente alpina,
subito strinse l'ordinanza equestre
e si ritrasse a un'osteria vicina,
e il capitan Paulucci a la pedestre
sudando e ansando e con la man mancina
dimenando il cappel per farsi vento,
ritrasse anch'egli i suoi, ma con piú stento:

        34
ché Betto e Vico e Peppe e Ciancio e Lello
e Tile e Mariotto e Cecco e Bino
e 'l Miccia d'Erculan Montesperello
vi restâr morti e Cittolo Oradino,
e prigioni Binciucco Signorello
e Mede di Pippon Montomelino:
e Fulvio Gelomia cadde di sella,
primo cultor de la natia favella.

        35
Vi s'abbatté il dottor da Palestrina,
e fu storpiato anch'ei per mala sorte.
E fu d'un colpo d'una chiaverina
tratto un occhio di testa a Braccioforte,
a Braccioforte a cui quella mattina
cinta la propria spada avea la morte,
e 'l fiero Pluto per altrui spavento
messa gli avea l'orrida barba al mento.

        36
Ma intanto che la palma ancor sospesa
pende, e l'un campo e l'altro è omai disfatto,
due politici fanno in ciel contesa
e vengono a l'ingiurie al primo tratto.
Mercurio de' Petroni ha la difesa,
favorisce i Potteschi Alcide matto;
Giove sta in mezzo, e con real decoro
raffrena l'ire e le discordie loro.

        37
Ne' gangheri del ciel ferma ogni stella
cessa di variar gl'influssi e l'ore;
cade nel mar tranquillo ogni procella,
rischiara l'aria insolito splendore.
Da l'alto seggio allor cosí favella
de la sesta lanterna il gran Motore:
- Non affrettate, o dei, de gli odii il tempo
ch'ancor verrà per voi troppo per tempo.

 
 
 
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Data di creazione: 26/04/2008
 

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