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La Secchia Rapita 06-1

Post n°1290 pubblicato il 26 Febbraio 2015 da valerio.sampieri
 

La Secchia Rapita
di Alessandro Tassoni

CANTO SESTO.

ARGOMENTO

S'accozzano i due campi, e Salinguerra
a destra i suoi contro i nemici oppone:
Enzio il sinistro corno apre, ed atterra
il pretore, il carroccio e 'l gonfalone;
ma da' suoi poscia abbandonato in guerra,
resta de' Bolognesi al fin prigione.
Fa gran prove Perinto, e s'appresenta
Bacco orribile al Potta, e lo sgomenta.


        1
Sovra l'arco del ciel col sole in fronte
partiva Astrea con le bilance il giorno,
quando i due campi già condotti a fronte,
mossero a un tempo l'uno e l'altro corno.
Rintronaron le valli, il piano e 'l monte,
gli argini tutti e la foresta intorno,
mugghiâr le selve e 'l fiume indi vicino,
e le balze tremâr de l'Appennino.

        2
Qual su lo stretto ove il figliol di Giove
divise l'Oceàn dal nostro mare,
se l'uno e l'altro la tempesta move
vansi l'onde superbe ad incontrare;
cadono infrante, e valle orribil dove
dianzi eran monti, e spaventosa appare;
trema il lido, arde il ciel, tuonano i lampi:
tal fu il cozzar de' due famosi campi.

        3
Offuscò il cielo, a i rai del sol fe' scorno
il grandinar de le saette sparte.
Chi si ricorda aver veduto il giorno
del protettor de la città di Marte
da l'alta mole d'Adriano intorno
cader nembi di razzi in ogni parte,
pensi che fosse ancor piú denso il velo
de la pioggia ch'allor cadde dal cielo.

        4
Al frangersi de l'aste, al gran fracasso
de l'incontro de l'armi e de' cavalli,
sembran tutte cader le selve a basso
svelte da l'Alpi, e risonar le valli.
Piú non appar da lato alcuno il passo,
fuggono le distanze e gli intervalli;
e son già i prati e le campagne amene
di morte e di terror tutte ripiene.

        5
Or preme e incalza, or torna indietro il piede
questa ordinanza e quella; e dove inchina
una schiera talor l'altra succede,
e ripara in altrui la sua ruina:
indi torna la prima e l'altra cede,
come parte e ritorna onda marina.
Van quinci e quindi i capitani accorti,
spingendo i vili e rinfrancando i forti.

        6
- Ah, dicea Salinguerra, uomini vani
che gite armati sol per ornamento,
ove sono le spade, ove le mani,
ove il cor generoso e l'ardimento?
Se vi fanno tremar questi villani
rozzi, senz'armi e senza esperimento,
come potrò sperar ch'oggi vi mova
desio di fama a piú lodata prova?

        7
Questa è la via dove a la gloria vassi:
chi ha spirito d'onor mi segua appresso.
Ecco v'apro il sentiero; ora vedrassi
chi avrà desio d'immortalar sé stesso. -
Cosí parla il feroce; e volge i passi
dove il nemico stuol vede piú spesso;
urta il caval, la lancia abbassa, e pare
un vento fier che spinga indietro il mare.

        8
Qual ferito nel petto e qual nel volto
fa l'incontro cader de l'asta dura:
si dirada d'intorno il popol folto,
ognun scansa che può sua ria ventura,
scontra Stefano e Ghino: e al primo, colto
ne l'occhio destro, il ciel ratto s'oscura:
cade l'altro passato a la gorgiera;
indi uccide Brandan da la Baschiera.

        9
Aperta avea la temeraria bocca
Brandano appunto ad oltraggiar quel forte,
quando il ferro crudel giugne, e l'imbrocca
tra denti e denti, e lo conduce a morte.
Ricovra l'asta il valoroso; e tocca
a la cima de l'elmo Ilario Corte,
giovine irresoluto e spensierato,
e 'l fa cader disteso in un fossato.

        10
Non lunge il conte di Culagna vede
pomposo d'armi e di bei fregi altero:
e come ardito e poderoso il crede,
gli sprona incontra con sembiante fiero.
Ma il conte lesto si rilancia a piede,
e si ripara dietro al suo destriero:
trascorre l'asta; ed ei subito s'alza,
tocca a pena la staffa, e in sella balza.

        11
Chi vide scimia a la percossa infesta
d'importuno fanciul ratta involarsi,
indi tornar d'un salto agile e presta
passato il colpo, e a la finestra farsi;
pensi che contro a quella lancia in resta
tal rassembrasse il conte a l'abbassarsi,
e tale al risalir giusto a pennello
tutto in un tempo e non parer piú quello.

        12
E rivoltato a Bernardin Manetta
che 'l rimirava e s'era mosso a riso:
- A fé, dicea, che l'ho giucata netta,
che colui non mi colga a l'improviso.
Io dismontai per orinare in fretta,
e 'l fellon che si stava in su l'aviso,
m'avea spinto il destrier per fianco addosso:
ma guai a lui se riscontrar lo posso. -

        13
Cosí dicendo, a man sinistra torse
dove spigneano innanzi i Fiorentini,
credendo uscir de la battaglia forse;
ma quando vide Anton Francesco Dini
da quella parte co' cavalli opporse,
rivolto a' suoi soldati e a' suoi vicini:
- Ritirianci, dicea, da questo sito;
ch'è troppo aperto e non è ben partito. -

        14
Roldano, che l'udí, si voltò ratto
e 'l percosse del calcio de la lancia
dicendo: - Codardon, feccia di matto,
non ti si tigne di rossor la guancia?
Se tu quinci non esci o non stai quatto,
giuro a Dio, te la caccio ne la pancia. -
Il conte rispondea: - Non v'adirate,
ché 'l dissi per provar queste brigate. -

        15
Torto il mira Roldano; e sol col guardo
gli fa tremar le fibre e le midolle:
indi spronando un corridor leardo,
che 'l pregio al vento e a la saetta tolle,
drizza la lancia al giovine Averardo
che di sangue nemico ei vede molle;
e ferito nel braccio e ne l'ascella
il transporta su i fior giú de la sella.

        16
Ma il Dini gli sospinge incontro i sui,
e grida loro: - Ah pinchelloni, e dove
vi rinculate voi da cotestui,
che fuor de gli aitri a battagliar si muove?
Spignete innanzi: a che badate vui?
Testé con alte imaginate prove
affettavate quie come un popone
il mondo: ora v'addiaccia il sollione? -

        17
Sprona, cosí dicendo, ove piú stretto
vede lo stuol che conducea Roldano.
È d'un colpo di stocco a mezzo 'l petto
tolta l'indegna vita a Barisano.
Al Teggia che 'l feriva in su l'elmetto
con una mazzaranga ch'avea in mano,
credendolo schiacciar come un ranocchio,
d'un rovescio levò l'uno e l'altr'occhio.

        18
Cosí quivi si pugna e si contende;
ma da la parte verso 'l mezzo giorno
il Re con piú fervor gli animi accende,
e spigne i suoi contra 'l sinistro corno.
Ei qual cometa minacciosa splende
d'oro e di piume alteramente adorno:
cinto è de' suo' Germani, e lor rivolto
parla in barbaro suon con fiero volto:

        19
- O de l'imperio di Germania fiore,
anime eccelse, eccovi l'ora e 'l campo,
in cui risplenderà vostro valore
di glorioso inestinguibil lampo.
Io confidato in voi mi sento il core
tutto infiammar di generoso vampo;
e su questi papisti oggi disegno
di lasciar con la spada orribil segno.

        20
Seguitatemi voi, ché l'empia setta
qui tutte accolte ha le sue forze estreme,
perché possa una sol giusta vendetta
l'ira sfogar di tante ingiurie insieme.
Se vaghezza di fama il cor v'alletta,
se l'onor de la patria oggi vi preme,
se v'è caro mio padre o molto o poco,
quest'è il tempo ch'io 'l vegga e questo è il loco. -

        21
Cosí detto, il feroce urta il destriero,
e l'asta a un tempo e la visiera abbassa,
e tra' nemici impetuoso e fiero,
qual fulmine tra cerri incontra e passa.
Baldin Ghiselli e Lippo Ghiselliero
e Antonel Ghisellardi in terra lassa,
e Melchior Ghisellini e Guazzarotto,
bisavo che fu poi di Ramazzotto.

        22
Giandon da la Porretta era un Petronio
grande come un gigante, o poco meno,
e in vece d'un caval reggea un demonio,
(cred'io) senza adoprar sella né freno:
un de' mostri parea di Sant'Antonio,
né pasceva il crudel biada né fieno,
ma gli uomini mangiava, e distruggea
co' denti il ferro, e un corno in testa avea.

        23
La fera bestia un dopo l'altro uccise
quattro Tedeschi, ed era dietro al quinto:
ma il Re la lancia in mezzo 'l cor gli mise
e gliel fece cader già mezzo estinto.
Ruppesi l'asta e 'l Re non si conquise,
ma tratta fuor la spada ond'era cinto,
divise d'un fendente il capo armato
a Giandon, che già in piedi era levato.

        24
Bigon di Geremia, che di lontano
a la strage de' suoi gli occhi rivolse,
per fianco addosso al Re spronò; ma in vano,
ché 'l conte di Nebrona il colpo tolse.
Il conte cadde a quell'incontro al piano,
ma subito fu in piedi e si raccolse,
ché vide il suo signor mover d'un salto
contra Bigone e alzar la spada in alto.

        25
Bigone attende il Re ne l'armi stretto,
ma non gli giova alzar né oppor lo scudo,
ché 'l brando il fende e fa balzar l'elmetto
sciolto da' lacci impetuoso e crudo.
Raddoppia il colpo il valoroso, e netto
gli tronca da le spalle il capo ignudo:
esce lo spirto, e in caldo fiato unito
raggirandosi vola ov'è rapito.

        26
Morto Bigone, il Re tutta fracassa
la schiera sua, né qui l'impeto arresta;
urta per fianco impetuoso, e passa
tra la gente pedestre e la calpesta.
Ovunque il corso drizza, uomini lassa
uccisi a monti la crudel tempesta
del barbaro furor, che 'l Re seconda,
e di fiumi di sangue i campi inonda.

        27
Seguono i Garfagnini, e 'l Re sospinto
da fatale furor, già penetrato
dove il carroccio di sue guardie cinto
fra l'ultime ordinanze era fermato,
con l'urto di mill'aste apre quel cinto.
Cede ogn'incontro al vincitore armato:
e del carroccio è giú tratto di botto
lo stendardo maggior squarciato e rotto.

        28
Fu al podestà messer Filippo Ugone,
ch'era rimaso attonito e perduto,
da certi Garfagnin tolto il robone
e la berretta ch'era di veluto;
ei del carroccio si lanciò in giubbone,
pregando in vano e addimandando aiuto;
e da l'impeto fier colto, in un fosso
cadde rovescio col carroccio addosso.

        29
Gli asini, che condotte a i Fiorentini
le noci dietro e le castagne aviéno,
a vista del carroccio assai vicini
stavan pascendo in un pratello ameno;
quando i Tedeschi a un tempo e i Garfagnini
trassero quivi tutti a sciolto freno
da l'ingordigia di rubar tirati:
e non restar col Re trenta soldati.

        30
Il sagace Tognon, che la vendetta
pronta si vide, uní le genti sparte;
e diede aviso a i due Malvezzi in fretta
che volgessero tosto a quella parte:
indi avendo al tornar la via intercetta
a quei che saccheggiavano in disparte
i fichi secchi e le castagne in forno,
cinse d'armi e cavalli il Re d'intorno.

        31
Il Re, che si rivolge e 'l guardo gira
e 'l suo periglio in un momento ha scorto,
dal profondo del cor geme e sospira,
ché senza dubbio alcun si vede morto:
ma il dolor cede e si rinforza l'ira,
né vuol morir senza vendetta a torto;
stringe la spada, urta il destriero, e dove
piú chiuso è il passo, impetuoso il move.

        32
Qual tigre in su la preda a la foresta
colta da' cacciatori e circondata,
poi che al periglio suo leva la testa,
volge fremendo i livid'occhi e guata;
indi s'avventa incontra l'armi, e resta
del proprio e de l'altrui sangue bagnata,
tal fra l'armi nemiche il Re s'avventa,
ché 'l magnanimo cor nulla paventa.

        33
Mena al primo ch'incontra e a Braganosso
figliuol di Pandragon Caccianemico
l'elmo divide e la cotenna e l'osso,
la faccia, il petto, e giú fino al bellico:
indi toglie la vita a Min del Rosso,
ch'un'armatura avea di ferro antico
da suo bisavo in Francia già comprata,
e tutti la tenean per incantata.

        34
Non la poté falsar la buona spada,
ma piegò il cavaliero in su la sella,
e scorrendo a l'in su per dritta strada
passò la gola e uscí da una mascella,
onde convien che Mino estinto cada;
vinto è l'incanto da nemica stella:
non può cozzar col ciel l'ingegno umano,
ch'eterno è l'uno, e l'altro è frale e vano.

        35
Di due percosse il Re fu colto intanto
su l'elmo e a sommo 'l petto al gorgerino:
de la seconda ebbe l'onore e 'l vanto
Vanni Maggio figliuol di Caterino:
ma con forza maggior dal destro canto
il ferí Gabbion di Gozzadino
che con un colpo d'alabarda fiero
di testa gli levò tutto il cimiero.

        36
A lui si volse il Re con un riverso,
e 'l colse a punto al confinar del ciglio,
tutta la testa gli tagliò a traverso:
balzò un occhio lontan da l'altro un miglio,
per la cuffia il cervel se 'n gío disperso,
stè in sella il tronco e l'alma andò in esiglio;
e 'l destriero, che 'l fren sentía piú lasso,
incognito il portava attorno a spasso.

        37
Non ferma qui la furibonda spada
ch'era una lama da la lupa antica.
Ma tronca, svena, fende, apre e dirada
ciò ch'ella incontra, uomini ed armi abbica.
Or quinci, or quindi si fa dar la strada,
ma innumerabil turba il passo intrica:
veggonsi in aria andar teste e cervella,
e nel sangue notar milze e budella.

 
 
 
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